Si libera un posto al volo perché scende un signore. Faccio per andare a sedermi ma vedo una donna anziana come mia nonna ma molto più grassa, con alcuni pacchetti in mano. È stanca. Mi guarda per un attimo e io le indico il posto con la mano. "Prego..." E lei i ringrazia e ci si adagia sopra con un sorriso, tirando su le gambe. Ha dei calzerotti che le arrivano sotto il ginocchio. Si vedono solo ora che la gonna si è alzata e sbuffa e ha le gambe corte e si tira indietro con il sedere poggiandosi sul gomito per raggiungere lo schienale. Poi tira su tutti quei pacchi e se li mette sulle gambe e finalmente sta comoda. Fa un bei sospiro, soddisfatta della sua fatica.

E io guardo fuori, i ragazzi che passano, la sera che lentamente scende. Massimiliano... Ecco il messaggio: "Massi sei il massimo". Ragazza super banale.

Che ore sono? Guardo l'orologio, le otto e dieci. Che pizza. I miei staranno per mettersi a tavola e io arriverò in ritardo. Qualuno alle mie spalle si sporge e suona il campanello. Prossima fermata, acceso. Ecco. L'autobus si ferma. Qualcuno per scendere mi urta. Di nuovo. Mi spinge contro il ferro della porta. Anche un'altra persona si appoggia a me. Di nuovo. Questa volta più a lungo. Non riescono a scendere. Un'ultima spinta e sono giù. Li vdo sali. ie giù dall'autobus. Sono due ragazzi. Hanno i capelli corti. Sembrano stranieri, forse rumeni. Uno da una pacca all'altro sulla schiena e quello fa segno di sì con la testa poi si voltano verso di me e sorridono. L'autobus riparte. E loro spariscono così, correndo. E io continuo a guardare fuori gli ultimi negozi che stanno chiudendo, commesse stanche che tirano giù saracinesche, una sale in macchina. Qualcuna attraversa velocemente la strada, una donna al teleono ride organizzando la sua serata, un altro aspetta in mezzo alla strada scocciato del ritardo di qualcuno. Scendo dall'autobus e vado di corsa a casa. Non mi fermo neanche un secondo. Corro, corro, strada, piazza, destra, sinistra, guardo, attraverso, cancello aperto. Bene. Suono per far aprire il secondo portone.

"Chi è?"

"Io!"

Aprono al volo. E via per le scale primo, secondo, quarto piano. Neanche una delle atlete più premiate. La porta è aperta, la chiudo alle mie spalle.

"Eccomi. Sono arrivata!"

"Lavati le mani e vieni a tavola."

Vedo passare mia madre che porta un piatto di portata con la pasta fumante. Lo poggia in mezzo al tavolo, cercando di non farlo sbattere, non riuscendoci.

Alessandra è già a tavola, R. J. non c'è. Papà si serve per primo. Io vado a lavarmi le mani.

E prima di spingere il tappo per fare uscire il sapone mi viene in mente una cosa. Ecco l'idea. Finalmente l'ho trovato. Mi tocco i jeans. Niente. Com'è possibile? Mi tocco l'altra tasca, poi davanti. E ancora. Niente, niente, niente. Eppure ce l'avevo qui. Corro in camera da letto e apro la borsa. Niente. C'è solo il cd, le chiavi, un cappellino e qualche trucco ma niente. Non ci posso credere. No, no. Non è possibile. Vado in cucina. È arrivato anche Rusty James.

"Avevo già detto che arrivavo in ritardo."

"E certo, tu fai sempre come ti pare e che ti frega. Non hai neanche avvisato... Tanto no... Siamo tutti ai tuoi comodi, vero? Questo è un albergo."

Non ci credo. Non ci posso credere, sempre la stessa storia, addirittura le stesse frasi. "Mamma è vero che ti avevo avvisato?"

