la finestra. Guarda fuori. Quell'ultimo piano proprio di fronte

al suo. Pensa a sua madre. E in quel momento la odia, così co-

me l'ha tanto amata. Poi chiude gli occhi. Una lacrima scende

lungo la guancia. Non riesce a fermarla e soffre come non mai,

per sua madre, per ciò che non sta facendo, per quello che ha

fatto.

"Stefano, tieni, lo vuoi il caffè?" Step smette di guardare

fuori dalla finestra e si gira. Di nuovo nella stessa stanza. Ora.

Suo padre è lì tranquillo, con la tazzina in mano.

"Grazie papa." Lo beve veloce. "Ora devo proprio andare.

Ci sentiamo la prossima settimana."

"Va bene. Ci pensi alla storia dell'università?"

Step nell'ingresso si infila il giubbotto.

"Ci penserò."

"Telefona ogni tanto a tua madre. Ha detto che non ti sen-

te da tanto!"

107

"Ma papa, non c'ho mai tempo."

"Ma che ci vuole, solo una telefonata."

"Va bene, la chiamerò." Step esce di fretta. Il padre rima-

sto solo in salotto, si avvicina alla finestra e guarda fuori. Al-

l'ultimo piano in quell'attico di fronte al suo, le finestre sono

chiuse. Giovanni Ambrosini ha cambiato casa, così, da un gior-

no all'altro, proprio come ha cambiato la loro vita. Come può

avercela con suo figlio?

Step in ascensore si accende l'ultima sigaretta di Martinelli.

Si guarda allo specchio. È andata. Quei pranzi lo distruggono.

Arriva al pianoterra. Quando le porte d'acciaio si aprono, Step

che è sovrappensiero si prende un colpo.

La signora Mentarini, un'inquilina del palazzo con i capelli

malamente mesciati e il naso adunco, è lì davanti a lui.

"Ciao Stefano, come stai? È tanto tempo che non ti vedo."

E per fortuna, pensa Step. Un mostro così vederlo troppo

spesso fa male. Poi si ricorda di Steven Tyler e della fica be-

stiale che entra nel suo ascensore. A lui invece tocca la signo-

ra Mentarini. Ingiustizie del mondo. Si allontana senza salu-

tare. Nel cortile butta via la sigaretta. Fa una corsa veloce, bat-

te i piedi e buttando le mani a terra si tuffa in avanti. Non c'è

paragone. Il salto mortale lo fa molto meglio lui. D'altronde

Tyler ha cinquantacinque anni e lui solo diciannove. Chissà

cosa farà fra trent'anni. Una cosa è sicura: non il commercia-

lista.

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Pallina, con una tuta Adidas felpata bluette proprio come

l'elastico che le stringe il ciuffo, corre quasi rimbalzando sul-

le Nike chiare.

"Allora, non mi chiedi com'è andata?"

Babi, con una tuta scura bassa in vita con la scritta Danza

e una fascia rosa che le tiene i capelli, guarda l'amica.

"Com'è andata?"

"No, se me lo chiedi così, non te lo racconto."

"Allora non me lo raccontare."

Continuano a correre in silenzio, sempre allo stesso ritmo.

Poi Pallina non ce la fa più.

"Va bene, visto che ci tieni tanto, te lo dico lo stesso. Mi so-

no divertita da morire. Non sai dove mi ha portato."

"No, non lo so."

"E dai, non fare l'antipatica!" &

"Non condivido certe amicizie e basta."

"Ehi, ma ci sono uscita solo una volta, che sarà?"

"Può essere come vuoi, basta che sia l'ultima!"

Pallina rimane un attimo in silenzio. Un ragazzo dalla tu-

ta impeccabile le supera. Le guarda tutt'e due. Poi, anche se

sfinito, controlla un cronometro che ha in mano e per darsi to-

no aumenta l'andatura, sparendo lungo una stradina.

"Be', insomma, mi ha portato a mangiare in un posto fi-

chissimo. È vicino a via Cola di Rienzo, credo che sia via Cre-

scenzio, una traversa di quelle. Si chiama La Piramide."

Babi non mostra un interesse particolare.

Pallina continua a raccontare, un po' più affannata. "La co-

sa divertentissima è questa: in ogni tavolo c'è un telefono."

"Fino a qui non mi sembra molto interessante."

"Oh msomma, che noia che sei! Questi telefoni hanno un

numero che va, fai conto, da O a 20,"

"E tu come lo sai?" **? .... . . v,*, ,,

109

"C'è scritto sul menù."

"Ah, perché si mangia pure! Pensavo ti avesse portato alla

Telecom!"

"Senti, se vuoi che te lo racconto chiudi quella bocca da

srigata acida."

"Cosa?" Babi la guarda fìngendo stupore. "Sfìgata acida a

me? Ma se sono la più corteggiata della Falconieri! Hai visto

quello che è passato prima come mi guardava? Cosa credi, che

avesse gli occhi di fuori per te?"

"Certo!"

