"Ma non puoi dargliela tu quando lo vedi, scusa?" le dico.
Debbie sta zitta. Si guarda i piedi. Nonno Tom dice sempre che quelli che si guardano i piedi vorrebbero scappare. Cavoli, ma allora... ma che, vuole scappare Debbie? E perché? Voglio capirci qualcosa.
"Tanto è sabato, vi vedrete stasera quando esci dal negozio, no? Poi mi sa che lo vedi più spesso tu che io, Rusty..."
"In che senso?"
"Come in che senso, da quando è andato via mica lo vedo tutti i giorni. Cioè, ci vado al barcone, ho anche la mia stanzetta, ma non ci vado sempre sempre..."
Debbie alza di colpo lo sguardo. Mi fìssa. "Ma perché scusa, non sta qui? Che barcone?"
A questo punto non ci capisco proprio più nulla. Ma non sto parlando con Debbie, la simpatica Debbie, la mitica ragaza di mio fratello?
"Il barcone, quello sul Tevere!"
Debbie mi sembra come una bimba che si è persa nella confusione del luna park e non trova più i genitori. Non è possibile che non sappia nulla. Allora sono io che mi sono persa qualche puntata fondamentale. Mi butto.
"Scusa, Debbie, ma da quant'è che non vedi mio fratello?"
"Un po''..."
"Un po'"tipo da qualche ora o un po'"tipo da un bel po'?"
Debbie mi guarda e vedo che gli occhi le si inumidiscono. Mi rendo conto che di puntate magari non me ne sono perse tante, ma solo quella più importante. Si devono essere lasciati. Mi sorride un po'"imbarazzata.
"Non sapevo che non abitasse più qui..." e lo dice col tono di li ha appena ricevuto una sberla di quelle forti, che non ti aspetti e lì per lì non sembra nemmeno che ti faccia male. Ma di certo ti lascia senza parole. E io non so proprio che fare, che dire o come uscirne ma per fortuna mi salva lei che guarda il suo orologio.
"Scusa, Caro, è tardi, devo andare." E torna sorridente e leggera come sempre e va verso la porta di casa quasi saltellando. "Mi fai il favore di dargli quella lettera quando lo vedi?"
"Sì, sì" le dico mentre la seguo verso la porta. E se per caso sta male non lo fa proprio vedere. Apre la porta e chiama l'ascensore che arriva subito. Doveva essere al piano subito sotto. "Ciao... e grazie." Mi fa un bellissimo sorriso, poi entra nell'ascensore, spinge un bottone e sparisce.
Rientro in casa. Mi siedo sul divano. Guardo la busta che ho appoggiato sul tavolino di vetro appena lei si è alzata. Ma che è successo tra quei due? Ora chiamo Rusty e me lo faccio spiegare. Uffa. Ma per una volta che c'è una coppia bella che funziona... Mica si saranno traditi? Lui? Lei? Nooo, non ci credo, non è possibile. Se è così Rusty mi sente. E se è stata lei, mi sente lei. Sto per prendere il cellulare ma poi cambio idea. Di certe cose non si può parlare al telefono. Gli scrivo un sms.
"Ciao! Quando possiamo parlare un po'"a voce? Ho anche una cosa da darti" e invio.
Guardo di nuovo la busta. Non è chiusa. Forse lì dentro c'è la risposta. Basterebbe un attimo. Tanto nessuno se ne accorgerebbe. La prendo e me la rigiro tra le mani. Non mi va che quei due si lascino. Ma anche se apro e leggo, che risolvo? D'altronde possono saperlo solo loro due cosa fare... Sì, però vorrei saperlo anch'io. Scusa, io ho sempre fatto il tifo per loro! E poi se devo fare la postina, avrò diritto a un premio, no?
Sfilo piano il triangolo di carta azzurra. Prendo il foglio all'interno, piegato in due. Lo apro.
"Amore, scusami..."
Sento una chiave che s'infila nella toppa della porta. Ale entra al volo. Rimetto la lettera dentro la busta e velocemente la nascondo dietro un cuscino.
"Ciao... Ma tu sei a casa? Che hai messo su l'acqua per la pasta?"
"No."
"E che aspetti?"
"Aspettavo te..."
"Sì, va bè ...
E se ne va in camera da letto.
Riprendo la lettera, la sistemo meglio. Magari la leggerò dopo, con più calma. O forse no. Forse è giusto che quelle parole restino loro e basta. E con quest'ultima decisione definitiva, me ne vado in camera mia.
A scuola non c'è niente da fare, come si avvicina il Natale inizia una strana adrenalina. A parte che l'ultimo giorno ci sarà la festa dell'albero. Praticamente tutti portano un regalo a testa e poi a estrazione questi stessi regali vengono sorteggiati a caso! E" troppo divertente, solo che i maschi regalano delle cose assurde, a volte schifose. Lo fanno apposta perché li diverte essere trasgressivi, rovinare la festa del Natale e tutta l'atmosfera.
Cudini si è tolto il gesso. Ha sfidato il prof Leone a palletta. Ha detto che se fa più palleggi di lui non lo deve interrogare per tutto gennaio e dargli buono per il mese. Il prof ha accettato la sfida.
"Allora, pronti...? Via! Uno, due, tre..."
Conto io insieme a tutta la classe, ma chiaramente stanno tutti contro il prof.
"Quattordici, quindici..."
