«E dai, te le sei mangiate tutte! Quella era mia.»


«Ma sei lento, troppo lento.» E fuggì via così, verso la piscina nel parco. Iniziò a correre come una gazzella tra i cespugli di rose, le siepi verdi e gli alberi.

In un attimo Tancredi fu dietro alla sorella. Lei rideva e ogni tanto si girava. «Non ce la fai, non mi superi…» Accelerò e sfilandosi il vestito leggero lo gettò sul prato, poco prima di arrivare in piscina. Si fermò sul bordo. «Hai visto? Ho fatto prima io.» E si buttò con un tuffo perfetto. Nuotò sott’acqua e riaffiorò poco più in là, al centro della piscina, si portò tutti i capelli indietro, lunghi, scuri scoprendo il viso già leggermente abbronzato, poi socchiuse gli occhi e sorrise, mentre Tancredi si stava ancora sfilando le scarpe.

«Allora? Capirai… lento… troppo lento.»

Rise anche Gianfilippo che stava in acqua seduto su una poltrona gonfiabile trasparente. Teneva ancorata a sé con le gambe la sua ragazza Guendalina. Lei stava a pancia sotto su un materassino arancione e con una mano era attaccata alla gamba di Gianfilippo che penzolava dalla poltrona. E rise anche lei, già perfettamente abbronzata. Il suo costume celeste chiaro metteva in risalto ogni sua più piccola curva. Alla fine Tancredi, rimasto in costume, fece una corsa e saltò. Raccolse in volo le gambe e fece un tuffo a bomba, piombando in acqua e bagnando tutti.

«E dai!» Cominciarono a schizzarsi. Gianfilippo cadde dalla poltrona, si aggrappò al materassino di Guendalina, trascinando anche lei. Finirono sott’acqua e uscirono ridendo, ma Guendalina fu velocissima, iniziò a schizzare così forte Gianfilippo che a lui non rimase altra scelta che spingerla sotto. La tenne per un bel po’

così che quando la lasciò andare Guendalina saltò fuori facendo un lunghissimo respiro.

«Ma sei cretino? Stavo annegando!»

«Macché!»

«Stupido… Sei stupido.»


E lottarono ancora un po’. Alla fine lui la bloccò e cercò di baciarla. Ma lei lo morse.

«Ahia!»

«Ti sta bene.»

Gianfilippo si toccò il labbro per vedere se gli usciva del sangue ma non si era fatto niente. Allora ripresero la lotta e si baciarono di nuovo. Questa volta però Guendalina non lo morse. Era un bacio appassionato, profondo. Tancredi se ne accorse, si girò sorpreso verso Claudine, scosse la testa e agitò la mano come per dire: “Hai visto che roba? Si sono baciati…”.

Ma a Claudine tutto questo non interessava. Anzi, sembrò infastidirla. Così fece due, tre bracciate veloci, si aggrappò al bordo della piscina e saltò fuori. Tutta bagnata se ne andò verso casa. Magra, esile, correva veloce sul prato, senza spiegare nulla di quella reazione improvvisa.

Tancredi, rimasto solo in acqua, nuotò per un po’.

Poi si sentì di troppo. Gianfilippo e Guendalina continuavano a baciarsi abbracciati contro il bordo della piscina. Non sapeva più che fare, così anche lui uscì e si diresse verso casa. Entrò nel salone, salì per la grande scala che portava alle camere da letto.

«Claudine? Claudine?» Bussò alla porta della sua camera, ma non ricevette risposta. Allora piano piano la aprì. La porta scricchiolò. Claudine era seduta sulla sua grande poltrona, le gambe raccolte a sé, i capelli ancora bagnati. Alle sue spalle una finestra aperta. Le tapparelle abbassate a metà facevano entrare una luce soffusa e le tende leggere, mosse dal vento, la illuminavano a tratti.

Tancredi rimase in piedi davanti a lei.

«Perché non mi rispondevi?»

«Perché non mi va!»

Claudine stava mangiando un ghiacciolo all’amare-na. Gli fece una boccaccia. Aveva la lingua tutta rossa, di un rosso forte, violento, e continuava a leccare avidamente il ghiacciolo mentre rideva.

«Allora cosa vuoi, piccolo fratello?»

Tancredi era scocciato. Non gli piaceva quel soprannome.

«Anch’io voglio un ghiacciolo.»

«Non c’è.»

«Non è vero.»

«Sì che è vero. Guarda…» Claudine si alzò e aprì un piccolo frigorifero lì vicino. «Vedi, è vuoto. Era l’ultimo.»

Tancredi ci rimase male. «Chi te l’ha comprato?»

«Secondo te?»

«Non lo so, se no non te lo chiederei.»

Claudine si rituffò sulla poltrona, incrociò le gambe e continuò a leccare il suo ultimo ghiacciolo. «Me l’ha preso papà… E sai perché? Perché io sono la sua preferita… Ma non dire niente a mamma…»

Tancredi si sedette sul letto. «E perché?»

«Perché sì. Un giorno forse ti racconterò una cosa.»

Tancredi insistette. «Ma perché non devo dire niente a mamma?»

Claudine mangiò un grosso pezzo del ghiacciolo, lo staccò con i denti, poi lo riprese con le dita e giocò con le labbra, succhiandolo, mentre tutta la bocca si colorava di rosso. Poi sorrise e furba alzò il sopracciglio, unica proprietaria di quell’incredibile verità che aveva deciso di regalare al suo piccolo fratello. «Perché lui voleva solo me e non voi due…»

«Cerco di non pensarci ma molto spesso entra nei miei pensieri, a te non capita?»