R. J. guarda mamma. E lei sorride. E abbassa lo sguardo. "Sì", lo dice a bassa voce levando un piatto dalla tavola, fìngendo qualcosa da fare. Mamma non è capace di mentire.

"E certo! Tu lo copri sempre. Figurati! Ma io mi sono rotto! Capito? Rotto!"

"Papà potresti urlare più piano?" Mia sorella Alessandra. È sempre lei. Come si può urlare più piano? O si urla o non si urla, o no?

"Questa è casa mia e io urlo quanto mi pare, è chiaro? Chiaro?" Rusty James si alza da tavola. "Non ho più fame." "E invece ora resti." Papà si alza da tavola e prova a prenderlo per il maglione, ma R. J. è più veloce, se lo sfila e fugge via, quasi scivola sul tappeto del salotto, ma poi si riprende in curva, dribbla una sedia e in un attimo si chiude la porta alle spalle. Alessandra comincia a mangiare in silenzio, papà se la prende con mamma.

"Brava, brava... sei contenta? Complimenti... Viene su bene."

Mamma per cercare di calmarlo gli mette qualcosa nel piatto. E papà inizia a mangiare borbottando ancora qualcosa ma non si capisce più niente, le parole si perdono tra i bocconi, si sentono solo pezzetti di frasi.

"E certo, e ti pareva... E certo, perché sono io il deficiente..."

Secondo me si capisce solo quello che lui veramente vuoi far sentire. Sposto la sedia e mi siedo anch'io. Non ho il coraggio di dirlo. Mamma mi sorride. E inizia a mettermi qualcosa nel piatto. Uhm. Buono, sento il profumo. Ha fatto delle tagliatelle al pomodoro e il profumo è così dolce. Poi faccio un respiro lungo e prendo coraggio.

"Ho perso il cellulare."

Tutti smettono di mangiare nello stesso momento e mi guardano. Papà lascia cadere la forchetta nel piatto, allarga le braccia.

"E certo, certo... che gliene frega anche a lei. Chissà dove lo ha Iasciato!"

Mamma mi prende la mano. "Tesoro ma era quello che ti avevamo regalato per il compleanno?"

Alessandra non riesce mai a stare zitta. "Sì, mamma quello. Lo Slide Nokia 6500, e costa 370 euro." Lo dice facendole un falso orriso. "Sì, quello più piccolo del tuo."

Alessandra alza le spalle.

"E certo," papà riprende a mangiare, "tanto pago io. Come se i soldi li trovassi sugli alberi."

A parte che nella nostra zona purtroppo non ci sono tanti alberi, ma comunque questa immagine non mi sembra proprio giusta. Mamma mi stringe la mano.

"Magari se pensi dove sei stata, i giri che hai fatto..."

E in un attimo ripercorro tutto il pomeriggio e mi accorgo che l'ultima volta che ho preso in mano il telefonino è stato con Massimiliano quando... quando ho segnato il suo numero! E" vero! Ce l'avevo solo lì. E ora? Come faccio ora? Non ho più il suo numero. Non lo posso chiamare. E vedo come al rallenty quella scena. Lui che sorride... "Non lo voglio il tuo... ti cercherei sempre... Chiamami tu quando vorrai ridere di nuovo come oggi." E chiudo gli occhi. Non riderò più. Non posso ridere. E soprattutto... non posso chiamarlo! E un attimo dopo rivedo la scena. Io che mi metto il cellulare nella tasca dei jeans come sempre e salgo sull'autobus e poi è come un dettaglio: la mano... Una mano che si infila nella mia tasca. E loro che mi spingono per scendere dall'autobus. Mi spingevano apposta! E poi i due ragazzi, i due stranieri, la porta dell'autobus che si chiude, il loro sguardo, le pacche sulla schiena di uno all'altro e quello che si gira e mi guarda e sorride.

"Cazzo! Ce l'ha lui il mio telefonino!"

"Carolina!"

Mamma rimane a bocca aperta.

Papà riposa la forchetta.

