Simona lo riprende. "Roberto…"

"Bè, sì, che avete scelto, tu e le sorelle e tua madre, insomma voi donne, è sicuramente buonissimo ma anche costosissimo…"

Simona interviene di nuovo. "E dai, Robi…" ma lo fa ridendo.

Roberto allarga le braccia. "Ma non sto dicendo nulla di male. È matematica. Sarà un catering fantastico e viene circa cento euro a persona, che moltiplicato per cinquecento…" Inizia a battere sulla calcolatrice che tiene sul tavolo vicino ai fogli. "Ecco, non mi viene neanche il risultato, esce fuori dal display, cioè si spaventa anche la calcolatrice." Poi Roberto si gira verso Niki. "Insomma, stavamo pensando io e tua madre… ma quelli che fuggono e scappano a sposarsi a New York, a sorpresa? Non è molto più bello?! Noi facciamo finta di non sapere niente e ti regaliamo il viaggio di nozze più bello del mondo, anzi proprio il giro del mondo tutto incluso, più gli extralusso di ogni tipo!"

"Roberto!" Questa volta Simona si arrabbia sul serio. "Ma sei proprio un cafone! Ma come fai a pensare al denaro di fronte al matrimonio di tua figlia? Cioè, preferisci risparmiare piuttosto che vederla mentre si sposa? Dovresti pagare il doppio pur di non perderlo!"

Roberto cerca di minimizzare. "Ma certo, ma dai, stavo scherzando…" Poi rivolto a Niki. "Amore, non ti preoccupare. Spendi tutto quello che vuoi, non risparmiare su niente." Niki li guarda, prima uno poi l'altro. Si morde il labbro e non sa bene come iniziare. Forse in questi casi è meglio una battuta. In realtà non lo sa bene. Non si è mai trovata in un caso simile. Alla fine però pensa che quella è la soluzione migliore, così sorride e si butta.

"Mi sa che risparmieremo su tutto."

"Bene!" fa Roberto, che chiaramente non ha capito. Simona invece si fa subito seria, anche se sa che in momenti come questo non bisogna perdere il sorriso. "Cosa vuoi dire, Niki, tesoro?"

Niki guarda bene la mamma cercando di capire se è arrabbiata. "Voglio dire che per adesso non dovremo spendere tutti questi soldi perché… Bè, perché abbiamo deciso che per ora è meglio non sposarci."

A Roberto cade letteralmente la mascella. "Ah, certo…" come se fosse abituato a notizie e soprattutto a cambiamenti di questo genere. "Avete deciso che per il momento è meglio così…"

Niki annuisce. "Sì." Simona la studia, la controlla. Roberto invece guarda i fogli, da una parte pensa a tutti quegli invitati e ai soldi risparmiati, dall'altra agli acconti già dati e quindi ai soldi

persi. Ma fa finta di niente, cerca di non far pesare questi suoi pensieri sulla situazione già tesa. "D'altronde se avete deciso così…"

Poi Simona fa un lungo sospiro e decide di togliersi questa curiosità. Tanto lo sa benissimo che è impossibile che certi ripensamenti vengano nello stesso esatto momento a tutti e due, soprattutto quando si tratta di cose così importanti e così difficili da decidere. "Scusa, Niki, se te lo chiedo… Ma è stata proprio una decisione comune… cioè presa proprio insieme… O è stato uno di voi due che per primo ha tirato fuori questa possibilità?"

"Perché me lo chiedi?"

"Bè, diciamo per curiosità."

"E cosa sarebbe meglio per te mamma?"

Simona sorride. "Ho capito, Niki. Mi hai già dato la risposta. Se sei felice di questa tua decisione, ne siamo felici anche noi… Vero, Roberto?"

Roberto guarda Simona poi Niki e poi di nuovo sua moglie. "Sì sì, certo. Siamo felici."

