"Si può?" Ma Leonardo non aspetta risposta ed entra. "Ti ho portato un caffè e un cornetto! Per festeggiare con un po'"di dolcezza il tuo personale successo…" Non fa in tempo a finire la frase. Alex si alza dalla poltrona, prende la giacca, poi la borsa ed esce veloce dalla stanza.

"No… Scusami."

"Alex… Ma il tuo successo, una giornata come questa, ti vogliono parlare tutti…"

Alex entra nell'ascensore. Non gli risponde, spinge il tasto T. Le porte si chiudono davanti a lui. Leonardo dice ancora qualcosa ma Alex non lo vede, non lo sente. Per lui contano solo le parole di quel messaggio.

"Alex vorrei parlarti. Sono a Villa Glory. Ti va di passare?" E poi la sua risposta semplicissima. "Sì."


Centotrentaquattro


Un vento leggero muove le foglie dei grandi alberi. Altre, cadute, fanno di quel grande prato verde un tappeto variegato. Alcuni arrancano su per la salita verso la croce ai caduti. Altri, più sfaticati, corrono lungo il grande anello che circonda le giostre e alcune strutture architettoniche messe lì da chissà quale fantasioso scultore.

Alex cammina spedito. Da quando è uscito dall'ufficio non ha fatto altro che ripensare a quel messaggio. "Ti va di passare?" Come se fosse una cosa normale, come se tra loro non fosse accaduto assolutamente nulla, come se si fosse trattato di una breve vacanza di uno dei due, di un lavoro all'estero… Eppure l'aveva chiamata qualche volta e le aveva anche mandato diversi messaggi dove aveva espresso la voglia di vederla, di capire, di parlare, chiarire, scambiare quattro chiacchiere, poter guardare i suoi occhi. Poter affrontare quello sguardo. Alex era sicuro che così avrebbe capito. Gli sarebbe bastato un silenzio, un tempo sufficientemente lungo per scoprire nei suoi occhi la verità. Se si fossero abbassati, se avessero cercato altrove, se fossero stati sfuggenti o nervosi, allora non avrebbe avuto dubbi. Era finita. E così cammina per quella strada in salita, lì dove si erano incontrati mille volte, dove avevano riso e scherzato, passeggiato mano nella mano, addirittura ogni tanto fatto footing insieme. Alex sorride. Aveva rallentato, quelle volte che correvano insieme, per averla sempre al suo fianco, per non lasciarla indietro, per sentirla soffiare ogni tanto come a darsi il ritmo. L'aveva aiutata, le aveva insegnato lo stret- ching, e come correre sulle punte, a fare una salita ripida correndo all'indietro per far lavorare al meglio i muscoli del sedere, tanto cari alle donne e, per altri versi, anche agli uomini. E ora? Alex cammina con il fiato corto, il nervosismo addosso, un sorriso tirato. Ora anche questa villa è cambiata. Sembra quasi appartenere a un altro tempo. A un momento diverso di tutta la mia vita. A qualcosa che è come accaduto anni e anni or sono, che non è

più, che si è perso, lontano, nel tempo accudito gelosamente da uno strano e ormai ottuso ricordo, anche un po'"confuso. Alex arriva alla piazzetta e comincia a fare il giro del percorso. Si guarda a destra e a sinistra, nei campi che costeggiano la strada. Qui e là qualche persona passeggia con le mani in tasca, una sigaretta in bocca e il cane sciolto che corre qua e là dietro a chissà quale apparizione di animale. Qualche ragazzo supera Alex, forse impegnato a battere qualche record personale. Due ragazze gli passano vicino. Anche loro stanno facendo footing. La prima, dai capelli biondi, ha un seno grosso che traballa un po'"e rimbalza seguendo il suo passo e il suo ritmo, l'altra, più magra e più bassa, ha un seno più piccolo, i capelli scuri saltellano sulle spalle. Chiacchierano correndo, hanno un buon fiato e un buon ritmo e tutte e due superando Alex lo guardano per un attimo. Poi, quando sono un po'"più in là, la bionda dice qualcosa, la bruna si gira di nuovo a guardare Alex, poi annuisce e le risponde qualcosa. Tutte e due scoppiano a ridere e continuano così, allegre e sportive, sparendo dietro la curva. Ma come spesso accade a chi sta male per amore, tutto questo Alex non lo nota. Cerca lontano, tra gli alberi, lungo le piccole pianure, i brevi sprazzi di verde tra una struttura e l'altra, fino a quando la vede. Eccola. Cammina con un cappotto blu scuro, lungo, moderno, un po'"vintage, un cappotto militare. Dove lo aveva preso? Ah sì. Al Governo Vecchio, prima di piazza Navona, lì dove c'è quel piccolo rigattiere. L'avevamo preso insieme una sera che passeggiavamo da quelle parti. Niki aveva fatto impazzire il proprietario del negozio. Aveva provato tutto e di più e con ogni capo aveva improvvisato una specie di buffa sfilata per lui. Questo se lo ricorda come se fosse ieri. Era seduto su una vecchia poltrona in pelle ad ammirare la sua modella preferita, quella della pubblicità della sua vita. Amore motore. Quella che ogni giorno gli dava la forza di essere felice, di sorridere alla pioggia, di festeggiare il sole e ogni cosa che accadeva sulla terra. Amore motore… Chissà cosa dirà Niki quando vedrà usato lo slogan che è stato praticamente coniato dalla nostra storia… Alex taglia la strada e si dirige verso di lei. Niki cammina con le mani nelle tasche dei jeans, dando ogni tanto un calcio a qualcosa. Tiene la testa bassa, guarda per terra e a tratti la scuote come se non fosse d'accordo con qualcuno, come se stesse discutendo al telefono… Infatti, ora che è più vicino, Alex vede che ha un auricolare all'orecchio. Con chi starà parlando? E lo assale un'assurda gelosia. Cosa starà dicendo? Riderà? Userà parole d'amore, tenere, battute, tormentoni, frasi romantiche? Ed è così travolto da quest'improvvisa valanga di pensieri che vorrebbe fuggire, andarsene, scappare lontano. Poi guarda meglio e si accorge che ha un auricolare anche all'altro orecchio. Fiuuu. Fa come un sospiro di sollievo. Non sta parlando con nessuno. Sta ascoltando della musica. Ecco perché muoveva la testa, ballava, teneva il ritmo. E adesso è come se Niki avesse avvertito la sua presenza anche senza vederlo. Allora alza il viso. E Niki ha uno sguardo così delicato. Degli occhi che Alex riconosce subito. Hanno pianto molto. Hanno sofferto. Sono stanchi, sfiniti, hanno bisogno di parlare. E si sente stringere lo stomaco. No, Niki… Ti prego, non mi dire nulla. Poi lei accenna un sorriso lieve, appannato, debole, e si leva gli auricolari.

