"Si, certo."

"Ecco, me ne porta una bella fetta?" Poi mi guarda e sorride. "Magari il prossimo anno saremo qui io e te con due fidanzati e lei di nuovo da sola..."

"Sì... Può essere, ma potremmo anche essere tutte e tre... con tre ragazzi! " E Alis mi guarda strana, poi alza le spalle.

Si certo... Anche se mi sembra proprio strano che a questa possibilità lei

non ci abbia pensato.


Tom, il nonno di Carolina

Sono Tommaso, il nonno di Carolina. Mio nipote Giovanni, o Rusty James come lo chiama Carolina, ferma il mondo sulla pagina bianca. Anch'io. Ma uso un altro tipo di carta, quella fotografica. L'obiettivo contiene lo spazio che voglio immortalare. Quel tondino così piccolo che può trattenere un momento magico, irripetibile. La fotografìa ferma il tempo, sconfigge la paura che tutto vada perso. Basta un click. Quell'immagine e soprattutto ciò che evoca saranno nostri per sempre. E" questa l'idea che mi è sempre piaciuta dell'arte della fotografìa. Momenti che posso condividere con gli altri, la mia Lucilla per prima ad esempio. Una modella bellissima per me. Un volto che cambia spesso espressione e regala lo spunto per tante foto. Dovreste vederla. Ha degli occhi che non vi so dire. Mi ci perdo dentro ancora oggi. Mi sento al sicuro se la guardo. Lei cammina per casa tranquilla. Rimette a posto, legge, si prepara un te, mi parla. E io mi sento felice. E so che potrei morire oggi e andrebbe bene lo stesso, perché ho avuto tutto quello che volevo. Anzi no. Ho avuto quello che non sapevo di volere. Perché spesso noi sbagliamo nel desiderare le cose. Crediamo di sapere cos'è meglio per noi ma in realtà ce lo imponiamo. E il rischio che si corre a non ascoltarsi davvero. Con la mia Lucilia invece ho imparato a cercare quello che il mio cuore voleva. Così quando ripesco le mie foto, tutte quante, posso ricostruire ogni passaggio del mio viaggio con lei. Lei che mi ha insegnato la vita e mi ha reso migliore. Lei che non si è mai arresa anche quando non avevamo un soldo e non sapevamo come fare. Si è rimboccata le maniche e serenamente ha cominciato a costruire pian piano, anche col poco che c'era. E nel tempo in quelle foto c'è una vita intera da rivedere per sentirsi ancora come in tutti quegli istanti che ho cercato di fermare. Senza perdere nulla. Anche quando non ci saremo più sapranno conservare quello che conta. E chi ama potrà sempre cogliere qualche sfumatura che magari, nella frenesia della vita, era andata persa. Faccio fotografie da anni. Le raccolgo in alcuni album che teniamo in salotto e ogni tanto di sera ci mettiamo sul divano a sfogliarli. Quanti ricordi e risate e anche un podi tristezza per ciò che non potrà tornare. Eppure il piacere sta tutto nel riguardarle. E soprattutto vedere che i nostri due volti ci sono sempre e vederli cambiare pagina dopo pagina. Io e lei. Che amore. L'amore. Ricordo ancora la prima volta che la vidi. Eravamo tutti i due giovanissimi e io certamente parecchio imbranato. Passavo bicicletta e la vidi. Camminava e lo faceva in un modo che non posso dimenticare. Una camminata bella, solida e leggera allo stesso tempo. Una camminata che mi rassicurava. La cosa che mi veniva da pensare e quasi mi spaventò fu che avrei potuto perderla, che se non avessi fatto qualcosa lì, in quel momento, non l'avrei mai più rivista camminare così. Dovevo fermarla, immortalarla in qualche modo. Ma non avevo nulla per farlo. C'ero solo io. Così scesi di bicicletta e mi presentai. Lei quasi si spaventò ma poi subito dopo si mise a ridere. Si mise a ridere... a quei tempi se uno sconosciuto ti piombava così vicino e ti parlava c'era imbarazzo e le ragazze tendevano a fare le ritrose, anche per paura di quello che gli altri avrebbero potuto dire. Ma lei no. Nonostante fosse pieno giorno, lei rise. E parlò con me. E io seppi che non avrei mai più potuto fare a meno di lei. Ed è stato così. Ho conosciuto altre donne e nessuna, mai, mi è sembrata magnifica come mia moglie. Fu quando lei rise che decisi che mi serviva a tutti i costi una macchina fotografica. Per fotografare lei. Per fermare quella risata. E poi le altre... E così la presi subito. Dovetti comprarmela da solo, a rate, coi soldi del mio primo lavoro. Ma la comprai comunque. E cominciai a fotografarla sempre e lei si vergognava. Ma era bellissima, anche quando faceva le smorfie. E poi i paesaggi, le cose, i miei altri affetti, nostra figlia, i nipoti e tutto quello che mi circonda sono entrati nell'obiettivo. La fotografia è il modo con cui mi descrivo e parlo. Anche il disegno, altra mia passione, ma non è come quando faccio degli scatti. Quando li guardo, vedo un pezzo della mia vita e mi ricordo esattamente di quel giorno. Poi sorrido. So che rimarranno oltre me. Forse qualcuno guardandoci bene dentro vedrà il sorriso della mia anima. Se così fosse allora saranno la mia vera eredità.


