Trenta
Alex inizia a preparare la borsa per il calciotto. Ci mette dentro la maglia blu e anche quella bianca. Questa volta non sono arrivate le formazioni, tanto vale essere sicuri e portarsi al campo tutte e due le magliette. E poi c'è sempre qualcuno che sì è dimenticato la sua e te la chiede in prestito.
Improvvisamente un bip dal cellulare. Un messaggio. Oddio, e ora che succede? Non mi dire che… Alex va subito a prendere il telefono nella tasca della giacca, preme il tasto e apre la bustina. Legge. "Vieni presto da Enrico. Problemi. Flavio."
Oh no! Non si gioca neanche stavolta. Che palle. Alex compone il numero di Flavio, ma non fa in tempo a fare due squilli che subito risponde.
"Pronto, Alex!" Si sente una gran confusione sotto.
"Ahia! Mi butto, lasciami!"
"Vieni, Alex, presto!"
"Ma che succede?"
"Non riusciamo a controllare la situazione."
"È tornata Camilla."
"Peggio." Si sente un urlo. "Io mi butto!" e un rumore di vetri.
"Fermo, fermo!" urla Flavio. "Alex, devo chiudere" e tronca così la conversazione. Alex rimane a guardare attonito il telefono muto. Anche lui è senza parole. Non sa veramente immaginare cosa possa essere successo. Si infila di nuovo la giacca e corre giù per le scale. Mentre scende compone comunque un numero.
"Pronto, Niki?"
"Ciao, che succede? Ti sento di corsa. Stai scappando a giocare a calciotto?" Niki guarda l'orologio. "Ma non è presto?"
"No, non giochiamo stasera." Alex si ricorda della bugia dell'altra settimana e si rende conto che questa volta non vale proprio la pena di mentire.
"E dove vai? Mica dovrai andare a spiare qualcun altro, vero?"
"Macché, a casa di Enrico."
"Non è che ti ha preso come investigatore al posto di quello dell'altra volta, com'è che si chiamava, Costa… E non ha dato alcun risultato."
Alex ripensa alla seconda cartella con le foto di chissà chi e si maledice per questo, poi ripensa alla figuraccia da spia approssimativa fatta all'università e si vergogna. "No, sono i miei amici che devono aver combinato qualche altro casino…"
"Di che genere?"
"Non lo so…"
"Alex… Non è che mi stai dicendo qualche cavolata, vero?"
"E perché mai? Qualunque cosa la saprai da me prima che da te stessa."
Niki sorride sentendo usare la sua stessa frase. "Ecco, così mi piaci."
Anche Alex sorride. "È che ho un'ottima insegnante…"
"Sì sì, prendi in giro! Però dopo chiamami, che sono troppo curiosa."
"Ok, ciao amore, a più tardi!"
Dopo neanche dieci minuti, Alex bussa alla porta di Enrico.
"Chi è?"
"Io."
"Io chi?"
"Ma come io chi? Alex…"
Enrico apre la porta. È vistosamente arrabbiato e nero in volto. "Entra" poi chiude la porta e incrocia di nuovo le braccia sul petto. Evidentissimo segno di chiusura. Flavio è in mezzo alla stanza, che passeggia. "Ciao."
Pietro invece è seduto sul divano, ha un panno con del ghiaccio dentro e se lo tiene poggiato in alto, sul sopracciglio destro, che si è gonfiato. Alex guarda sbigottito i suoi amici. "Ma si può sapere che succede? Avete litigato, avete fatto a botte tra di voi? Si può avere o no qualche spiegazione?"
Flavio scuote la testa, non crede ancora a quel che è successo, è sconvolto. Enrico batte con il piede nervosamente sul parquet. "So soltanto una cosa. Sono solo. Ero riuscito ad addormentare Ingrid… e ora con tutto questo casino mi sa che si è svegliata."
