Sara prese lo shampoo e se lo passò lentamente tra i capelli. Poi li sciacquò, e cominciò a pettinarsi. «Cosa?

Non ti sento…»

«Ok, non fa niente! Non era importante.» Davide al-zò la voce cercando di farsi sentire. «Torno in salotto.»

«Va bene!»

Non era vero. Sara aveva sentito benissimo. Ma non era vero quasi nulla di quello che lei gli aveva sempre detto su Tancredi.


«Chi ti ha fatto entrare?»

«Ho i miei sistemi…»

Sara sorrise allusiva e maliziosa. Tancredi continuò a nuotare, fece qualche bracciata nella grande piscina coperta, poi si fermò dove c’era la Jacuzzi e l’azionò.

Poggiato sul bordo c’era una bottiglia di Cristal, con un solo bicchiere di champagne.

«Ne vuoi un po’?»

«Sai che l’altro ieri è stato il mio compleanno?»

Tancredi sorrise. «Auguri in ritardo.»

«Per me lo sapevi e non me li hai fatti apposta.»

«Me ne sono dimenticato sul serio, scusami.»

Sara piegò la testa di lato per guardarlo meglio, per capire in qualche modo se mentiva.

«Sai che a psicologia mi hanno insegnato a scoprire se una persona ti sta dicendo bugie?»

«Ah sì, e come?»

«Basta osservare il linguaggio del corpo, gli occhi che guardano altrove, le mani che giocano, lo spostarsi su una sedia, il muoversi di una gamba.»

«Ma io sono in piscina!»

«Il parlare troppo o in maniera aggressiva…»

«Quindi?»

«Hai mentito. Sapevi che era il mio compleanno e non mi hai fatto apposta gli auguri. Però forse lo hai fatto per attirarmi in questa piscina?»

«Sara, se fossi così intelligente sarei un uomo diverso.»


«Che vuoi dire?»

«Niente. A volte dico delle cose senza senso.»

«Non è vero, dietro ogni frase c’è sempre un perché.»

«Anche questo ti hanno insegnato a psicologia?»

«Vedi? Mi prendi in giro. C’è un costume per me?»

«Sì, nello spogliatoio.»

Sara si incamminò verso quella porta che Tancredi le aveva indicato in fondo alla piscina. Prima di entrare si girò, lo guardò un’ultima volta e fece un sorriso. Da bambina, forse da monella. Da una che sta pensando di combinare qualcosa o che comunque lo vuole far credere. Poi si chiuse alle spalle la porta dello spogliatoio.

Tancredi uscì dall’acqua, si avvicinò al vecchio mobile e tirò fuori un’altra flûte di cristallo. Ci versò del Cristal e poi lo rimise nel secchiello pieno di ghiaccio.

“Chi l’avrà fatta entrare?” Guardò fuori dalla grande vetrata: i vigneti lontani, alcuni campi illuminati intorno alla proprietà. Erano stati rasati di fresco e anche i cespugli di rose erano tutti perfettamente allineati.

Sullo sfondo due grandi querce tra le quali passava una stradina di pietre bianche che si perdeva dietro un basso colle. Lì c’era la casa dei custodi. Oltre a loro, nella villa lavoravano tre cameriere, il cuoco, l’autista e naturalmente Gregorio, il suo factotum da sempre. Doveva avere quasi sessant’anni ormai, eppure aveva un fisico scolpito e asciutto che non permetteva di dargli un’età esatta. Di una sola cosa era sicuro. Lui non poteva essere stato. Questa cosa lo aveva infastidito. Molto.

Tancredi voleva vivere nella completa solitudine. Deci-deva lui quand’era il momento di incontrare qualcuno, di vedere delle persone, di fare delle feste, di divertirsi o semplicemente di far finta.

Si versò un altro po’ di champagne e lo bevve d’un sorso. Poi riempì di nuovo il bicchiere, lo mise vicino all’altro sul bordo della Jacuzzi, infilò la bottiglia nel secchiello con il ghiaccio e lentamente si lasciò scivolare nell’acqua. Proprio in quel momento la porta dello spogliatoio si aprì e ne uscì Sara. Si era raccolta i capelli e sembrava più ragazzina. Si vedevano i suoi occhi viola e il suo viso, ora così scoperto, appariva più delicato, e in qualche modo più bello. Indossava un accappatoio soffice color indaco, le stava leggermente largo e la faceva sembrare ancora più piccola.

Chissà quale costume aveva scelto, fu il primo pensiero di Tancredi, un bikini o uno intero? Colore scuro, chiaro o fantasia? Ce n’erano di mille tipi e di ogni misura. Aveva fatto fare apposta un armadio con capi per uomo e donna, tutti rigorosamente nuovi con l’etichet-ta ancora attaccata. Li aveva fatti scegliere ad Arianna, la sua personal stylist che si occupava della ricercatezza ed esclusività di ogni dettaglio della sua vita, oltre alle cene e all’ospitalità, che dovevano naturalmente essere perfette.

Arianna era una donna di circa cinquantanni, elegan-tissima ma in maniera molto sobria, quasi austera, amava il suo lavoro e non desiderava apparire in pubblico. Lavorava, come diceva lei, dietro le quinte. Solo un grande lavoro permette un ottimo risultato. Era fidanzata con un ricchissimo uomo inglese che vedeva ogni tanto nei pochi weekend liberi o durante le ferie estive. Tancredi però non credeva molto a quella storia. Credeva invece con più facilità al fatto che potesse amare le donne giovani. Aveva sempre commentato in maniera discreta ed elegante il modo di vestire delle sue conquiste. Ma lui si era accorto soprattutto di come ammirasse la loro bellezza. L’aveva scoperta più volte incantata a fissarle, forse anche con un pizzico di desiderio.