"Ma se si è accorto che eravamo in due è grasso che cola."

"Qui a colare è solo il mio sudore e non mi dona affatto.

Non potremmo sederci su quella panchina e chiacchierare nor-

malmente?"

"Non se ne parla proprio. Io corro. Devo perdere almeno

due chili. Se ti va di venire con me, bene, se no mi metto il

Sony. Tra l'altro c'è dentro l'ultimo ed degli U2."

"Sony? E da quando ce l'hai?"

"Da ieri!"

Babi si alza la felpa mostrando il walkman MP3 della Sony,

legato in vita. Pallina non crede ai suoi occhi.

"Ma dai! Con ed e radio. Ma dove l'hai preso? Qui in Italia

non si trova."

"Me l'ha portato mia zia che è tornata ieri da Bangkok."

"Favoloso."

"Come vedi, ti ho pensato."

Babi mostra a Pallina due cuffie.

"Se mi pensavi veramente te ne facevi portare due."

"Parli sempre a sproposito! Io gliene avevo chiesti due. Ma

mia zia ha finito i soldi e ne ha preso uno soltanto. Che ti im-

porta! Tanto questo ha due cuffie e noi corriamo sempre in-

sieme."

Pallina sorride all'amica. "Hai ragione."

Babi la guarda seria. "Lo so! Ma vuoi finire o no questa sto-

ria del telefono che si mangia?"

Babi e Pallina si guardano, poi scoppiano a ridere. Due ra-

gazzi le incrociano. Vedendole così allegre le salutano speran-

zosi. Il loro coraggio però non è premiato. Pallina riprende il

racconto.

"Allora, ogni telefono corrisponde a un numero, ma nes-

suno sa a quale. Quindi tu componi un numero da O a 20 ti ri-

sponde un altro tavolo ma tu non sai qual è. Per esempio, tu

fai il 18 e ti risponde uno che magari sta nell'altra stanza. Puoi

parlarci, raccontare barzellette, descriverti inventando di es-

110

sere molto più bella di quello che sei o, come nel mio caso,

molto meno. Chiaro no?"

Babi guarda l'amica alzando il sopracciglio.

Pallina fa finta di non farci caso. "Se sei sola o con delle

amiche puoi prendere appuntamenti, fare la cretina. Capito?

Forte, no?"

Babi sorride.

"Sì, mi sembra molto divertente. È proprio carino." Palli-

na cambia espressione.

"Certo non quando ti chiama un maleducato..."

"Perché, che è successo?"

"Be', a un certo punto arriva la pasta. Avevamo preso tutti

e due penne all'arrabbiata. Non sai come erano forti, un piz-

zicore... Scottavano, poi. Ci soffiavo sopra per farle freddare e

intanto chiacchieravo con Pollo. Poi squilla il telefono. Pollo

fa per rispondere, ma io sono molto più veloce di lui, prendo

la cornetta e faccio: "Qui la segretaria del dottor Pollo. Sem-

pre molto simpatica io". Pallina fa una smorfia. Babi sorride.

La storia inizia a interessarle.

"Be'? Continua!"

"Insomma, questo cafone dall'altra parte del telefono non

sai che mi dice."

"Che ti dice?"

"Mi ha detto: 'Sei la segretaria del dottor Pollo. Be', te lo

faccio senti' su fino al collo'."

"Carino, molto inglese."

"Sì, molto boro. Io prendo e gli sbatto il telefono in faccia

e sicuramente sarò diventata rossa. Allora Pollo mi ha chiesto

cosa mi avevano detto al telefono, ma io non gli ho risposto.

Mi scocciava. Mi vergognavo. Allora sai lui che ha fatto? Mi ha

preso per il braccio e mi ha portato in giro per il locale. Così

ha pensato che quel boro vedendomi avrebbe avuto qualche

reazione..."

"Sì, va bene, ma quello che ne sapeva che eri tu la ragazza

che aveva risposto al telefono?"

"Lo sapeva, lo sapeva..." i

"E perché lo sapeva?"

"Perché ero l'unica ragazza del ristorante."

Babi scuote la testa.

"Bel posto dove andare a mangiare. L'unica ragazza con

tutti quei maniaci che ti telefonano per dire porcate... Be', al-

lora come continua?"

"Continua che uno vedendomi scoppia a ridere. Pollo lo

prende, gli sbatte la faccia nel piatto e gli versa la birra in testa!"

ili

"Ben gli sta, così impara a dire certe cose!"

"Be', magari la lezione non l'ha capita tanto." ** - »

"Perché?"

"Perché quando Pollo è andato a pagare..."

"Eh certo... con i soldi tuoi..."

"Uffa... Un tipo basso mi si avvicina e mi dice: 'Oh, che fai,

te ne vai? Mica ti sarai offesa eh? Io stavo scherzando, eh...'. Il

boro era quest'altro. Capisci, quel poveraccio di prima non c'en-

trava niente..."

"Glielo hai detto a Pollo?"

"Scherzi? Così menava pure quell'altro?"