.# La madre li lascia soli.

"Ti va di andare a vedere la mostra dei presepi a piazza del

Popolo?"

"Sì, aspetta che mi metto qualcosa addosso. Qui fa caldo.

Ma fuori deve fare un freddo..."

Si sorridono. Lui le stringe la mano. Lei lo guarda compli-

ca. Poi va di là. Che strano, vivono da tanti anni in quello stes-

so comprensorio e non si sono mai conosciuti prima.

"Sai, io ho studiato molto in questi ultimi tempi, sto pre-

parando la tesi e poi mi sono lasciato con la mia ragazza."

"Anch'io."

"Stai preparando la tesi?" Ha sorriso lui. -i *»

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"No, mi sono lasciata con il mio ragazzo."

In realtà allora Step ancora non lo sapeva, ma lei aveva già

deciso. Una decisione difficile, fatta di litigi, di discussioni, di

problemi con i suoi e, in fondo, perché no?, anche di Alfredo.

Babi si infila il cappotto. Attraversa il corridoio. Proprio in quel

momento squilla il telefono. Babi rimane per un attimo a fis-

sarlo. Uno squillo, due. Raffaella va a rispondere.

"Sì?"

Babi le rimane vicino, la guarda interrogativa, preoccupa-

ta, chiedendole con lo sguardo se è per lei. Raffaella scuote dol-

cemente la testa, copre la cornetta con la mano.

"È per me... vai. Vai..."

Babi la saluta tranquilla, parole esili come quel suo bacio.

"Io torno più tardi."

Raffaella la guarda uscire, con un sorriso ricambia il salu-

to educato di Alfredo. La porta si chiude.

"Pronto? No mi dispiace, Babi è fuori. No, non so quando

torna."

Step attacca il telefono. Si chiede se è uscita davvero. Se

gliel'avrebbe detto. Solo su quel divano, ricordando, vicino a

un telefono muto, senza speranza. Giorni felici passati, sorri-

si, giorni d'amore e di sole. Lentamente la immagina più vici-

na a lui, fra le sue braccia, proprio su quel divano, così com'è

stato.

Illusione di un momento, violenti attimi di passione, ora

solitària. Dopo si sente ancora più solo, svuotato anche del-

l'orgoglio. Più tardi, camminando tra la gente, vede macchine

dalle coppie felici, nel traffico festivo, con i sedili pieni di do-

ni. Sorride. È difficile guidare quando lei si abbraccia a te,

quando vuole mettere per forza le marce e non è capace, quan-

do hai una mano sola per girare il volante e, nello stesso tem-

po, amare.

Continua a camminare tra finti Babbo Natale e odore di

castagne arrosto, fra vigili fischianti e gente con i pacchi, cer-

cando i suoi capelli, il suo profumo, la scambia per un'altra

che cammina veloce ed è costretto a rallentare il suo cuore

deluso.

Via di Vigna Stelluti, un giorno pieno di risate. Step la por-

ta in braccio come una bambina, baciandola sotto gli occhi di

tutti, ammirati da quella diversità. Poi entra all'Euclide, la pog-

gia delicatamente sul bancone e la gente guardandola lo sen-

te ordinare: "Un peroncino e una crostata alla crema per la mia

piccoletta". Poco dopo di nuovo fuori, per strada, lei in brac-

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ciò a lui, fra la gente normale, diversa. Una coppia li guarda.

La ragazza sorride fra sé desiderando un lui così, esagerato e

pazzo. Poi ripensa al suo debole ragazzo, alla dieta non anco-

ra iniziata, a quando arriva lunedì.

I genitori di Babi, vedendola in braccio a Step, le corrono

incontro preoccupati.

"Che ti è successo? Sei caduta dalla moto? Ti sei fatta male?"

"No mamma, sto benissimo." Così li guardano allontanar-

si, chiedendosi un perché. Persone sempre in cerca di ragioni,

quel giorno tornano a casa a mani vuote.

Qualcuno lo urta, non si accorge neppure che è una bella ra-

gazza. Dovunque guarda vede ricordi. Le magliette uguali che si

sono comprate, lui un'extralarge, lei una tenera medium.

Estate. Il concorso delle miss all'Argentario. Babi ha par-

tecipato per scherzo, lui ha preso troppo sul serio un commento

peraltro sincero di qualcuno. "Oh, guarda quella che culo da

favola." Ed è subito rissa.

Sorride. È stato sbattuto fuori dalla discoteca, non ha po-

tuto vederla vincere. Quante volte ha fatto l'amore con Miss

Argentario. Di notte a Villa Glori, sotto la croce ai caduti, su

quella panchina nascosta dietro un cespuglio, sopra la città. I

loro sospiri baciati dalla luna. In macchina, quella volta che la

polizia ha interrotto i loro baci furtivi e lei scocciata ha dato i

suoi documenti. Step ha salutato i poliziotti, una volta lonta-

ni, con un divertito "A invidiosi!".