Sicuramente però non era stata lei ad aver fatto entrare quell’ospite inaspettata. Allora guardò di nuovo Sara. Era ferma sul bordo della piscina, vicino al muro.

Allungò la mano e, trovato l’interruttore, abbassò un po’ le luci. Tancredi si chiese come fosse fatta, se avesse (,


un seno grande o piccolo, e il suo sedere e le gambe? In realtà non l’aveva mai guardata con grande attenzione, non perché non fosse bella, anzi. Ma per un semplice, piccolo motivo. Era la ragazza del suo migliore amico.

Ma Sara non era della stessa idea. E in un attimo soddi-sfo tutte le curiosità di Tancredi. Lasciò cadere l’accappatoio per terra. Era nuda.

«Non ho trovato nessun costume adatto.»

Non che non gli piacesse o non gli andasse. “Nessun costume adatto.” Almeno aveva scelto come scusa quella frase particolare. Era rimasta lì ferma, con le gambe leggermente aperte, le braccia distese lungo i fianchi.

La luce fioca esaltava la perfezione del suo corpo, le gambe affusolate e lunghe, la vita stretta, quel seno a pera, naturale. Più giù, tra le gambe, quel pelo perfettamente curato, un triangolo ritagliato con misura. Tancredi si accorse di essere rimasto a fissare quel punto, allora sollevò lo sguardo. Questa volta Sara era diversa, molto più donna.

“Non c’è niente da fare, gli uomini sono tutti uguali”

pensò lei. Aprì le gambe in modo ancora più provocante, si tolse il fermacapelli e lo buttò per terra. Scosse la testa sciogliendo i capelli, poi sorrise e si tuffò. Trattenne il respiro e con una spinta nuotò sott’acqua, così da riemergere poco distante da lui.

Le luci delle lampade, ora più basse, scivolavano silenziose sull’acqua. L’eco della piscina coperta era l’unico rumore insieme ai loro respiri. E al loro silenzio. Sara mise di nuovo la testa sott’acqua e uscendo si portò tutti i capelli indietro.

«Allora?» Gli sorrise, forte della sua completa nudi-tà. «Non mi offri un po’ di champagne?»

Si avvicinò e poggiò il gomito sul bordo della piscina. Muoveva le gambe per essere più leggera, da sotto la luce si mescolava ai suoi movimenti. Tancredi fece qualche piccola bracciata all’indietro ed entrò all’interno della grande Jacuzzi, si allungò un po’ per prendere quella flûte di Cristal appena riempito ma non fece in tempo a girarsi che Sara era già accanto a lui. Sorrise muovendosi lentamente in quell’acqua bassa, poi gli si sedette accanto e prese il bicchiere.

«Grazie…» E lo buttò giù tutto d’un fiato. «Buonissimo. Mmm, gelato al punto giusto poi…»

Mentre parlava, fece scivolare le gambe verso di lui e piano piano gli si accostò. «Me ne dai un altro per favore?»

Tancredi si girò e versò un altro po’ di champagne.

Poi sentì le mani di Sara che lo abbracciavano da dietro.

«Hai degli addominali perfetti…» Si muovevano lente, le sue dita scivolavano sui gradini scolpiti dell’addome di Tancredi che si voltò e le passò il bicchiere di nuovo pieno. «Grazie… Ci sono cose così buone, alle quali è impossibile resistere.»

Un sorriso lungo, più lungo di prima, poi dei lenti sorsi dal bicchiere così da nascondere ogni tanto i suoi occhi. Piano piano con la mano destra Sara continuava a scorrere sulla pancia, andava giù, sempre più giù. E

lo fissava. Poi arrivò al costume. Iniziò a giocare con il fiocchetto centrale, lo tirò con delicatezza, scioglien-dolo. Le dita giocavano con il bordo, lentamente lo aprirono un po’. Per primo l’indice e poi il medio, si infilarono nel costume.

Allora Tancredi la fissò con aria di sfida.

«Dov’è Davide stasera?»

Sara si fermò, poi ritrasse la mano, diede un lungo sorso, finì tutto lo champagne e posò il bicchiere sul bordo della piscina. Poi piegò la testa di lato.

«Il tuo amico credo che avesse l’ennesima riunione a Milano sia oggi pomeriggio che domani. Nuove costru-zioni, nuovi affari e quindi nuovi impegni.»

Poi lo guardò maliziosa.

«Questo però vuol dire una cosa, che posso anche restare da te.» E si alzò un po’ dall’acqua, mostrando il seno. Avanzò verso di lui guardandolo negli occhi. Il suo seno era pieno, sodo, i capezzoli turgidi, induriti dall’acqua, ma anche dalla sua improvvisa eccitazione. Si mise a quattro zampe e piano piano si avvicinò sempre di più a Tancredi, facendo scorrere le gambe di lui sotto il proprio corpo. Arrivata vicinissima al suo viso, si diede una spinta per immergersi e piano piano gli abbassò il costume. Ma improvvisamente le braccia forti di Tancredi la fermarono, costringendola a riemergere. Poi le si sfilò da sotto. Ora era dall’altra parte della vasca.