Marzo

Per quanto sei riuscita a tenere spento il cellulare? Mai!

Un rimpianto del mese scorso? Non aver ancora trovato Massi.

Cos'è per te la primavera? La leggerezza.

L" sms più brutto ricevuto questo mese: qual è l'animale che, se aggiungi un numero, ti permette di stare a galla? Il canotto e me l'ha mandato Filo!

Capelli lunghi o corti? Lunghi.

Il film più carino che hai visto? Carino non so... comunque carinissimo Ratatouille.

Bianco o nero? Bianco.

Unghie curate o mangiucchiate? Nessuna delle due.

Il complimento che ti piace di più? Sei bella.

Quello che odi? Sei figa.

Mi ricordo che da piccola mi dicevano sempre marzo mese pazzo. Che non ho proprio capito perché dicono così, non fa neanche rima. Al limite: marzo grande sfarzo. E così potrebbe essere il mese preferito da Alis! Oppure: marzo grande sforzo. E in questo caso potrebbe andare bene per Clod e la sua dieta.

Che poi ogni mese a modo suo può essere pazzo. Dipende da quello che succede. E comunque io non potevo pensare che marzo avrebbe cambiato la mia vita. No. Non così. Bè, ma cominciamo dall'inizio.

Nico è un tipo troppo divertente. E alto un bel po'"più di me, ha un fisico forte, è bello, riccio, con gli occhi azzurri. Porta la moto che tutti dicono sempre "sembra il vento". E lui ride, poi fa le pinne ed è sempre allegro. Ha una moto Honda Hornet nera, aggressiva Eppure riesce a portarla su una ruota sola per un bel pezzo.

"Vuoi venire a fare un giro? Dai, Carolina, sali dietro.. Io e te sfidiamo il vento."

E mi guarda così, con quegli occhi azzurri e profondi che sembrano il mare quando è calmo, quando guardi lontano e non vedi dove finisce, quando ti perdi in quell'azzurro tanto che non capisci dove comincia il cielo. Insomma mi piace, non posso dire di no. Ma un giro su una ruota sola.

"No grazie no, Nico."

"Come vuoi..." E sgomma e rigira la moto sulla ruota di dietro, frena con quella davanti e la fa girare sotto di lui mentre quella dietro alza una nube bianca come se stesse bruciando. Ma poi arriva subito una signora grossa con una tuta che gli urla.

"E piantala Nico! Che mi impuzzolentisci tutto! Qua dobbiamo lavorare!"

Nico si ferma, spegne la moto e la posteggia. Poi si rimette il cappellino e si avvicina alla pompa. Ora è un po'"triste e mogio. Insomma non è più spavaldo come prima.

"Ma Carolina, tu devi fare benzina."

"No, no, grazie, l'ho fatta prima." Già, perché Nico è il figlio del benzinaio. Ma non è certo per questo che gli ho detto di no al giro. E che sul serio ho paura! Comunque ormai da quando l'ho scoperto vado sempre a fare benzina lì. Ma mica per Nico, lui l'ho conosciuto dopo, per Luigi, suo padre. E" un tipo basso con dei grandi baffi, sotto la tuta porta sempre la cravatta, ed è sorridente e gentile anche con me che al massimo metto 5 euro. Perché a volte i benzinai quando si accorgono che metti così poco, che gli lai staccare la pompa per "soli" 5 euro, allora ti trattano male, non ti guardano quando glieli dai e alla fine neanche ti salutano. Invece lui e anche sua moglie Tina sono sempre gentili.

Tina è grossa, robusta, con un seno grande e i capelli scuri e mossi. E" quella che prima ha urlato a Nico e forse lui ha preso da lei, anche se gli occhi sono quelli del papà. Fatica un sacco quella donna, la vedo spesso lavare le macchine che le portano. E lei che se ne occupa, le lava e poi le asciuga bene dopo averle fatte passare sotto l'autolavaggio. Si stende con dei grossi stracci sopra il cofano e prova ad asciugare il parabrezza e poi il tetto e con quel seno grosso che ha, quasi non ci arriva. Ed è buffa perché le si strizzano i seni dentro quella tuta, ma lei continua con i capelli che le cadono sul viso, sudata, sbuffando e fa il suo lavoro con grande attenzione. E vedere Nico che continua a fare le pinne mentre sua mamma lavora così tanto... Mah. Affari loro.

Un giorno però mentre sto tornando da scuola una moto mi accosta. Mi stringe e quasi cado e sono costretta a frenare e non mi accorgo che è lui fino a quando non si toglie il casco.

"Nico! Mi hai spaventata!"

"Scusa..." Poi rimane in silenzio. "Ma perché non vuoi uscire con me? Perché sono il figlio del benzinaio?" E rimango quasi senza parole. Lo vedo lì davanti a me con quei capelli ricci con una faccia decisa ma buona in fondo, anche un po'"in difficoltà.

"Perché dici questo? No, non c'entra niente."

"Sicura?"

"Certo."

"Dimostramelo. "

"Primo, io non ti devo dimostrare nulla. E secondo, non esco con te perché mi vuoi portare su questa moto che guidi come un pazzo... Ci mancava poco che mi facevi cadere così, pensa se mi porti su una ruota sola... Non ci verrei mai."

Allora Nico sorride. "E se ti prometto che guido piano piano... e che non pinno mai?"