prima, portano nomi diversi. Pollo e Pallina.

Sono quindici giorni indimenticabili per tutti. Per i geni-

tori di Babi, illusi e contenti, finalmente tranquilli. Per Pollo e

Pallina, in giro per Londra, nei pub e le disco, spedendo a tut-

ti cartoline comprate a Roma alla Lyon Book, cartoline ingle-

si, già firmate da Babi. E Step e lei, lontani da tutti, in quell'i-

sola greca, Astipaleia. Un viaggio epico. Con la moto fino a

Brindisi, poi in traghetto, abbracciati sotto le stelle, distesi sul

ponte, su colorati sacchi a pelo, cantando con gente straniera

canzoni inglesi, migliorando così la pronuncia, certo non co-

me avrebbero voluto i suoi. Poi i mulini bianchi, le capre, le

rocce, una piccola casa sul mare. La pesca all'alba, dormire il

pomeriggio, uscire di notte, passeggiare sulla spiaggia. Padro-

ni del posto, del tempo, soli, contando le stelle, dimenticando

i giorni, telefonando bugie.

Step sorseggia il caffè. Sembra ancora più amaro. Co-

mincia a ridere. Quella volta che Babi ha invitato tutti gli ami-

ci di lui a cena. Tentativo di socializzare. Si sono seduti a ta-

vola e si sono comportati abbastanza bene proprio come Step

si era tanto raccomandato. Poi non hanno più resistito. Uno

dopo l'altro si sono alzati, impadronendosi dei piatti, scolan-

dosi le birre, andando in salotto. Mai invitare di mercoledì.

Mai quando ci sono le coppe. Naturalmente è finita in manie-

ra tragica. La Roma ha perso, qualche laziale ha cominciato a

sfottere e c'è stato un inizio di rissa. Step ha dovuto cacciarli

tutti. Divergenze, differenze, difficoltà. Ha cercato di venirle

incontro. Festa mascherata. Si sono travestiti da Toni e Jerry

e proprio a quella festa sono arrivati Pollo e gli altri. Un sem-

plice caso del destino beffardo? O più semplicemente una sof-

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fiata di Pallina? Tutti hanno fatto finta di non riconoscerlo.

Hanno salutato Babi, quel piccolo Jerry dagli occhi azzurri e

hanno ignorato Tom, ridendo ogni volta che passava quel gat-

tona dai muscoli gonfi.

Il giorno dopo, in piazza, Pollo, Schello, Hook e qualcun

altro gli si sono avvicinati con aria grave.

"Step, ti dobbiamo dire una cosa. Sai, ieri siamo stati a una

festa e c'era Babi."

Step li ha guardati facendo finta di niente.

"E allora?"

"Be', insomma, era travestita da topo e c'era un gattone che

ci provava... Come un porco. Sembrava pure uno grosso, uno

che mena. Se vuoi una mano che lo dobbiamo sistemare, dic-

celo. Sai, è un problema. Ci sono dei gattoni che hanno certi..."

Pollo non fa in tempo a finire la frase. Step gli salta addosso,

bloccandogli la testa sotto il braccio, frizionandogli la nuca con

il suo pugno duro. Tra le risate degli altri, fra le risate di Pollo,

tra le sue risate. Che amici! Improvvisamente si sente triste.

Quella sera. Perché è andato a quella festa, perché ci è andato,

invece di andare alle corse? Babi ha insistito tanto. Quante co-

se ha fatto per lei. Forse non sarebbe successo. Forse.

Il citofono suona all'impazzata. La padrona di casa attra-

versa il salotto correndo, la porta si apre. Pallina bianca in vol-

to, pallida, tremante compare sulla porta. I suoi occhi tristi,

lucidi di lacrime, di sofferenza. Step le si avvicina. Lei lo guar-

da trattenendo a stento quel primo singhiozzo.

"Pollo è morto." Poi l'abbraccia cercando in lui quello che

non può più trovare da nessuna parte. Il suo amico, il suo ra-

gazzo, quella risata forte e piena. Sono andati di corsa alla ser-

ra con Babi, con la YlO che da poco le hanno regalato i geni-

tori. Tutti e tre insieme, in quella macchina, con quel sapore

nuovo che si tinge di sofferenza e silenzio. Poi l'ha visto. Luci

lampeggianti intorno a quell'unico punto. La moto del suo ami-

co. Divise odiate e macchine della polizia intorno a Pollo, ste-

so lì per terra, senza più la forza di ridere, di scherzare, di pren-

derlo in giro, di dire cazzate. Qualcuno misura qualcosa ten-

dendo un metro. Qualche altro ragazzo guarda. Ma nessuno

può vedere o misurare tutto quello che se n'è andato. Step si

piega su di lui in silenzio, accarezza il volto dell'amico. Quel

gesto d'amore che non si sono mai fatti in anni d'amicizia, che

non gli è stato mai permesso. Poi sussurra piangendo: "Mi man-

cherai". E Dio solo sa com'è stato sincero.

