"Già, e tu ti sei messo con una di quelle." Babi chiude gli
occhi terrorizzata dalla bomba che ha appena lanciato. Aspet-
ta la risposta. Ormai è andata. Ma non sente nessuno scoppio.
Lentamente apre gli occhi. Al di là del vetro, sotto un lampio-
ne, la pioggia è più visibile. Sta diminuendo. "Ci sei ancora?"
"Sì. Stavo cercando di capire che effetto fa venir incastra-
to da una furba."
Babi si morde il labbro, cammina felice e nervosa per la
stanza. Allora è vero.
"Se fossi veramente furba avrei scelto qualcun altro da in-
castrare."
Step ride. "Va bene, pace. Cerchiamo di resistere almeno
un giorno. Che fai domani?"
"Scuola, poi studio e continuo a stare in punizione."
"Be', posso venire a trovarti." ti
"Direi che non è proprio una delle idee migliori..."
"Mi vesto bene." '
I
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Babi ride. "Non è per quello. È un discorso un po' più ge-
nerale. A che ora ti alzi domani?"
"Mah, dieci, undici. Quando viene Pollo a svegliarmi."
Babi scuote la testa. "E se non viene?"
"Mezzogiorno, l'una..."
"Ce la fai a venire a prendermi a scuola?"
"All'una? Sì, credo di sì." <$<
"Intendevo all'entrata."
Silenzio. "A che ora sarebbe?"
"Otto e dieci."
"Ma perché si va a scuola all'alba? E poi che facciamo?"
"Ma non lo so, fuggiamo..." Babi non crede quasi alle sue
orecchie. Fuggiamo. Dev'essere impazzita.
"Va bene, facciamo questa follia. Alle otto a scuola tua. Spe-
ro solo di svegliarmi."
"Sarà difficile, vero?"
"Abbastanza."
Rimangono un attimo in silenzio. Indecisi su cosa dirsi, su
come salutarsi.
"Be', allora ciao."
Step guarda fuori. Ha smesso di piovere. Le nuvole si muo-
vono veloci. Si sente felice. Guarda il telefonino. Dall'altra par-
te c'è lei in quel momento.
"Ciao Babi." Attaccano. Step guarda in alto. Alcune stelle
sono comparse timide e bagnate, lassù nel cielo. Domani sarà
una bella giornata. Passerà la mattina con lei.
Otto e dieci. Dev'essere impazzito. Cerca di ricordarsi
quand'è stata l'ultima volta che si è svegliato così presto. Non
gli viene in mente. Sorride. Appena tre giorni prima è tornato
a casa a quell'ora.
Nel buio della sua camera con il portatile in mano, Babi
continua a fissare il vetro per un po'. Lo immagina per strada.
Deve far freddo fuori. Prova un brivido per lui. Torna in salot-
to. Da il telefono alla sorella poi si siede accanto a lei sul di-
vano. Daniela senza farsi accorgere studia curiosa il suo viso.
Vorrebbe farle mille domande. Deve accontentarsi di quegli oc-
chi che a un tratto la fissano felici. Babi riprende a guardare
la televisione. Per un attimo quel vecchio film in bianco e ne-
ro le sembra a colori. Non capisce minimamente di cosa stia-
no parlando e si allontana rapita dai suoi pensieri. Poi torna
improvvisamente alla realtà. Si guarda intorno preoccupata
ma nessuno sembra saperlo. Domani, per la prima volta in vi-
ta sua, farà sega a scuola.
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39.
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Paolo è seduto al tavolo e sfoglia distratto il giornale. Si
guarda intorno. Strano. Avevo detto a Maria di fare la torta di
mele. Se ne sarà dimenticata. Ingenuo. Si ricorda di un ciam-
bellone che ha comprato per i casi di emergenza. Decide che
quello è uno di quei casi. Apre alcuni sportelli. Alla fine lo tro-
va. L'ha nascosto bene per resistere alla furia affamata di Step
e dei suoi amici.
Mentre ne taglia una fetta entra Step.
"Ciao fratello."
"Ti sembra questa l'ora di rientrare... Passerai tutto il gior-
no a letto, poi se va bene te ne andrai in palestra e la sera di
nuovo in giro con Pollo e quegli altri quattro delinquenti. Per
te è proprio bella la vita..."
"Bellissima." Step si versa del caffè, poi del latte. "Comun-
que si da il caso che non sto tornando adesso. Sto uscendo."
"Oddio che ore sono?"
Paolo guarda preoccupato l'orologio. Le sette e mezzo. Un
sospiro di sollievo. È tutto sotto controllo. Qualcosa non tor-
na lo stesso. Step non è mai uscito a quell'ora.
"Dove stai andando?"
"A scuola."
"Ah." Paolo si tranquillizza. Poi si ricorda improvvisamente
che Step ha finito l'altr'anno. "A fare che?"
"Cazzo, ma che sono tutte queste domande, all'alba poi...?"