Niki si alza, corre verso di lei e l'abbraccia. La stringe forte. "Grazie, mamma. Ti voglio bene." Poi dà un bacio veloce a Roberto e fugge in camera sua.

Roberto si tocca la guancia, è ancora un po'"scosso. "Ma non ho capito… cioè, alla fine la decisione di non sposarsi più praticamente l'ha presa Niki?"

Simona gioca con gli anelli tra le dita. "Sì."

"Eh, ma tu come hai fatto a capirlo?"

Simona lo guarda e sorride. "Perché mi ha fatto una domanda. Se quella decisione l'avesse presa lui, lei comunque non avrebbe avuto colpa… e quindi non avrebbe chiesto cosa preferivo, avrebbe risposto: lo ha deciso lui."

"Ah…" In realtà Roberto non è proprio sicuro di aver capito. Ma poi gli viene in mente una domanda molto più semplice. Perché non farla a sua moglie, poi, d'altronde lei sa sempre tutto. "Ma secondo te, amore, è una decisione serena oppure c'è dietro qualcos'altro?"

Simona lo guarda con più attenzione. "Cioè? A cosa pensi?"

"Non so, ecco… Hanno litigato o magari c'è qualcuno di mezzo…"

"No. Niki non ha nessun altro."

Roberto la guarda. "Ma io non avevo parlato di Niki."

Questa volta Simona non sa proprio cosa rispondere. "Comunque non è quello il problema." Solo su una cosa è sicura. Lei non

ama dire bugie. Poi prende quel pacchetto e lo porta di là. Bussa alla porta della sua camera chiusa.

"Niki? Si può?"

"Sì, mamma."

Simona entra. Niki è distesa sul letto con le gambe poggiate al muro, rivolte verso l'alto. "Dimmi."

"Niente… Ti è arrivato questo, te lo metto qui." E lo poggia sul tavolo.

"Sì, grazie…" Rimane per un attimo sulla soglia prima di uscire. "Per qualunque cosa, tu lo sai che ci sono sempre, vero?" Niki sorride. E un po'"si vergogna. Mamma ha già capito tutto. "Ci sono sempre e comunque." Poi senza neanche guardarla o cercare la sua approvazione, Simona lascia la stanza. Niki rimane per un po'"immobile sul letto, in silenzio. Poi con una mossa agile e veloce ruota le gambe, fa una specie di salto all'indietro e scende dal letto. Si avvicina al tavolo. Guarda il pacchetto. C'è la sua scrittura, la riconosce. Alex. Niki lo soppesa un po', lo tiene così tra le mani. È leggero. E non le viene in mente cosa possa essere, ma in questo momento non ha neanche alcuna curiosità, solo voglia di piangere. E questo nessuno glielo può impedire.


Centoventitré


I giorni seguenti per Alex sono un grande sforzo. Grandissimo. Come se d'un tratto, mai come in questo momento, nulla avesse più ragione di essere. Non il successo, non il lavoro, non gli amici. Improvvisamente perso in quella città, la sua città, Roma. E non gli sembra neanche di conoscerla, le strade sembrano nuove, le stesse di sempre, come sconosciute ai suoi occhi, prive di colore, e i locali, i negozi, i ristoranti famosi, di colpo perdono interesse, ragione, perché. Andare in giro senza una meta, giornate intere senza guardare l'orologio, senza sapere dove andare, senza avere alcun traguardo, alcun perché, alcun dovere. E dentro di lui canta Battisti. E come stare in un frullatore con tutte le sue canzoni. "Che sensazione di leggera follia sta colorando l'anima mia. Senza te. Senza più radici ormai. Tanti giorni in tasca tutti lì da spendere. E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante… Luci ah, di solito così non si fa." Confuso. Di urla, di rabbia, di amore esploso, di dolore fisico, un cuore spaccato, un'amicizia ammaccata, un'emozione spezzata, un sentimento stravolto, accartocciato, tranciato. Così si sente. Con una musica continua nella sua testa e una fragilità interna, un sottile dispiacere, una lacrima improvvisa e la voglia di non parlare. Scorre la notte e quella luna immobile sembra sapere tutto ma non parla. Scorrono i giorni con quel sole che quasi acceca nella sua perfetta rotondità, nel suo doloroso distacco, nel suo ripetersi noioso. Giorno dopo giorno. Notte dopo notte. Tutto è noioso. Alex va in giro con la sua macchina.

