"Più?"

''Più."

"Giura!"

"Giuro."

"Non ci credo."

"E che cavolo. Ma pensi che ti dico le bugie? Allora l'ho

sentita."


"No, no, va bene, ci credo. Io invece l'ho incontrata."

Poi fa una pausa. Lunga. Troppo lunga. Non dice niente. Lo fa

apposta. Mi guarda e sorride. Vuole che io dica qualcosa. Aspetta

ancora, troppo. Ma perché? Che palle. Che stronza. Non resisto.

"Allora dai, Pallina, forza. Sputa. Racconta."

"Sempre molto carina ma..."

"Ma?"

"Diversa. Non so come dire. Ecco, è cambiata."

"Be', su questo non avevo dubbi, tutti siamo cambiati."

"Sì, lo so... Ma lei... Lei è cambiata in un modo... Che ne so,

ecco,

in un modo diverso."

"Ma l'hai già detto! Ma che vuol dire 'sto modo diverso?"

"Senti, non lo so. È diversa e basta. È così, non so come dirlo.

O lo capisci o la devi vedere per capirlo. "

E grazie.

Poi non so come ma faccio la domanda. Mi viene normale. L'ho

pensata ma non volevo dirla. Eppure mi sfugge, mi esce così, senza

volerlo, che quasi non la dico io.

"Ma... era da sola?"

"Sì. E sai dove stava andando? A fare shopping."

Mi viene da ridere. La ricordo, la immagino e improvvisamente

la vedo. Babi. "Tu aspetta qui. Non ti muovere Step, non mi

sparire

come al solito. No, sul serio, non te ne andare che poi voglio il

tuo consiglio..." Mi lascia davanti alla vetrina. Entra, guarda,

sceglie,

poi mi chiama. "Guarda, ho deciso, prendo questo. Ti piace?"

Ma non mi dà il tempo di rispondere. Ci ripensa, cambia il

modello.


Ne prova un altro, le sta bene. Ora sembra di nuovo decisa. Fa

una specie di sfilata, poi mi guarda: "Allora?... Eh, che ne

dici?".

"Mi sembra che ti stia benissimo."

Si riguarda allo specchio. Ma trova qualcosa che non va, che

solo lei sa.

"Mi scusi ma voglio pensarci ancora un po' su."

Allora esce dal negozio e mi abbraccia.

"No, no, ho deciso di no. Viene troppo."

E si sente felice perché comunque ha deciso per il meglio. E alla

fine glielo regalavo io qualche giorno dopo. E lei rideva. Ed era

diventato un gioco. Un altro gioco. Babi, perché hai voluto

smettere

di giocare? Ma non faccio in tempo a trovare la risposta.

"Oh, ma lo sai che non sta più con quello?"

"No, non lo so. Come potrei saperlo poi? Te l'ho detto che non

l'ho più sentita. E che, c'ho gli informatori segreti?"

"Credo che non stia con nessuno." Lo dice apposta, sorridente,

pensa di farmi piacere. Non so cosa pensa o non lo voglio pensare:

"Be', Babi non mi interessa".

Fa la faccia incredula alla mia risposta. "Cosa?"

"Non mi interessa. Sul serio. D'altra parte qualcuno ha detto

che se ce la fai a New York, ce la puoi fare ovunque. E io credo

d'avercela

fatta."

"Ho capito. Non era qualcuno. Era Qualcosa è cambiato. Va

be', ti credo." Sorride e alza il sopracciglio. Mi bevo un altro

sorso

di birra.

"Guarda che non mi interessa veramente."

"Ma perché me lo ripeti, scusa."

Un telefonino comincia a squillare. Non è uno squillo normale.

Sembra una suoneria polifonica, ma bassa, distorta, brutta. Un

ragazzo seduto al tavolo vicino al nostro lo tira fuori dalla

tasca e

lo avvicina all'orecchio. Non è il suo. Continua a parlare con la

ragazza

seduta di fronte a lui, leggermente arrossito. Chissà quale

telefonata

poteva ricevere. La ragazza fa finta di niente. Il telefonino

continua a squillare. La suoneria insiste e diventa più alta. Un

uomo

grasso tira fuori un telefonino minuscolo dalla camicia e lo

guarda.

Non ci vede bene e se lo porta vicino all'orecchio. No, non è il

suo. Quasi lo butta sul tavolo. "Che palle 'sti telefonini."

"Io l'ho lasciato a casa," fa Pallina, "quindi non può essere il

mio. Qualche volta, quando non c'ho voglia, lo stacco, ma stasera

me lo sono proprio dimenticato." Lo squillo insiste.

"Guarda che mi sa che è il tuo." Finisco l'ultimo sorso di birra

che quasi mi va di traverso. Cazzo, è vero, non c'avevo pensato.

Lo tiro fuori dalla tasca. È lui. Ora suona più forte. La suoneria

deve

averla scelta Paolo. La gente mi guarda. Anche Pallina. Cerco

di giustificarmi. "Me l'ha regalato stasera Paolo." Pallina

annuisce.