Quella rete bucata. Aiutarla a scavalcare di notte, abbrac-

ciarla vicino alle gabbie, amarsi impauriti su quella panchina,

tra ruggiti di bestie feroci e richiami di uccelli nascosti. Loro,

così liberi, in quello zoo pieno di prigionieri.

Si dice che quando muori vedi in un attimo passarti da-

vanti i momenti più significativi della tua vita. Allora Step cer-

ca di allontanare tutti quei ricordi, quei pensieri, quella dolce

sofferenza. Ma all'improvviso capisce. È tutto inutile. È finita.

Continua a camminare per un po'. Si ritrova quasi per ca-

so alla moto. Decide di andare a casa di Schello. I suoi amici

sono tutti lì per festeggiare il Natale.

I suoi amici. Quando la porta si apre prova una strana sen-

sazione.

"Ehi, ciao Step! Cazzo è una vita che non ti si vede. Buon

Natale. Stiamo giocando a cavallini. Sai come si gioca?"

"Sì, ma preferisco guardare. C'è una birra?"

II Siciliano gliene passa una già aperta.

Si sorridono. È acqua passata. Ne manda giù un sorso. Poi

si siede su uno scalino. La televisione è accesa. Su uno sfondo

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natalizio dei concorrenti dalle coccarde colorate giocano a qual-

che stupido gioco. Un presentatore ancora più stupido ci met-

te troppo a spiegare quello successivo. Perde interesse. Da uno

stereo nascosto da qualche parte arriva della musica. La birra

è fredda e ben presto lo riscalda. I suoi amici sono tutti vesti-

ti bene o ci provano. Giacche blu un po' larghe su un paio di

jeans.

Questa è la loro eleganza. Qualcuno sfoggia un completo,

qualcun altro un paio di pantaloni di velluto un po' troppo stret-

ti. Improvvisamente si ricorda il funerale di Pollo. C'erano tut-

ti e tanti altri ancora. Vestiti meglio, con un'aria più seria. Ora

ridono, scherzano, si lanciano fiches e carte colorate, ruttan-

do, mangiando grossi pezzi di panettone. Quel giorno aveva-

no tutti le lacrime agli occhi. Un addio a un amico vero, un ad-

dio sincero, commosso, dal profondo del cuore. Li rivede in

quella chiesa, con i muscoli sofferenti, in camicie troppo stret-

te, con facce serie, seguire la predica del prete, uscire in silen-

zio. Sullo sfondo, ragazze scappate da scuola che piangono.

Amiche di Pallina, compagne di serate, di uscite notturne, di

birre al baretto. Quel giorno tutti hanno sofferto sul serio. Ogni

lacrima è stata sincera. Nascosti dietro Ray-Ban, Web, occhiali

a specchio o scuri Persol, i loro sguardi sono diventati lucidi

guardando quel "Ciao Pollo" fatto di crisantemi rosati. Firma-

to "Gli amici". Dio come mi manca. Il suo sguardo torna luci-

do per un attimo. Incontra un sorriso. È Madda. Sta in un an-

golo abbracciata a un tipo che Step ha visto spesso in palestra.

Le sorride poi guarda altrove.

Step beve un altro po' di birra. Gli manca da morire Pollo.

Quella volta davanti al Gilda quando facendo fìnta di essere

dei posteggiatori si sono inculati una Ferrari con tanto di te-

lefono. Sono stati in giro tutta la notte, chiamando tutti, te-

lefonando ad amici in America, a donne appena conosciute,

prendendo a parolacce genitori ancora insonnoliti. Quando so-

no andati a riportare il cane alla Giacci. E Pollo che non vole-

va restituirglielo.

"Cazzo, mi sono troppo affezionato ad Arnold. È un mito

questo cane. Perché glielo devo ridare a quella vecchia befa-

na? Sono sicuro che, se potesse scegliere, Arnold resterebbe

con me. Cazzo, non si è mai divertito così tanto in vita sua, lo

faccio chiavare tutti i giorni, dorme con me, mangia da favo-

la, che può volere di più?"

"Sì, però a insegnargli a fare il riporto non ci sei riuscito..."

"Mi basta un'altra settimana e ce la fa, ne sono sicuro."

Step ride, poi citofonano alla Giacci. Le lasciano il cane le-

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gato al cancello con una corda al collo. Si nascondono là vici-

no, dietro una macchina. Vedono la Giacci uscire di corsa dal

portone, liberare il cane e abbracciarlo. Si mette a piangere

stringendoselo al petto.

"Mortacci, peggio di Merola" commenta Pollo da lontano.

Poi l'incredibile.

La Giacci toglie al cane quella specie di guinzaglio e lo get-

ta lontano. Arnold salta a terra, corre veloce, abbaiando come

un pazzo. Poco dopo torna dalla Giacci con la corda in bocca,

scodinzolando, fiero di quel riporto perfetto. Pollo non ce la fa