malgrado il casco, e poi il suo viso, così diverso, gli occhi divertiti, turbi, folli, mossi da sana, eccessiva pazzia. Quella voglia di libertà, di incredibile ribellione a tutto e a tutti, di non avere più confini, né limiti, né doveri, di appartenere al mondo e a se stessa. Sì, solo a se stessa. Entra in casa. Tutti dormono per fortuna. Allora in punta di piedi raggiunge la sua camera e chiude piano la porta. Un sospiro. Poi tira fuori dalla borsa il telefonino. Lo poggia sul tavolo e lo fissa. È spento. Mi avrà cercata? Chissà. Ma non ho voglia di accenderlo ora. Non voglio sapere. Non voglio dipendere da nulla e da nessuno. Dov'eri? Cosa hai fatto? Non lo so. Ma sì, ero con le mie amiche. E improvvisamente si ribella anche a questo. Dover dire una bugia. Mentire. Ma come? E la mia vita? Perché devo mentire? Perché non ho più la libertà di essere me stessa? In base a cosa devo controllarmi, limitarmi, far finta di non provare qualcosa solo perché "non si addice" a una che sta per sposarsi? Ma cosa sto diventando? Niki cammina nervosamente per la stanza. Sente come un grido soffocato che la riempie, pretende spazio, attenzione. Ma che sto dicendo? Io amo Alex, sto con lui, ho lottato per lui. Io, che ho sempre criticato tutto questo quando lo vedevo negli altri, ora che faccio? Sono peggio di loro? Erica, Olly, le altre mie compagne di scuola, gli amici del liceo. Ogni volta che ho sentito una storia di questo genere ho sempre sparato a zero su tutto e tutti senza possibilità di trattativa. E ora? Ora non sono altro che una di loro. Anzi peggio, perché ho perfino avuto il coraggio di parlare, di criticare, di giudicare, di riderne, pensando: a me non potrà mai capitare una cosa del genere. Che schifo, dicevo, non potrei mai. E invece ora sono proprio io a essere in una situazione come quella. Indecisa, insicura, non felice, spedita e raggiante verso un unico lui ma, cosa terribile, con un piede in due staffe. E sentendo quest'ultima frase rimbombare nella sua mente come una cannonata, come un boato improvviso, come un possibile attacco a tutto ciò che di bello fino a ieri aveva costruito, Niki non ha più dubbi. Non ha scelta. Non più. E così si avvicina a quel tavolo, lì dove ha studiato per la maturità, dove ha pianto e sofferto e guardato mille volte il telefonino sperando invano in un suo messaggio. Quanti pugni su quel tavolo quando si era lasciata con Alex, desiderando che lui tornasse, che le dicesse ho sbagliato, torniamo insieme, perdonami. Sposta la sedia. Quanti giorni, quante lacrime. Quanta disperazione. E ora? Silenziosamente, si siede. Ora tutto è di nuovo cambiato. E così si passa la mano tra i capelli, li toglie dal viso e si trova costretta a fare quello che non avrebbe mai immaginato.


Centoquattordici


L'appartamento di Mattia è abbastanza grande ma non particolarmente curato. L'arredamento è un misto di mobili anni Settanta e qualcosa preso all'Ikea. Sembra quasi che sua nonna abbia abitato lì fino a poco tempo prima. Su un paio di mobili ci sono addirittura dei centrini all'uncinetto e in corridoio un cassettone con specchio occupa quasi tutto lo spazio. Il salotto è diventato una specie di palestra. Ci sono vari attrezzi e un tapis roulant.

"Qui è dove mi rilasso… l'attività fisica è la miglior cura contro stress e mal di testa. Vieni…"

Entrano in una piccola cucina. Mattia accende il lampadario al neon e apre il frigo. Prende un piatto di vetro con sopra una torta alla crema. Poi da un cassetto tira fuori un coltello e da un altro sportello un piattino e un bicchiere. Sistema sulla tavola il portatovaglioli e una bottiglia di Malvasia a metà.

"Prego, accomodati. Non possiamo lasciare una principessa senza dolce."

Cristina sorride. Si siede. Anche Mattia. Lui le taglia una bella fetta e gliela mette davanti. Cristina inizia a mangiare con gusto. Mattia la guarda. "Ma sei proprio una buona forchetta… insaziabile…"

Mattia prende una punta di crema con un dito e, mentre lei non se ne accorge, le sporca un po'"il naso. Cristina ride. Scherzano. Poi un pezzettino di torta finisce in bocca a Mattia. Giocano. Mattia si avvicina.

"Fatti assaggiare…" e comincia a baciarla piano, quasi a simulare un morso. Cristina prima è un po'"rigida, poi si lascia andare. E un bacio morbido, lungo, intenso. E una carezza. Due. E poi in piedi, una maglietta che vola, un vestito che scivola giù, lui che la solleva e la porta di là. Il corridoio, una porta scura che si apre, una camera da letto, un'abat- jour che si accende. E ancora baci, carezze, passione. Cristina sente sotto le dita quel corpo perfetto, i muscoli definiti, la pelle liscia e calda. Poi si guarda intorno come