"Pronto? No, Andrea. Oggi non passo in ufficio." "Pronto, mamma? Ti volevo dire una cosa." Silenzio e la paura delle domande, della curiosità umana, del perché e per come qualcosa finisce. "No no, è solo rimandato. Fermate tutto." Spostato a un domani, chissà. Ma loro insistono, vogliono sapere.

"Ma perché, c'è forse un'altra persona? Per te? Per lei? Avete litigato? Posso fare qualcosa, mi sembra brutto non chiamarla, e i

suoi genitori poi? Non è carino sparire così… Alex, dicci la verità! Possiamo fare qualcosa per te? La nostra casa è sempre aperta… Passa, raccontaci qualcosa, ti prego."

E dall'altra parte senti una curiosità avida, come se le vicende umane comunque fossero sempre ragione di sorpresa, di frugare, cercare, aprire cassetti, leggere lettere, di sapere notizie, sorprendenti verità, drammatiche scoperte! Affamati di vita altrui. Ma cosa volete sapere mai! Cosa c'è da sapere più del fatto che finisce un amore! È finito allora. Finito? Ed è quasi un urlo straziante, quella parola, è come se il cuore, sentendola pronunciare dalla mente, si attorcigliasse, si stendesse come un elastico dalle assurde capacità, teso come un arco violento pronto a scoccare la dolorosa freccia, ancora di più, più teso, fino all'inverosimile, fino a spaccarsi, come cinque corde musicali portate all'esasperazione, ultimo straziante assolo di un vecchio cantante rock al suo ultimo bis, come antico cigno, ormai rauco, in quel suo amato canto finale. Ecco, così si sente Alex, inginocchiato, stremato, sconfitto, graffiato, di fronte alla bellezza e alla grandiosità del suo amore per Niki. Solo ora capisce quanto l'ha amata, solo ora si vergogna di averla fatta soffrire, di avere tolto anche solo per un attimo quel sorriso dal suo viso, e vorrebbe punirsi per aver causato qualche lacrima, vorrebbe sdoppiarsi, clonarsi, creare un altro Alex, innocente, al quale dare una frusta per farsi punire, sentire sulla sua schiena quei colpi taglienti e quegli stessi segni dipingersi immediatamente dello stesso meraviglioso rosso delle labbra di Niki, e ancora altri segni, nuovi, sottili ma feroci e profondi, graffianti, con uncini che portano via la sua pelle, perfetti come il sorriso di lei… quel sorriso che terribilmente gli manca. Tutto questo vorrebbe sentire e altro ancora. E nemmeno il peggiore dolore fisico è paragonabile a quello che sta provando nel suo cuore. L'assurdo di quel vuoto pneumatico, l'assenza totale di tutto, come un respiro fatto in un mondo senz'aria, come aver mandato giù un bicchiere vuoto, un tuffo in una piscina senz'acqua, il silenzio delle profondità marine, l'assenza di qualsiasi suono, parola, colore, gioia, felicità, sentimenti cristallizzati, come un mondo spaccato a metà, e improvvisamente quel sorriso rubato, stampato, crocifisso, impagliato, privo di anima. Così si sente Alex, con un vuoto lancinante. Chi è stato a rubarmi l'emozione, il sentimento, la felicità? Ladro, maledetto ladro dell'amore, l'hai preso e poi nascosto, imbottigliato, e spedito nelle profondità più fredde di questa terra che oggi mi ospita. Avanzo giorno dopo giorno senza avvertire più