"Fai quello che ti pare, basta che non ti metti nei guai. Ma
Maria non ha fatto la torta di mele?"
Step lo guarda con aria ingenua.
"Torta di mele? No, non mi sembra."
"Sicuro? Non è che ve la siete finita tu, Pollo e quegli altri
porci famelici dei tuoi amici?"
"Paolo, non offendere sempre i miei amici. Non è bello.
Che, io offendo mai i tuoi?"
220
Paolo rimane in silenzio. No che non li offende. Del resto
come potrebbe? Paolo non ha amici. Ogni tanto gli telefona un
collega o qualche ex compagno di università, ma quelli Step
non avrebbe proprio potuto offenderli. Sono già stati puniti
dalla vita. Tristi, grigi, con dei fisici da poeti.
"Ciao Pa', ti saluto, ci vediamo stasera."
Paolo fissa la porta chiusa. Suo fratello riesce sempre a stu-
pirlo. Chissà dove va a quell'ora del mattino. Beve un sorso di
caffè. Poi fa per prendere la fetta di ciambellone che ha lasciato
sul piatto. È sparita: con Step si finisce sempre per rimetterci.
"Ciao papa." Babi e Daniela scendono dalla Mercedes. Clau-
dio guarda le figlie avviarsi verso la scuola. Un ultimo saluto
poi si allontana. Babi fa ancora qualche gradino. Si gira. La
Mercedes è ormai lontana. Scende giù veloce e proprio in quel
momento incontra Pallina.
"Ciao, dove scappi?"
"Vado via con Step."
"Giura? E dove andate?"
"Non lo so. In giro. Per prima cosa a fare colazione. Sta-
mattina sono troppo emozionata per mandare giù qualunque
cosa. Ci pensi. È la prima volta che faccio sega..."
"Anch'io ero emozionata la prima volta. Ma ormai... Fac-
cio meglio io la firma di mia madre che lei stessa!" Babi ride.
La moto di Step si ferma rombando davanti al marciapiede.
"Andiamo?"
Babi saluta con un bacio frettoloso Pallina e poi monta
emozionata dietro di lui. Ha il cuore a duemila.
"Mi raccomando Pallina... Cerca di non prendere nessuna
insufficienza e segna quelle che vengono interrogate."
"Ok capa!"
"Ancora!? Non porta bene! E stai zitta, eh?"
Pallina annuisce. Babi si guarda intorno preoccupata che
qualcuno possa vederla. Poi si abbraccia stretta a Step. Ormai
è fatta. La moto schizza in avanti, fuggendo dalla scuola, dal-
le ore noiose di lezione, dalla Giacci, dai compiti e da quel suo-
no della campanella che a volte sembra non arrivare mai.
Pallina guarda invidiosa l'amica ormai lontana. È felice per
lei. Sale i gradini chiacchierando, senza accorgersi che qual-
cuno la sta osservando. Più in alto, una mano avvizzita dal tem-
po e dall'odio, abbellita da un vecchio anello con al centro una
pietra viola, dura come chi la possiede, lascia andare una ten-
dina. Qualcuno ha visto tutto.
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Nella in B tutte le ragazze entrano preoccupate. La prima
ora è italiano e la professoressa Giacci interroga. È una delle
materie sicure alla maturità. Le alunne prendono posto salu-
tandosi. Un'ultima ragazza entra di corsa. Come al solito è in
ritardo. Chiacchierano nervose. Improvvisamente un muto e
ossequioso silenzio. La Giacci è sulla porta. Tutte scattano sul-
l'attenti. La Giacci squadra la classe.
"Sedute ragazze."
È stranamente allegra quella mattina. La cosa non pro-
mette niente di buono. Fa l'appello. Alcune ragazze alzano la
mano rispondendo con un rispettoso "presente". Una ragazza,
il cui cognome comincia per e, è assente. Alla F un'altra, nel
tentativo di diversificarsi, si lascia andare a un "eccomi" di
scarso valore. È ripresa al volo dalla Giacci che la prende in gi-
ro di fronte alla classe. La Catinelli come al solito dimostra di
gradire il sottile umorismo della professoressa. Così sottile che
alla maggior parte di loro sfugge.
"Gervasi?"
"È assente" risponde qualcuno dal fondo della classe. La
Giacci mette una "a" vicino al nome di Babi sul registro. Poi
alza lentamente lo sguardo.
"Lombardi."
"Sì, professoressa?" Pallina scatta in piedi.
"Come mai Gervasi non è venuta oggi?" Pallina è legger-
mente nervosa.
"Ma non so. Ieri sera l'ho sentita al telefono, mi ha detto
che si sentiva poco bene. Forse stamattina è peggiorata e ha
deciso di non venire." La Giacci la guarda. Pallina alza le spal-
le. La Giacci stringe gli occhi. Diventano due fessure impene-
trabili. Pallina sente un brivido correrle lungo la schiena.
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