"Ma ti pare, sto scherzando! È che è passato prima Giorgio e si è acceso una sigaretta."
"Ma..."
"Gliel'ho detto che tu non volevi e infatti ho aperto la finestra... Scusa, mamma" e le corre incontro e l'abbraccia, e le da un bacio che sa di menta.
"Ok, ok... diglielo però a questo Giorgio che fumare fa male... Se inizia a quest'età!"
"Ok, glielo dico, mamma."
La madre esce dalla stanza con un grande sorriso, tutto per quella figlia così innocente. Cioè, ma vi rendete conto? È geniale. Ha scherzato perfino sulla cosa proprio per far credere che fosse possibile, che poteva perfino dirglielo, ma che invece non era vero. E invece è tutto vero! E com'è uscita, ormai passato il pericolo e anche il fatto che potesse tornare a sentire l'odore del fumo, Alis e ha fatto? Si è riaccesa la sigaretta! Bè, se non è la super campionessa di bugie lei! Comunque nel mio piccolo quel 7 dicembre me la sono cavata anch'io o forse mamma mi ha voluto credere e comunque le ho detto che mi passava a prendere Lele, un amico del finto festeggiato Giacomini, che ha quindici anni e mezzo. Anche perché fortunatamente quella sera c'era solo mamma a casa e alla finestra lei poteva scambiare tranquillamente la Smart di LeIe per una Aixam.
"Che c'è, perché ridi, Caro?"
"No, niente, Lele..."
"Niente non è possibile!"
"Ok, stavo ridendo perché già so che stasera sgarrerò la mia dieta!"
Lele mi guarda e sorride. "Bene! Adoro chi adora mangiare e poi con tutto lo sport che abbiamo fatto, sei giustificatissima."
Gli sorrido. In realtà stavo pensando che ho qualche piccolo problema con l'età. Mi tocca comportarmi un po'"alla Alis. A mamma ho detto che Lele ha quindici anni e mezzo e a Lele ho detto che ne ho quattordici e mezzo!
"È vero" gli sorrido di nuovo. "Ho una fame stragiustificatissima!
Piazza Cavour. Un cinese che dal profumo mi sembra buonissimo. Ci sediamo e dopo neanche un minuto arriva Paolo per prendere le ordinazioni. Cioè, un cinese che si chiama Paolo. Troppo divertente.
"Tu che prendi?"
"Io involtini primavera, riso alla cantonese e pollo al limone."
"Anche per me, tranne che il pollo, prendo pollo alle mandorle. Ah... e se mi porta anche dell'acqua naturale..."
Poi si rivolge a me. "O vuoi quella minerale?"
"No, no, naturale va benissimo."
"Allora, una naturale e una birra cinese."
Paolo fa per andarsene e Lele gli sorride. "Grazie."
Ecco, mi piace quando una persona è gentile anche con quelli che ti servono. Cioè anche se tu vai nei posti e paghi, e loro quindi comunque devono essere gentili con te, è bello dare loro importanza. In questo Alis è strana per esempio. Cioè lei non ringrazia mai nessuno! Quando va nei posti, è come se tutto le fosse dovuto. E" strano. Invece con noi è sempre gentile, sembra darci sempre tanta importanza, ci fa sentire come se noi venissimo prima di lei e anche di tutti gli altri. Mah.
Comunque arrivano i piatti che abbiamo ordinato e in un attimo cominciamo a mangiare e quasi non parliamo più, se non "Uhm... che buono...".
"Posso?"
"Certo."
"Buono anche il tuo..."
Ci sorridiamo. Sono buoni sul serio. E poi Lele mangia proprio bene. Oddio, capisco che è un pensiero un po'"difficile, ma mangiare bene vuol dire molto per me. Cioè, mangiare a bocca chiusa, masticando lentamente, bocconi piccoli, senza fretta, chiacchierando ogni tanto. Cioè, ci sono delle persone con le quali non li trovi così bene a tavola. Nomi? Mio padre. Ale, mia sorella, che ha preso da lui in tutto e per tutto secondo me, mentre io e mio fratello abbiamo preso da mamma. E anche Clod che però a modo suo alla fine, anche se mangia in quel modo, riesce a farmi ridere. Ma non so se sono io di parte.
Racconto a Lele un po'"della scuola, delle mie amiche.
"Ci sono diverse ragazze in classe che sanno giocare a tennis, ma tutte fanno finta di non saper giocare perché la Raffaelli, che è una insopportabile che porta pure un po'"sfìga, magari poi vuole giocare con loro. E tu?"
"Io cosa?"
"Come ti trovi all'università?"
"Oh bene, tranquillo. Sto facendo il primo anno. Sto preparando Diritto romano. Scusi..." Chiama Paolo che subito si avvicina.
"Tu vuoi qualcos'altro?"
"Mi andrebbero quelle palline..."
"Il gelato fritto?"
"Eh, sì."
"Ok, allora ci porta tre palline di gelato fritto e il conto, grazie.
E poco dopo mangiamo quelle palline ridendo e io mi mangio quella al cioccolato perché è la più buona. E poi Lele prende una grappa alle rose e usciamo.
È notte. Sono le dieci. Fa freddo.
"Andiamo allo Zodiaco?"
"Sì, ma cosa c'è?"
"Dovrebbero aver montato il presepe..."
Saliamo su lungo le curve. Riusciamo a posteggiare la Smart con facilità.
Qualche altra persona, per la maggior parte grande d'età, guarda il presepe.
