«Da quanti anni stai con Davide?»
«Da due. Però sono innamorata di te da almeno cinque anni.»
«Una donna ama sempre sentirsi innamorata. A volte anche se non ricambiata. Anzi, meglio se non lo è.»
«Perché?»
«Le permette di essere più troia.»
Sara gli rise in faccia divertita. «Non mi ferisci, Tancredi. Mi piacevi da quando stavi con quella ragazza bellissima al liceo. Come si chiamava?»
«Non me lo ricordo.»
«Non ti credo, comunque te lo dico io, Olimpia. La odiavo e la invidiavo, e non perché fosse bella, perché sono presuntuosa e ho sempre pensato di poter compe-tere con chiunque. Ma perché aveva te.»
«Non mi aveva. Ci scopavo e basta.»
«Nessuna ti ha mai avuto?»
Tancredi rimase in silenzio. Si avvicinò al bordo, si versò un po’ di champagne e lo bevve a piccoli sorsi, poi le sorrise.
«Sei venuta per intervistarmi? Sai che c’è una ragazza in una tv olandese che presenta il meteo nuda? Non ti sei inventata nulla di nuovo.»
Sara si versò un po’ di champagne e poi gli si sedette accanto. Lo sorseggiò più tranquilla.
«Quindi la risposta è no. Nessuna ti ha mai avuto.
Non sei mai stato innamorato. Tutte quelle bellissime donne te le sei solo scopate. E allora perché non con me questa sera? Io ti amo esattamente come ti avranno amato loro, se non di più. Guarda, credo addirittura di essermi messa con Davide solo per vederti più spesso.»
Sara finì di bere lo champagne, poi gli si avvicinò e provò a baciarlo. Tancredi rimase immobile, con le labbra serrate, le braccia aperte sul bordo della piscina.
Piano piano Sara si indebolì, vennero meno la sua irruenza, la sua voglia. Smise di baciarlo. In silenzio si staccò, poi abbassò la testa e quasi sottovoce gli sussurrò: «Cosa ho di diverso dalle altre?».
Questa volta Tancredi rispose: «Niente. Solo Davide».
Sara lo fissò un’ultima volta, poi uscì dall’acqua.
Camminò nuda senza girarsi. Tancredi la guardò andar via senza alcun rimpianto, poi iniziò a nuotare. Arrivato alla fine della vasca, fece una virata e con una capriola ripartì. A metà sentì sbattere una porta ma continuò a nuotare come se nulla fosse.
Il giorno dopo, alle dieci di mattina, Gregorio aveva già scoperto chi era stato a far entrare Sara. Non solo, ma perquisendo la sua camera, aveva trovato altri piccoli dettagli non trascurabili. Era vero. Arianna amava le donne. Il lord inglese che compariva di quando in quando in qualche weekend esisteva sì, ma era solo una copertura.
«Pensavo fosse un’amica che avrebbe visto con piacere.»
«Tancredi non ha amici.»
«Sì, ha ragione ma…»
«Quando riprendo una persona l’unica possibilità che rimanga è che io abbia torto. Lei lo può dimostrare?»
Arianna rimase in silenzio. Poi si girò, andò in camera sua e iniziò a fare la valigia. Lasciò la villa alle undici e un quarto.
A mezzogiorno Gregorio aveva già trovato una nuova personal stylist. Ludovica Biamonti, cinquantacinque anni, sposata e madre di due figli che vivevano all’estero.
Tutti elementi che naturalmente Gregorio aveva controllato con grande facilità.
All’ora di pranzo Ludovica Biamonti aveva già in mano la mailing list delle persone che contavano per Tancredi, la lista di quelle che andavano assolutamente evitate e l’elenco di tutte le sue proprietà, in Italia e all’estero. Era felice di quel lavoro e lo stipendio le sembrava da capogiro.
Nel secondo pomeriggio Ludovica Biamonti si accorse che le ci sarebbero voluti almeno due giorni per capire in cosa consistesse veramente la ricchezza di Tancredi Ferri Mariani. Aveva poco più di vent’anni, quando il nonno gli aveva lasciato un patrimonio di circa cento milioni di euro, e da allora il suo denaro non aveva fatto altro che aumentare. Investimenti, nuove aziende in ogni parte del mondo che commerciavano in legno, in petrolio, in oro, diamanti e materie prime, tutti prodotti pregiati il cui valore in qualche modo poteva crescere sul mercato. Aveva costruito una serie di società con persone scelte e fidate e le aveva organizzate attraverso strutture a forma piramidale dove ognuno doveva controllare quello che faceva chi gli stava accanto. Erano passati più di dodici anni e, oltre ad aver comprato doz-zine di proprietà in ogni angolo della Terra, Tancredi aveva acquistato ogni tipo di mezzo di trasporto, dal jet alla semplice Harley-Davidson. Quando Ludovica Biamonti ormai a notte fonda chiuse l’ultimo file e spense il computer, ebbe solo un rimpianto. Avrebbe potuto chiedere molto, ma molto di più.
Sara uscì dalla doccia e si infilò l’accappatoio. Si mise un asciugamano in testa, si piegò di fronte allo specchio del bagno e cominciò a frizionarsi i capelli. Quanti anni erano passati da quella sera in piscina? Due. No, tre.
Eppure sembrava ieri, un attimo, un secondo fa. Una sensazione forte, calda la prese alla pancia. L’ombra del desiderio. Aveva sempre tenuto nascosto tutto a Tancredi, fino a quella sera. Poi non ce l’aveva fatta più.