Il caffè è finito. Improvvisamente gli viene voglia di sentir

leggere le ultime notizie del "Corriere dello Sport", di quel ti-

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pò ingombrante che gli terrorizza la cameriera, che gli entra

in casa svegliandolo la mattina, che attraversa la sua vita fa-

cendo casino, ridendo. Poi si chiede da quanto non mangia un

tramezzino al salmone. Da tanto, da allora. Ma stranamente

in quel momento non gliene viene voglia. Forse perché, se vo-

lesse un tramezzino, lo potrebbe avere.

Babi guarda il regalo che ha comprato per Pallina. È lì, sul

suo tavolo, incartato con della carta rossa e un nastro dorato.

L'ha scelto con cura, le sarebbe perfino piaciuto, l'ha pagato

tanto. Eppure è ancora lì. Non l'ha chiamata, non si sono sen-

tite. Quante cose sono cambiate con Pallina. Non è più la stes-

sa, non si trovano, non riescono a parlarsi. Forse anche per il

fatto che dopo il liceo hanno preso due strade diverse. Lei Eco-

nomia e Commercio, Pallina un Istituto di grafica. Ha sempre

amato disegnare. Le vengono in mente tutti i biglietti che le

ha mandato durante le ore di lezione. Caricature, frasi spiri-

tose, commenti, facce di amici. Indovina, chi è questa? Era tal-

mente brava che a Babi bastava pochissimo. Guardava il di-

segno, alzava la testa ed ecco che la trovava. Quella compagna

dal mento sporgente, dalle orecchie un po' a sventola, dal sor-

riso eccessivo. E ridevano da lontano, semplici compagne,

grandi amiche. Ogni pretesto era buono per farsi riprendere,

quasi fiere di quell'allegria, di quei sorrisi non così nascosti.

Poi quella sera, e i giorni seguenti e il mese successivo. Si-

lenzi prolungati, pianti. Pollo non c'è più e lei non sa farsene

una ragione. Finché quel giorno è stata chiamata dalla madre

di Pallina. È corsa a casa sua. L'ha trovata là, distesa sul letto,

che rigetta. Si è scolata mezza bottiglia di whisky e ingoiato

una boccetta di valeriana. Il suicidio dei poveri, così Babi le ha

detto quando l'ha vista in grado di capire. Pallina si è messa a

ridere poi è scoppiata a piangere fra le sue braccia. La madre

le ha lasciate sole, non sapendo bene che fare. Babi le acca-

rezza la testa.

"Dai Pallina, non fare così, tutti passiamo dei momenti ter-

ribili, tutti abbiamo pensato almeno una volta a farla finita,

che non vale la pena di vivere. Ma ti dimentichi forse i cor-

netti di Mondi, la pizza da Baffetto, i gelati di Giovanni?" Pal-

lina sorride, si asciuga le lacrime con il polso, tirando su con

il naso.

"Anch'io, tanto tempo fa, quando mi sono lasciata con quel-

lo stronzo di Marco credevo di morire, di non farcela, che non

ci fosse più nessuna ragione valida per vivere. Ma poi mi sono

ripresa, tu mi hai aiutato, mi hai portato in giro, ho incontra-

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to Step. Certo, adesso vorrei ammazzare lui e il suo modo di

fare, ma è meglio, no?"

Scoppiano a ridere. Pallina singhiozzando ancora un po',

Babi dandole un fazzoletto di carta per asciugarsi. Ma da quel

giorno qualcosa è cominciato a cambiare, qualcosa si è incri-

nato. Si sono sentite sempre meno spesso e quelle volte non

hanno avuto poi così tante cose da dirsi.

Forse perché farsi vedere troppo deboli da un amico poi ci

fa sentire in difficoltà. Forse perché pensiamo sempre che il

nostro dolore sia unico, improvabile, come tutto ciò che ci ri-

guarda.

Nessuno può amare come amiamo noi, nessuno soffre co-

me soffriamo noi. Quel mal di pancia, giustamente, "ce l'ho io,

mica te". Forse Pallina non le aveva mai perdonato di essere

andata alla festa con Step. Step, che se quella notte fosse sta-

to alle corse, non avrebbe permesso a Pollo di gareggiare, Step

che l'avrebbe salvato, che non gli avrebbe permesso di morire,

Step che era il suo angelo custode. Babi fissa il regalo. Forse

ci sono altre ragioni, più nascoste, più difficili da capire. L'a-

vrebbe dovuta chiamare. A Natale sono tutti più buoni.

"Babi!" È la voce di Raffaella. Avrebbe telefonato a Pallina

più tardi.

"Sì, mamma?"

"Puoi venire un attimo... Guarda chi c'è?"

Alfredo è lì, fermo sulla porta.

« "Ciao."

Babi diventa leggermente rossa. In questo non è cambia-

ta. Mentre va a salutarlo se ne accorge anche lei. Forse, in que-

sto, non sarebbe cambiata mai. Alfredo cerca di metterla a suo

agio.

i» "Fa caldo qua dentro."

j "Sì" dice Babi sorridendo.