Tancredi fece un lungo sospiro. Ogni volta che si vedevano, Gianfilippo un passaggio su Claudine lo doveva fare per forza.


«Sì. Mi capita ogni tanto.»

Gianfilippo guardò Benedetta che stava ancora chiac-chierando con la sua amica.

«Che te ne sembra?»

«Non la conosco abbastanza.»

Gianfilippo piegò la testa di lato come se veramente gli servisse a osservarla meglio.

«A me fa molto sesso.»

«Tutte ti fanno molto sesso.»

«Non è vero. Silvia era perfetta ma alla fine mi aveva stancato.»

Finalmente arrivò la birra che Tancredi aspettava, il cameriere la lasciò sul tavolo e se ne andò, senza aspettare quel “grazie” che naturalmente non sarebbe arrivato.

Tancredi ne prese un sorso. «Quello credo che accada prima o poi con ogni donna. Magari è quello che provano anche loro nei nostri confronti…»

«Hai un’ottima opinione della vita di coppia. Non pensi di sposarti prima o poi? Io sì. Benedetta potrebbe finalmente essere la donna giusta. In fondo sto per compiere quarantadue anni, lei ne ha trentatré, siamo perfetti per essere una coppia felice, una certa differenza d’età, nove anni tra noi, molte passioni in comune, stessi gusti, stessa visione della vita, sappiamo darci spazio e libertà.»

«Perché no? Magari potrebbe anche andare. Tu credi che bastino degli ingredienti azzeccati per fare una coppia riuscita?»

«Credo di sì. E soprattutto per fare una coppia felice.»

«Conoscevo una coppia felice, anzi una famiglia perfetta. La vedevo ogni giorno al circolo. Bella coppia, ricchi, tutti e due ottimi tennisti, due figli splendidi… e poi improvvisamente puff.»

«Cosa è successo?»

«Lei lo ha tradito.»


«Ma magari è una cazzata che ti hanno raccontato…»

«No, ne sono abbastanza sicuro. L’ha tradito con me.»

Tancredi bevve un altro po’ di birra.

Gianfilippo rimase in silenzio. Tancredi continuò.

«Mi ha dato gusto vedere la perfezione di quella famiglia, la loro felicità… E poi distruggerla. Io odio la felicità. La trovo ipocrita. Quelli che sorridono sempre, che sembra che vada sempre tutto bene. Guarda, guarda la gente…»

Gianfilippo seguì gli occhi di Tancredi che vagavano per il salone del Circolo della Caccia. Uomini e donne eleganti, ricchi, si scambiavano sorrisi, parole, si salu-tavano dandosi la mano, baciandosi sulle guance, e poi risate, e qualche battuta ma sempre detta in modo pa-cato, cortese, educato, mai una parola di troppo o con un tono più alto.

«Ecco, questo è il mondo patinato… Sembrano tutti buoni, onesti, sereni, sinceri. E chissà invece quanti di loro hanno tradito, rubato, fatto del male, fatto soffrire… E fingono felicità. Come quella donna della famiglia perfetta. Era così felice, aveva molto, eppure in un attimo ci ha rinunciato, ha perso tutto, così…» Schioccò le dita. «Per un semplice desiderio…»

«Come l’ha saputo il marito?»

«Gli ho mandato delle foto.» Gianfilippo lo guardò preoccupato, Tancredi gli sorrise. «Dove io sono di spalle e si capisce lei quanto gode.»

Proprio in quel momento tornò al tavolo Benedetta con la sua amica. «Scusate se vi disturbo… posso presentarvi la mia amica Gabriella? Era da una vita che non ci vedevamo.»

Tancredi e Gianfilippo si alzarono quasi insieme.

«Piacere.»

Poi Benedetta abbracciò Gianfilippo per non lasciare alcun dubbio su quale fosse il suo uomo.

«Abbiamo pensato con Gabriella che stasera potremmo andare a mangiare da Assunta Madre, dicono che abbia il miglior pesce di Roma.» E intanto fissava Tancredi. «Perché non vieni con noi?»

Tancredi guardò intensamente Gabriella, tanto che lei alla fine, quasi vergognandosi, abbassò gli occhi. Allora lui sorrise. «No, mi dispiace» si scusò. «Avevo già un impegno e non posso proprio rimandare.»

«Peccato…» disse Benedetta.

«Accompagno mio fratello all’uscita.»

Gianfilippo si allontanò con lui. «Tu non hai un impegno, vero?»

«Sei perspicace.»

«Cosa hai visto che non ti è piaciuto di lei? Mi sembra una bellissima ragazza.»

«Il mondo è pieno di bellissime ragazze. Questa non è sposata, non è fidanzata, forse si è lasciata da poco e vorrebbe semplicemente innamorarsi… E magari io potrei andarle bene.»

«E allora? Cosa c’è che non va? Magari è pure divertente. Chissà quante doti può avere quella donna, come fa l’amore, come cucina, è tutta da scoprire…»

«Sì, ma mi è sembrata banale. Al massimo saprà far bene quello per cui sembrano essere nate tutte le donne.»

«Cioè?»

«Piangere.»

Gianfilippo a quel punto lo lasciò andar via. Rimase per un po’ a fissarlo mentre si allontanava per il corridoio. Poi tornò dalle due donne e si sedette in mezzo a loro. Fece una carezza sulla mano di Benedetta.