Ma lui è forte. Palleggia tranquillo e va avanti.
"Ventidue, ventitré..."
"Fiiiii" qualcuno fischia, qualcuno batte sul banco. Un casino che non vi dico! Cercano di distrarlo in tutti i modi. Ma lui continua.
"Trentacinque, trentasei..." fa uno sforzo pazzesco per allungarsi. "Trentasette! Eeeh... eehhh! " Non ce la fa, non ce la fa.
"Ooooh..."
Gli è caduta! Tutti battono sui banchi, è partita una specie di olà!
"Shhh, ragazzi, non fate casino! Che se entra il preside poi son dolori... come glielo spiego questo certamen?"
"Eh?"
"Certamen... gara, Cudini, gara. Certamen vuoi dire gara."
"A prof, e parla come magni! Che ce devi confonde le idee?"
I miei compagni... Tutti lord inglesi come potete sentire.
"Vai, tocca a te!"
Cudini prende la palletta e inizia a palleggiare.
"Uno, due, tre..."
E io conto. Lui salta con difficoltà però. E ancora un po'"debole sulle gambe e palleggia con quella che si è rotto.
"Dieci, undici, dodici..."
Cudini si allunga troppo con la palletta, la lancia lontano, cerca di raggiungerla saltellando solo su una gamba, da ancora un colpo, "Tredici" e, cercando di farne ancora uno, alla fine scivola e cade per terra.
"Ahia! " Si porta subito la mano sinistra al gomito. "Ahia, che male! Ho sbattuto il gomito."
"Fai vedere." Il prof Leone si inginocchia subito vicino a lui e li controlla il braccio. "Niente... Meno male! Temevo ti fossi rotto pure questo!"
"Però mi pizzica da morire, prof! Vedo le stelle!"
"E certo! Hai sbattuto su un punto nevralgico. Da qui parte un nervo...
Insomma, inizia una spiegazione che altro che prof di italiano! Sembra un prof di medicina. E la cosa più incredibile è che Cudini alla fine si rialza e arriva Bettoni, il suo amico del cuore.
"Guarda qui." Gli mette davanti il telefonino e parte un filmato. "Dieci, undici, dodici..." E pum! Il volo di Cudini.
"Ahia, che male!"
Cudini ride rivedendosi. "Ammazza che botto! Però... forte, fa ridere una cifra. Oh dammelo, che lo carico subito su You Tube."
"E certo, per questo te lo facevo vedere... con questo marchi una cifra. Entri in classifica sparato!" E ridono come pazzi allontanandosi sottobraccio tutti fieri del volo e della possibile entrata in classifica.
"Cudini, comunque ho vinto io, quindi preparati che domani ti interrogo. "
"A prof... rivincita!"
Pomeriggio tranquillo. Sono stata a pranzo dai nonni.
Mi hanno raccontato di come si sono conosciuti. A una festa. Erano diverse le feste di allora. Erano più aperte e tutti sembravano sul serio amici dai racconti che mi hanno fatto. Oggi forse non è più così. Mi sembra sempre che ci sia un po'"di invidia.
A un certo punto nonno ha preso la mano di nonna e gliel'ha baciata con amore. Nonna ha chiuso gli occhi, era come se in realtà soffrisse per qualcosa. Poi li ha riaperti, ha fatto un sospiro e poi un sorriso, come se cercasse di ritrovare un po'"di serenità. Io non sapevo bene che fare e così mi sono versata un po'"d'acqua facendo fìnta di avere sete.
Poco più tardi, dopo il dolce, mentre nonna metteva a posto, mi sono messa a spulciare nella sua libreria. Ho preso un libro e ho cominciato a sfogliarlo.
"Jamie, io ti amo."
"Lo so," rispose sottovoce, "certo che lo so, tesoro. Lascia che io te lo dica nel sonno, quanto ti amo. Perché non c'è molto che io possa dirti mentre siamo svegli, se non le stesse, povere parole, ripetute ancora e ancora. Mentre dormi tra le mie braccia, invece, POSSO dirti cose che suonerebbero sciocche nella veglia, e i tuoi sogni sapranno che sono vere."
Era II ritorno di Diana Gabaldon. Ecco, anch'io un giorno vorrei poter dedicare delle parole così a Massi. Sì, a lui. Perché se solo che ci siamo visti solo una volta è ancora così presente nei miei pensieri, se tutto quello che provo e che penso e le cose divertenti che mi accadono, insomma se il meglio che mi capita di vivere lo dedico a lui, bè, deve essere per forza una persona speciale. O sono una sognatrice disperata?
Bè, preferisco pensare che sia merito suo e non colpa mia. Comunque, non faccio in tempo a tornare a casa che c'è sotto Gibbo. Naturalmente con la sua macchinetta nuova.
"Che fai qui?"
"Ciao Caro! Cercavo un autista per la mia macchinetta, ti va?"
E" troppo forte Gibbo.
Citofono a casa e avviso che vado a fare un giro. Naturalmente c'è Ale che, come al solito, dopo che uno le dice qualcosa, non risponde. Ricitofono.
"Ma hai capito?"
"Sì."
"E allora dillo, no? Avvisa mamma che se no si preoccupa, dille che ho il telefonino scarico."
E richiude.
E ricitofono.
"Oh, hai capito che ho il telefonino scarico?"
"Sì, ho detto di sì."
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