"Ciao… Stavo ascoltando James Morrison. Come stai?"

Come sto? Pensa Alex. E come devo stare? Come un uomo finito, distrutto, senza una ragione di vita, senza un motivo… Ma decide di non farle vedere tutto questo, di renderle la vita più facile, di aiutarla a fare un passo, se mai vorrà farlo, di spingerla a parlare.

"Bene…" sorride Alex. "Ora sto bene. Meglio…" Qualcosa ha dovuto dire, non sarebbe stato credibile. L'avrebbe insospettita, non le avrebbe permesso di dire serenamente quello che pensa a un uomo maturo, non a un ragazzo fragile, martoriato, triturato, affettato dall'amore, dalla gelosia, dai dubbi, dalle insicurezze, dai film che uno si fa quando non sa, quando non ne può più, quando sfinito, messo da parte l'orgoglio, coprendo il numero telefona all'amata e trova il suo cellulare spento, alle ore in cui non lo dovrebbe essere e per troppo tempo. Ma Alex sorride e in un attimo è come se avesse cancellato tutti quei minuti, quei giorni, quelle settimane delle quali ormai ha perso il conto. Su, su, devo stare su, si sforza di ripetere dentro di sé. Stringi i denti. Ancora, forza, su, fai finta di niente, avanti, tutto di rabbia, di volontà, di resistenza. E allora la frase più dolorosa, più stupida e inutile, ma così necessaria per iniziare un discorso.

"Che mi racconti?"

Niki abbassa subito gli occhi e cerca la forza di dirgli tutto, di raccontare bene, senza tralasciare nulla. "Sai, credo che abbiamo fatto un passo troppo lungo… Forse non era ancora il momento, forse avevo bisogno di vivere ancora per un po'"la mia libertà…" E mentre parla se ne accorge da sola. Non sto dicendo tutto. In parte sto mentendo, non gli sto raccontando di lui. "E anche le tue sorelle, la scelta di tutte quelle cose…" E proprio in quel momento

i loro occhi si incrociano, segue un silenzio troppo lungo. E subito guardano altrove e poi si abbassano. Alex ha una stretta al cuore e in un attimo capisce. È come aveva immaginato. E vorrebbe scappare lontano, da solo, di nuovo in quel faro, in mezzo al mare, nel silenzio. Solo. Solo. E invece rimane lì. E continuano a parlare di tutto, di niente, a ipotizzare più libertà.

"Ma sì, non sposiamoci adesso, magari… un domani. O mai."

"Cosa?"

Niki è quasi sorpresa, spiazzata nel sentirlo parlare così. Ma di colpo se ne accorge. Alex è provato, teso, sfinito. È uno di quei momenti in cui per amore si farebbe tutto e di più, uno di quei momenti chiamati "a tappetino", che quando li hai vissuti non li dimentichi più e quando ti tornano in mente, in un futuro, lontano o vicino, ti fanno vergognare di esserti umiliato così tanto. Quei momenti non li hai confessati a nessuno, non ne hai parlato neanche con il migliore amico o amica. E quei momenti appartengono solo a te, e ricordandoli capisci quanto sei arrivato ad amare.

"So solo di non essere pronta." E non dice altro. Non vuole dire altro. Anche perché Niki non sa bene che dire. Dopo aver sentito Alex parlare, improvvisamente ha perso tutta la sua chiarezza. Era venuta per confessargli che stava uscendo con un ragazzo e invece non gli ha detto nulla. Nulla. Forse era importante parlarne perché avrebbe aiutato Alex a superare questo momento. E lei ad ammettere l'esistenza di un altro nella sua vita. Ma c'è davvero un altro nella sua vita? In realtà non è accaduto più niente proprio perché lei ancora non è sicura, perché è spaventata, perché sta male, perché piange spesso, perché vorrebbe essere tanto felice e invece non ci riesce. Non è giusto. Non è possibile. Perché proprio a me? Niki si dispera. E lì, in silenzio, a dibattersi nel suo dolore.