"Brava, brava, hai visto? Che ti avevo detto? Continua così e vedrai come verranno su i tuoi figli. E poi ti sorprendi, quando al Tg danno quelle notizie dei figli che uccidono i genitori. Di cosa ti sorprendi eh? Di cosa?"

Non aspetto altro. Non ne posso più. Mi alzo e vado verso camera mia.

"Dove vai tu? Eh? Dove vai?"

"Hai ragione papà." Torno e mi siedo. "Posso andare in camera mia?"

"Dopo che avrai mangiato."

Inizio a mangiare un boccone dopo l'altro.

"E mangia piano. Piano, devi mangiare piano."

E Alessandra naturalmente si intromette. "Prima digestio fit in

ore."

La guardo male. Ma invece lei sorride. Spiritosa. Mi hanno dato una nemica, non una sorella. Ma perché è così stronza? Che poi sondo me non sa neanche che cosa vuoi dire quella frase. Che la digestione ci mette un'ora!

Finalmente mangio l'ultimo boccone. Mi pulisco educatamente la bocca con il tovagliolo... "Mi posso alzare?"

Mio padre non parla neanche, mi fa un gesto con la mano come a dire "vai vai". io scappo via e mi chiudo in camera mia. Mi metto sul letto.

Lo so che non dovrei dirlo ma a volte quando litigo a casa come oggi penso che Alis è fortunata. No, non perché è straricca e sta in un mega villone. Perché i suoi genitori sono separati. Sì, lo so. È bruttissimo avere i genitori separati, ma uffa almeno ne vedi uno alla volta e non insieme. Per esempio, è possibile che mia sorella può fare quel cavolo che le pare e nessuno le dice mai nulla? Stanotte è tornata alle 3. E non aveva avvertito. Alle 3 di martedì! E stamani aveva scuola. Ovviamente aveva sonno e non si è alzata. Ha detto alla mamma che le faceva male la testa per via del raffreddore. Poverina! Mentre mi preparavo sentivo che parlottavano in camera. Mamma le diceva che però così non è giusto, che non poteva non andare a scuola solo perché aveva fatto tardi. E lei, ma mamma scusa, sai, mica lo sapevo che Ilenia si sarebbe sentita mal e dovevamo portarla al pronto soccorso. Ecco! Il colpo di scena! Quando non ce la fa con le scuse normali, ci mette il carico da venti. Inventa sempre una marea di scuse e così fa come le pare. E mamma le crede pure! Perché è troppo buona. Questa cosa mi fa troppo rabbia. Per mamma... si sbatte dalla mattina alla sera al lavoro, sempre disponibile con tutti, sempre pronta a dire una parola buona, a capire gli altri e anche a casa fa tante cose e mia sorella che fa? La prende in giro.

Comunque, a parte mia sorella, qui il problema è più serio. Non ci POSSO credere, avevo tutto in quel cellulare ! Musica, avevo i Green Day, Mika, i Linkin Park, Elisa, Vasco, The Fray e quel fìchissimo di Paolo Nutini... E poi un filmato di Clod, Alis e io alla gita dell'altro anno e i tuffi dell'estate e poi tutti i messaggi che mi conservavo. Perfino quello di Lore di questa estate... e soprattutto c'era il numero di Massimiliano. Appena registrato. Cioè, non ho fatto in tempo a metterlo sul mio cellulare che me l'hanno fregato! Provo un attimo a ricordare il numero. Il prefìsso iniziava per 335, no 338, anzi 334, no era un 339, no un 328, anzi no, un 347, no, no, era un 380, no, ecco! Era un 393... Ma perché avete fatto tutte queste aziende! Non era meglio una sola! No, eh?! Ogni volta che c'è qualcosa dove si può guadagnare ci si buttano sopra subito tutti... Eh capirai! Che te lo dico a fà? E poi il numero com'era? C'erano dei 2, più 2 e poi anche degli 8... Forse un 7...