Aveva svelato e raccontato ogni cosa, si era messa nuda davanti a lui, e non solo con quell’accappatoio caduto per terra, no, anche con il cuore e con l’anima. Avrebbe voluto essere presa quella notte, consumata, amata. Sua.
Semplicemente sua. Perdutamente sua. Avrebbe voluto morire tra le sue braccia, spegnere così per sempre quella cotta nata per gioco al liceo, cresciuta con desiderio negli anni, attecchita infine nel suo cuore come insana, rabbiosa passione. Lui. Voleva lui e nessun altro e, invece, a quanto pareva, era l’unica che lui non avrebbe mai preso. Per colpa di Davide. Davide che alla fine aveva sposato l’anno dopo, apposta per fare rabbia a Tancredi, per fargli dispetto, per smuoverlo in qualche modo.
Tancredi e quel suo atteggiamento distaccato, freddo, superiore.
Aveva fatto del suo matrimonio l’evento dell’anno.
Si era finta innamorata, aveva curato anche il più piccolo dettaglio, dalla scelta delle preziose fedi di platino ai sofisticati piatti del menu, dalle bomboniere in leggero cristallo di Murano con all’interno veri petali di rosa all’affitto di Villa Sassi sulla collina torinese. E poi un’orchestra di sessanta elementi, il cantante che andava per la maggiore in quel periodo, una scelta di pezzi musicali che spaziavano dalla classica al jazz, degli anni Settanta e Ottanta fino ai successi più recenti.
Aveva fatto spendere a suo padre, un uomo molto ricco, proprietario di un’azienda che produceva tondini di ferro per tutto il mondo, fino all’ultimo euro disponibile.
Ma non perché Davide fosse felice e sorpreso, no.
Perché Tancredi sapesse. Sara era così. Pensava che alla fine, come nelle migliori favole o nei film, proprio mentre stava arrivando all’altare, Tancredi sarebbe entrato di corsa in chiesa. Si sarebbe scusato per quella notte, per quell’errore fatto in piscina, per non aver capito il suo amore di sempre, per aver rifiutato il suo corpo. E
così, davanti a tutti, anche davanti al suo amico Davide, senza pudore, perché l’amore non conosce pudore, l’avrebbe presa in braccio e portata via, fuggendo tra gli invitati sbigottiti ma a modo loro entusiasti di quella nuova favola moderna, di quell’amore a sorpresa, di una passione esplosa improvvisamente.
E invece no. Quando era arrivata con il suo magnifico abito da sposa, accompagnata da suo padre all’altare, aveva trovato lì Tancredi. Aveva incrociato il suo sguardo da lontano mentre camminava su quel tappeto con ai bordi quegli splendidi fiori. Lui le sorrideva, in piedi davanti all’ultima panca, vicino al padre di Davide.
Prima del matrimonio Tancredi aveva detto che forse non sarebbe potuto essere presente. Qualche giorno dopo invece, Sara questo però lo seppe soltanto più tardi, aveva richiamato Davide assicurando la sua presenza, ma non solo, dicendo anche che sarebbe stato felice di fare il testimone.
«Sei sicuro?»
«Ma certo, se ti fa ancora piacere e non l’hai già promesso a qualcun altro. Solo una cosa, però. Vorrei che fosse una sorpresa per tutti, anche per Sara.»
«Anche per lei, e perché?»
«Vuoi che ci sia? Fa’ che non si sappia.»
«Te lo prometto. Ti do la mia parola.»
E Davide l’aveva mantenuta. E così Sara si era trovata a vivere quello che sarebbe dovuto essere il giorno più bello come il suo peggiore incubo. Quando pronunciò il suo sì, il sogno della sua vita era alle sue spalle e, ormai ne era sicura, lo aveva perso per sempre. E
quando uscì dalla chiesa le sembrò di vederlo sorridere.
«Amore?»
Sara smise di asciugarsi i capelli. «Sì?»
«Non mi ricordo più, è sabato che facciamo una cena qui da noi?»
«Sì.»
«Chi viene?»
«I Saletti, i Madia e Augusto e Sabrina…»
«Che dici allora, posso chiamare anche Tancredi con una sua amica?»
Sara rimase per un secondo in silenzio. «Certo… Tanto sicuramente non potrà. Hai fatto caso che non ci frequenta mai insieme? Frequenta solo te.»
Davide ci pensò un attimo. «Non è vero, l’altra volta a casa di Ranesi siamo stati tutti insieme.»
«Grazie, siamo arrivati lì e non ci siamo più visti, c’erano circa duecento persone!»
«Per me è una tua fissazione. Comunque se non ti dispiace provo a chiamarlo.»
«Certo, figurati, anzi mi fa piacere. Ma vedrai che ti dirà di no. Si inventerà una scusa per non venire.»
Davide non le diede retta. Prese il telefonino e compose il numero privato di Tancredi. Era l’unico ad averlo, oltre a Gregorio naturalmente, e già quello era un incredibile segno di stima e di amicizia.
«Ehilà.» Rispose al primo squillo.
«Che combini, Davide? Quale affare per te e fregatura per me mi vuoi proporre?»
"L’uomo che non voleva amare" отзывы
Отзывы читателей о книге "L’uomo che non voleva amare". Читайте комментарии и мнения людей о произведении.
Понравилась книга? Поделитесь впечатлениями - оставьте Ваш отзыв и расскажите о книге "L’uomo che non voleva amare" друзьям в соцсетях.