bia gli occhi le si riempiono di lacrime. Cavoli, come ha fatto
a cascarci? Sette in una versione di greco, è impossibile. Do-
veva capirlo subito che c'era sotto qualcosa. Sente un bisbiglio
a destra. Si gira. È Babi. Pallina cerca di sorridere con scarso
risultato. Poi tira su col naso. Babi le mostra un fazzoletto. Pal-
lina annuisce. Babi lo annoda e glielo lancia. Pallina lo pren-
de al volo. Babi si sporge verso di lei.
"Piagnona! Dovresti fare la camomilla. Dopo, tutto il resto
ti sembra una cretinata."
Pallina scoppia a ridere di gusto. La Giacci la guarda infa-
stidita. Pallina alza la mano per scusarsi, poi si soffia il naso e
approfittando del fazzoletto davanti al viso alza il medio. Qual-
che ragazza intorno a lei se ne accorge e ride divertita.
La Giacci sbatte il pugno sulla cattedra.
"Silenzio! Ora interrogo."
Apre il registro.
"Salvetti e Ricci."
Le due ragazze vanno alla cattedra, consegnano i quader-
ni e aspettano al muro pronte a essere fucilate di domande. La
Giacci guarda di nuovo il registro. "Servanti." Francesca Ser-
vanti si alza dal banco sbalordita. Quel giorno non toccava pro-
prio a lei. Doveva interrogare Salvetti, Ricci e Festa. Lo sape-
vano tutte. Va in silenzio alla cattedra e consegna il quaderno
cercando di nascondere la sua disperazione. In realtà è abba-
stanza evidente. È del tutto impreparata. La Giacci raccoglie i
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quaderni, li mette uno sull'altro pareggiandone i bordi con tut-
te e due le mani.
"Bene, con voi finisco il giro di interrogazioni, poi spero di
mettere da parte greco. Studieremo di più latino. Be', ve lo vo-
glio dire. Quasi sicuramente sarà questa la materia che uscirà... "
Bella scoperta, pensa la maggior parte della classe dentro
di sé. Solo una ragazza ha un altro pensiero. Silvia Festa. Co-
me mai la Giacci non l'ha chiamata? Perché non è stata inter-
rogata lei, al posto della Servanti, come sarebbe stato giusto?
Forse la Giacci sta progettando qualcosa per lei? Eppure la sua
situazione non è delle migliori. Ha già due cinque e non è pro-
prio il caso di peggiorarla. D'altronde la professoressa non può
mica essersi sbagliata. La Giacci non sbaglia mai. Questa è una
delle regole d'oro della Falconieri.
Silvia Festa ha bisogno della sua terza interrogazione, che
oltretutto le spetta. Richiama senza farsi vedere l'attenzione di
Babi.
"Mi dispiace, non so che dirti. Anche per me dovevi essere
interrogata tu."
"Che vuoi dire? Che si è sbagliata la Giacci?"
"Forse. Ma sai com'è fatta. Meglio non dirglielo."
"Sì, ma senza dirglielo non mi ammettono agli esami."
Babi allarga le braccia. "Non so che fare..." Le dispiace sul
serio. Comincia l'interrogazione. Silvia si agita nervosa al suo
banco. Non sa come comportarsi. Alla fine decide di interve-
nire. Alza la mano. La Giacci la vede.
"Sì Festa, che c'è?"
"Mi scusi professoressa. Non voglio disturbarla. Ma credo
che a me manchi la terza interrogazione." Festa sorride cer-
cando di far passare inosservato il fatto che così la sta accu-
sando di aver sbagliato. La Giacci sbuffa.
"Vediamo subito." Prende due quaderni per aiutarsi nella
ricerca. Sembra quasi che giochi a battaglia navale. Ma sul re-
gistro.
"Festa... Festa... Eccola qua: interrogata il diciotto marzo,
e naturalmente è un meno. Soddisfatta? Anzi," controlla gli al-
tri voti, "non so se verrai ammessa agli esami."
Un flebile "grazie" esce dalla bocca di Silvia. Praticamen-
te è stata affondata. La Giacci con aria di sufficienza rico-
mincia a interrogare. Babi ricontrolla il diario. Diciotto mar-
zo. Infatti proprio la data in cui è stata interrogata Servanti.
Non ci sono dubbi. La Giacci deve essersi sbagliata. Ma come
può provarlo? È la sua parola contro quella della professo-
ressa. Come a dire un'altra nota. Povera Festa, è proprio sfi-
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gata. Così finisce sul serio che si gioca l'anno. Apre i fogli del-
le altre materie. Diciotto marzo. È un giovedì. Controlla an-
che le altre lezioni. Che strano però, quel giorno Festa non è
stata interrogata in nessuna materia. Forse è solo un caso, o
forse no. Si sporge dal banco.
"Silvia."