può. E nota che quella stanza è l'unica a essere arredata in modo moderno, con molti specchi alle pareti e pochi mobili tutti bianchi. Nota anche un'altra cosa, che Mattia ogni tanto girandosi si guarda riflesso in uno di quegli specchi. Compiaciuto. Forse dei suoi muscoli, di se stesso protagonista di quella scena. Cristina non l'ha mai fatto con tanti specchi intorno e un po'"si sente imbarazzata. Ma Mattia è dolce e alla fine la coinvolge e lei non ci pensa. E ancora baci, e lui sopra di lei. Poi Cristina nota qualcos'altro. Su una mensola vicina alla finestra c'è una piccola sfera di vetro, di quelle con la neve. Dentro c'è un pupazzetto che porta un cartello con su scritto "Ti amo". Cristina di colpo si rattrista. E simile a quella che avevo regalato a Flavio per fargli una piccola sorpresa… e lui aveva riso. E mi aveva abbracciata. E poi aveva girato quella palla di vetro con dentro il pupazzetto una volta e poi di nuovo e aveva guardato la neve cadere. Quella che ora è in camera sul suo comodino. Mi è sempre piaciuta tanto. Magari anche a lui l'ha regalata qualcuno di speciale. E ci tiene, E allora gli sta un po'"più simpatico. E si lascia toccare. Ma mille ricordi riaffiorano mentre Mattia continua a baciarla senza sapere a cosa sta pensando.

Più tardi. I rumori della città si sono affievoliti. È circa l'una. Cristina si riveste con calma. Guarda ancora quel pupazzetto. Mattia è sdraiato sul letto e la luce della luna che sta filtrando dalla finestra lo illumina e crea un gioco strano sugli specchi. Ha gli occhi chiusi. Li apre.

"Te ne vai, tesoro?"

"Sì, è tardi…"

Mattia si mette seduto sul letto. "Allora, ti accompagno…"

"No, non importa, poco fa ho chiamato un taxi…"

"Quando? Non me ne sono accorto…"

"Prima, forse dormivi… e poi mi dispiacerebbe farti uscire adesso. Col taxi ci metto un attimo…"

"Mi piaci, sei una donna indipendente…"

A sentire quella parola Cristina prova una strana sensazione. Poi si alza. Anche Mattia. Cristina prende la borsa e il cappottino che aveva appoggiato in cucina. Mattia l'accompagna alla porta. Uscendo Cristina si gira.

"Chi te l'ha regalato quel pupazzetto che hai in camera, quello nella sfera con la neve?"

Mattia fa la faccia stranita. Ci pensa un po'"su. "Boh… una… ma non mi ricordo il nome… Perché?"

Curioso come un piccolo oggetto, un souvenir così insignificante, possa avere un valore tanto diverso per due persone. Troppo diverso. Non ricorda nemmeno chi era lei. Una lei che magari gliel'ha regalato con amore come avevo fatto io con Flavio. Una lei presa, magari carina, magari paziente, magari convinta che anche lui la ritenesse speciale. E ora lui non ricorda nemmeno il nome. Cristina lo guarda per qualche istante. Mattia sorride.

"Allora, splendida donna, posso chiamarti domani?".

"No…"

Mattia è stupito.

"Forse hai da fare… allora dopodomani."

"No…"

"Tra qualche giorno?"

"Nemmeno…"

Cristina lo saluta, sorride e poi sparisce in corridoio. Mattia resta a guardarla. Non capisce quel cambio di umore. Mah. Donne. È sempre difficile capire. E comunque mai dire mai.


Centoquindici


Erica si volta di scatto. Lì per lì non capisce. Sente il materasso un po'"troppo duro. Ma che succede? Apre gli occhi. Cerca di mettere a fuoco. Ma non riconosce gli oggetti, la stanza. Allora si siede sul letto e si guarda intorno. E lo vede. Di fianco a lei. Ha il respiro pesante e dormendo è rimasto scoperto. Il lenzuolo è quasi tutto per terra. E sdraiato a pancia in su. Il suo corpo nudo è un po'"flaccido. Strano. Non sembrava vedendolo vestito. Erica guarda sul comodino. Un orologio digitale segna le tre di notte. Si accorge che anche lei è nuda sotto il lenzuolo. Nota i suoi abiti sparsi per terra. Si gira di nuovo verso di lui. E ricorda. Hanno lasciato la facoltà. Lui le ha offerto un passaggio per fare un giretto nei dintorni, in macchina hanno scherzato, riso. Lui le ha fatto capire che gli piaceva. E lei era felice. Poi sono arrivati sotto una casa. Lui le ha proposto di salire per un caffè, dicendo che poi l'avrebbe riaccompagnata a casa. E poi dopo qualche chiacchiera l'ha baciata. Sempre di più. Erica si è lasciata andare. E ora guardandolo prova fastidio. Sta lì, steso, addormentato, un po'"bianchiccio. Non gli sembra più bello come prima. Ma che c'avevo visto? Mi pareva un fico. Volevo a tutti i costi che si accorgesse di me e ora che ci sono andata a letto mi sento così. Erica si alza. E cammina un po'"scalza per la stanza, illuminata di riflesso dalla luce di un lampione che filtra tra le persiane. Alcuni libri. Un settimino. Lo specchio. E su un mobile una cornice. Erica la prende. Una foto mostra una bella donna mora dai capelli lunghi e due bambini di sì e no otto, dieci anni. E accanto, accucciato per terra e sorridente, c'è proprio lui. Marco Giannotti. Un'altra foto più grande, con una cornice d'argento, mostra Marco e quella donna nel giorno del loro matrimonio. Allora è sposato. Erica si volta a guardarlo. Ora dorme più profondamente. Sta russando. Erica scuote la testa. Che tristezza. Non è possibile. Chissà che ci fa da solo qui. Magari la moglie e i figli sono via. Oppure questo è solo uno dei tanti appartamenti dove porta quelle come me. E