"Pronto." E proprio il mio.

"Meno male, credevo fossi in discoteca. Ma non sentivi?" Una

bella voce di donna che alla fine si mette a ridere. "Ti starai

chiedendo

chi può avere il tuo telefonino. Tuo fratello mi ha spiegato

tutto.

Spero solo di essere stata io la prima a inaugurarlo. Sono Eva. "

Rimango per un attimo in silenzio. Eva? Ma certo... Eva, la

hostess. Eva che mi porta le birre, Eva che saltella su e giù per

l'aereo.

Eva la gnocca. Ecco quando serve un fratello. E un telefonino.

"Allora... Ci sei?"

"Come no."

"Hai capito chi sono o sei riuscito sul serio a dimenticarmi?"

"Come posso dimenticare..." Vorrei dire Eva la gnocca ma capisco

che non è il caso. "Eva. È che credevo che questo telefonino

non funzionasse. Non aveva ancora chiamato nessuno."

"Perché a quante hai già dato il tuo numero?"

Leggermente già gelosa. Rido: "A nessuna...".

"Dove sei?"

"Sono qui con una mia amica."

Silenzio dall'altra parte. "Qui dove?"

"Qui in giro..."

La cosa strana del telefonino è che sei dappertutto e da nessuna

parte.

"E com'è questa tua amica?"

"Una mia amica."

"La tua amica cosa dice che stai così a lungo al telefono?"

Pallina si guarda in giro e saluta degli amici che sono appena

entrati.

"Non dice. Te l'ho detto. E un'amica." La sento più sollevata.

"Senti, se ti va, ci incontriamo da qualche parte. Magari andiamo

a fare un giro."

"C'è un problema."

"La tua amica?"

"No, la mia moto. Sono in moto."

"Ah, allora sì che è un problema."

"Hai paura?"

"Non ho paura, dovrei averne?"

"No." Mi piace questa ragazza.

"Il problema è che non posso andarci. Ho il divieto

dell'assicurazione

di volo. "

Non so se crederle. Ma non è importante.

"E certo, se fai un volo in moto loro non pagano."

"Perché non vieni a trovarmi? Sono all'Hotel Villa Borghese."

Pallina mi guarda e fa un segno con la mano come a dire "Oh,

ma quanto dura 'sta telefonata?".

"E dopo usciamo in taxi? O non sei assicurata neanche per

quelli?"

Eva ride: "E dopo decidiamo".

Chiudo la telefonata.

"E meno male. Discussione con donna?"

"Sei diventata curiosa, eh?"

Mi alzo e prendo lo scontrino.

"Che fai, te ne vai?"

si, ma pago.

Pallina rimane un po' delusa: "Ci vediamo uno di questi giorni

o riparti subito?".

"No, resto."

"Dammi il numero, così ti rintraccio io."

"Non lo so a memoria."

Mi guarda con la sua faccia buffa. La piega da un lato. E mi

fissa.

È più carina, più donna. E le voglio bene. Ma non c'è niente da

fare. Non mi crede.

"Dai, allora ti faccio uno squillo io. Oppure telefona a casa, mi

trovi lì, sto da mio fratello, il numero è sempre lo stesso."

Si tranquillizza. Si alza e mi dà un bacio: "Ciao Step.

Bentornato".

E raggiunge gli amici.

Capitolo 8.

La moto si accende subito. La batteria si è ripresa senza

problemi.

Prima, seconda, terza. In un attimo sono sotto il cavalcavia

di corso Francia. Mi viene in mente una cosa e torno indietro. A

una come Eva forse può piacere. E soprattutto ne ho voglia io.

Cinque minuti dopo. Corso Francia, piazza Euclide, viale Parioli.

Una casba di ristoranti e macchine in doppia fila. Finti

posteggiatori

eleganti, probabili polacchi dall'italiano stentato. Una signora

più o meno negata tenta una manovra per posteggiare bene. Secondo

lei. In realtà ha bloccato un'intera curva. Ragazzi e ragazze

fuori dal Duke ostacolano il traffico. Svicolo veloce fra le

macchine,

evito un tentativo di curva a U e sono a piazza Ungheria. A

destra e poi dritto fino allo zoo. In fondo a sinistra e poi di

nuovo

a destra. Hotel Villa Borghese. Posteggio la moto e scendo con

la busta. "Buonasera." Cazzo, non ci avevo pensato. Non so il

cognome.

"Buonasera..." Ci riprovo. Chissà da dove può arrivarmi

l'ispirazione. Il portiere, un uomo sui sessant'anni dall'aria

pacioccona

e simpatica, decide di salvarmi.

"La signorina l'aspetta. Camera 202, secondo piano."

Vorrei chiedergli perché pensa che io vada proprio da lei. E se

volevo invece una stanza o qualcos'altro? Una semplice

informazione,

per esempio. Ma capisco che è meglio stare zitti. "Grazie."

Mi guarda andar via. Fa un mezzo sorriso, poi sospira. Fa su e giù