"Che c'è?" Festa ha l'aria distrutta. Non ha tutti i torti, po-
veraccia. < ?-' -A -- < , *
"Mi passi il tuo diario?" '">'- ' 'X"> i->'I 'ib-xMtviq
"Perché?" * '>«^\ . »4»,«^ ,t jt;f,.(r j, .«i
"Devo vedere una cosa." «->* ' * .o.t'sv/'Kv »iu/
"Che cosa?" sfitti ^jìjr"Mii*!<>b
"Dopo te lo dico... Passamelo, dai."
Per un attimo una flebile luce di speranza si riaccende ne-
gli occhi di Silvia. Le passa il diario. Babi l'apre. Va alle ulti-
me pagine. Silvia la guarda speranzosa. Babi sorride. Si gira
verso di lei e le restituisce il diario. "Sei fortunata!" Silvia ab-
bozza un sorriso. Non ne è poi così sicura.
Improvvisamente Babi alza la mano. <*
"Scusi professoressa..."
La Giacci si gira verso di lei. -*
"Cosa c'è Gervasi? Anche tu non sei stata interrogata? Og-
gi siete proprio noiose, eh ragazze...! Forza, che c'è?"
Babi si alza. Rimane per un attimo in silenzio. Gli occhi
della classe sono puntati su di lei. Soprattutto quelli di Silvia.
Babi guarda Pallina. Anche lei, come le altre, aspetta curiosa.
Le sorride. In fondo è giusto farlo. La Giacci ha messo appo-
sta il compito di Pallina fra quelli con il sette.
"Le volevo dire, professoressa, che lei ha sbagliato."
Un mormorio generale inonda la classe. Le ragazze sem-
brano impazzite. Babi è tranquilla.
La Giacci diventa rossa di rabbia, poi si controlla.
"Silenzio! Ah sì Gervasi, e in cosa?"
"Lei il diciotto marzo non può aver interrogato Silvia
Festa."
"Come no, è scritto qua, sul mio registro. Lo vuole vedere?
Eccolo qua, diciotto marzo, meno a Silvia Festa. Comincio a
pensare che a lei piacciano le note."
"Quel voto è di Francesca Servanti. Ha sbagliato a scrive-
re e l'ha messo a Festa."
La Giacci sembra esplodere di rabbia.
"Ah sì? Be', lo so che lei segna tutto sul suo diario. Ma è la
sua parola contro la mia. E se io dico che quel giorno ho in-
terrogato Festa vuoi dire che è così."
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"E invece io dico di no. Lei ha sbagliato. Il diciotto marzo
non può aver interrogato Silvia Festa."
"Ah sì? E perché?"
"Perché quel giorno Silvia Festa era assente."
La Giacci sbianca. Prende il registro generale e comincia
a sfogliarlo all'indietro, come impazzita. Venti, diciannove, di-
ciotto marzo. Controlla frenetica le assenze. Benucci, Marini
e poi eccola lì. La Giacci si accascia sulla sedia. Non crede ai
propri occhi. Festa. Quel cognome scritto dalla sua stessa ma-
no stampato a lettere di fuoco. La sua vergogna. Il suo errore.
Non serve altro. La Giacci guarda Babi. È distrutta. Babi si sie-
de lentamente. Tutte le compagne si girano a turno verso di lei.
Un bisbiglio generale sale piano piano nella classe.
"Brava, brava Babi, brava." Babi fa finta di non sentire. Ma
quel lento sussurrare arriva alle orecchie della Giacci, quelle
parole come terribili aghi di ghiaccio la colpiscono fredde, pun-
genti come il peso di quella sconfitta. La figuracela davanti al-
la classe. La sua classe. E poi quelle frasi che le escono così pe-
santi e faticose, il sottolineare l'errore.
"Servanti vada a posto. Venga Festa." Babi abbassa gli oc-
chi sul banco. Giustizia è fatta. Poi lentamente alza il viso.
Guarda Pallina. I loro sguardi si incrociano e mille parole vo-
lano silenziose fra quei banchi. Da oggi anche la Giacci può
sbagliare. La leggendaria regola d'oro si frantuma. Cade giù,
sgretolandosi in migliaia di pezzi come un fragile cristallo sfug-
gito dalle mani di un'inesperta e giovane cameriera. Ma Babi
non vede nessuna padrona sgridarla. Dovunque si giri, solo gli
occhi felici delle sue compagne, orgogliose e divertite del suo
coraggio. Poi guarda più lontano. E quello che vede le fa pau-
ra. La Giacci è lì che la fissa. Il suo sguardo, privo di espres-
sione, ha la durezza di una pietra grigia sulla quale è stata scol-
pita con fatica la parola odio. Per un attimo Babi rimpiange di
non aver avuto torto. ,
28.
<<-), -
Mezzogiorno. Step con una felpa e un paio di calzoncini
entra in cucina per fare colazione.
"Buongiorno Maria."
"Buongiorno." Maria smette subito di lavare i piatti. Sa che
a Step da fastidio quel rumore appena alzato. Step toglie dal
fuoco la caffettiera e il pentolino del latte e si siede a tavola
quando il campanello comincia a suonare. Sembra impazzito.
Step si porta la mano sulla fronte.
"Ma chi ca..."
Maria con dei piccoli passi veloci corre verso la porta.
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