"Hai visto, manca ancora il Bambino Gesù."
"Quello lo metteranno il giorno di Natale."
"Ah, certo."
Che sciocca. E cominciamo ad allontanarci. In silenzio. Camminiamo lungo un piccolo viale che si sporge sulla città.
"Roma da quassù di notte è bellissima..."
"Sì..."
Lele si appoggia alla staccionata. Mi sorride. "Anche tu..."
Poi mi prende la mano, ci gioca per un attimo e alla fine mi tira a sé, veloce e mi da un bacio. Chiudo gli occhi e mi ritrovo persa tra le sue labbra.
C'è un vento leggero, fresco, non particolarmente freddo. E mi lascio portare così, dal suo bacio. E non so cosa pensare, cioè mi piace sì, ha un buon sapore. Però... Ecco! Insomma, sul serio, io non me l'aspettavo!
Il bacio sta finendo e restiamo ancora un po'"in silenzio con le bocche vicine. Poi ci stacchiamo. Ci sorridiamo. Lele fa un respiro lungo, molto lungo.
"Scusa."
"Di cosa?"
"Bè... ti ho tirato con forza a me e..."
"No, no, va bene..."
Si avvicina di nuovo. "Sei bravissima a giocare a tennis" e mi bacia di nuovo. Lentamente questa volta, senza fretta. Con dolcezza, accarezzandomi i capelli. Ok. Va tutto bene. Ma quella frase se la poteva pure risparmiare! Che vuoi dire! Mi voleva dare un contentino? Cioè, se non diventavo brava non mi baciava? Forse sto esagerando. Forse sto facendo troppi pensieri. Però è la prima volta che usciamo oltre il tennis. Sì, insomma, non me l'aspettavo proprio che mi baciasse stasera! E, infatti, più tardi in macchina, andando a casa, uno strano imbarazzo. Cioè, quegli strani silenzi che man mano che vai avanti, sì insomma, più si prolungano e più diventano grandi e più ci pensi e più non trovi le parole con le quali iniziare. E poi alla fine, come capita spesso...
"Allora, che dici?"
"Perché non facciamo..."
Si parla tutti e due nello stesso momento. E poi lo fai di nuovo.
"No, volevo dire..."
"Ecco, dicevo..."
E alla fine ridi e in qualche modo devi pur prender una decisione.
"Ok, Caro, parla tu!"
"No, volevo dire, secondo te qualche volta potrei fare una partita? Cioè, sono in grado?"
"Oh sì, certo... Ti stavo per dire proprio questo, una volta potremmo veramente giocare, diventa più competitivo, si corre di più, si fa più sport insomma. E poi così puoi veramente mangiare quanto vuoi!"
Mi metto a ridere ma poi dentro di me penso: ma che vuoi dire? Che in realtà non ho corso abbastanza? Cioè che quando gioco è come se non giocassi? Ma allora perché ha detto che sono diventata bravissima? Per baciarmi? Ecco, arriviamo sempre lì... Bè, ormai siamo proprio arrivati a casa.
"Eccoci qua."
Lee si ferma un po'"più avanti del mio cancello.
"Sono felice che siamo usciti, stasera."
"Anch'io..."
Lele mi guarda. Rimane in silenzio. Io abbasso la testa e guardo le chiavi che ho tirato fuori dalla tasca. Ci gioco tra le mani. Già. finalmente me le hanno date, anche se credo sia solo per stasera.
Lele poggia la sua mano sulla mia. "Mi piacerebbe rivederti."
Guardo la sua mano. Poi lui. Non ho capito tutti quei discorsi sul tennis, ma di una cosa sono sicura e gliela voglio dire.
"Anche a me piacerebbe molto rivederti, però ti devo dire una cosa."
"Cosa?"
"Ho tredici anni e mezzo."
"Ah." Lele leva la sua mano dalla mia. Poi lentamente si gira verso il finestrino. Rimango per un attimo in silenzio. Lo guardo. Lui guarda fuori.
"Lele, mi dispiace, non volevo dirti una bugia. Non so neanche perché l'ho detta... Ma io sono sempre io. O ti piaccio oppure no. Non credo che sia quel mezzo anno in più che mi fa diventare un'altra."
Ancora silenzio. Poi Lele si gira verso di me e improvvisamente mi sorride.
"Hai ragione. Non so cosa mi è preso. Giochiamo lunedì?"
"Certo! Facciamo partita!"
E questa volta mi spingo io verso di lui e gli do un bacio. Però sulla guancia. Poi faccio per aprire lo sportello. Invece lui mi ferma per il braccio e mi tira a sé. Mi da un bacio. Sulla bocca. Un pochino più lungo di prima. Ma non so perché stavolta mi sembra che si agiti troppo. E come se la lingua fosse impazzita. Mi viene da ridere ma non posso. E alla fine vedo che mi poggia anche una mano sulla tetta! No! Lo fa in modo troppo veloce, quasi la stringe, neanche fosse una pallina! Ma che roba! Riesco a sfilarmi dalla sua stretta e poi pian piano, con dolcezza... "Devo andare... ci sentiamo domani." E scivolo via dalla Smart fuggendo dentro il portone, senza neanche girarmi.
Ascensore. Ho le palpitazioni. Comincio a fare dei respiri lunghi. Più lunghi. Mi devo calmare. D'altronde... meglio di Cenerentola, eh... sono le undici e trenta. Però non staranno mica tutti dormendo. Giro piano le chiavi nella porta. Infatti.
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