"Ahhh" si sente l'urlo di una bambina dalla camera in fondo al corridoio. Enrico chiude pollice e indice e tira una linea dritta a mezz'aria. "Ecco, appunto, avete visto, che vi dicevo? Tempismo perfetto!"
Flavio allarga le braccia. "Così te la tiri!"
"Sì, sì, certo… Io, eh? È con voi che succedono sempre casini!"
Enrico si precipita di là.
Alex sembra più tranquillo. "Insomma, mi volete spiegare o no?" Poi si accorge che un vetro della finestra del salotto di Enrico è tutto rotto. "E questo? Chi è stato?"
Flavio indica Pietro. "Lui. Si voleva buttare di sotto!"
"Ma scusa… Non potevi aprire la finestra?"
"Simpatico! Però è per questo che Enrico è così arrabbiato…"
"Me la cavo, a parte gli scherzi."
Pietro si toglie il tovagliolo dall'occhio, risistema il ghiaccio e ce lo riappoggia sopra. "Guarda che non mi diverte affatto."
Alex diventa insofferente. "Sentite, mi volete spiegare una volta per tutte cosa è successo? Sennò me ne vado. Cavoli, non giochiamo neanche questa volta…"
Pietro lo guarda sconsolato. "Non ce la faccio. Diglielo tu, Flavio. Io mi tappo le orecchie, non ci posso credere, non ci voglio pensare…"
Così lascia il panno e si copre le orecchie. Flavio lo guarda e sbuffa.
"Susanna ha lasciato Pietro."
"Pure? Non ci posso credere. Ma che è, un'epidemia? Prima Enrico e ora Pietro…"
Anche Alex si siede sul divano. "Stiamo crollando…" Poi pensa tra sé: ma come mai proprio ora? Non ci voleva. "Ma si può sapere perché?"
Trentuno
Qualche ora prima. Pomeriggio. Susanna si avvicina al telefono. Lo prende. Digita velocemente dei numeri sulla tastiera.
"Pronto, Pietro?"
"Mi dispiace ma l'avvocato non c'è. Credo che avesse un appuntamento fuori o si sentisse poco bene. Sa com'è fatto…" La segretaria sorride e alza le spalle. Anche lei ormai conosce Pietro. Susanna invece non ne è del tutto sicura. Chiude la telefonata. No. Non so com'è fatto, e oltretutto ha spento il cellulare, quando invece gliel'ho detto mille volte che ci possono essere delle emergenze. Non capisco perché gli uomini non ci considerano. Facciamo la spesa, prendiamo i figli da scuola, li portiamo a nuoto, a ginnastica, a inglese, teniamo la casa pulita e anche se lavoriamo fuori facciamo in modo che tutto sia a posto, prepariamo da mangiare, ci teniamo in forma per restare carine e non farci tradire, stiriamo, organizziamo mille cose, andiamo a ritirare i vestiti in tintoria. Mogli, madri, amanti, manager. E se per caso c'è un'urgenza come oggi, che finalmente l'idraulico si è liberato e viene a casa? Allora salta tutto il sistema. Mandi all'aria il programma. Anzi, sei quasi una scocciatrice. È uno dei rari casi in cui un uomo deve avere il telefono acceso e rendersi disponibile per sostituirci in una delle nostre tappe obbligate.
Susanna compone un altro numero. Ah, meno male, è libero.
"Mamma, pronto? Scusa se ti disturbo…"
"Ma tu non disturbi mai…"
"Potresti andare a prendere Lorenzo a nuoto?"
"Ah…"
"Sì. E lo porti da te, io arrivo subito nel pomeriggio."
"Ma io devo vedere le mie amiche…"
"Passo prestissimo, ho solo un'urgenza ora e non lo voglio far aspettare fuori dalla piscina con tutti i suoi amici che vengono presi dai genitori e lui che ci rimane male."
"Eh sì… È già successo una volta…"
"Appunto, vorrei che non succedesse più."
"Va bene."
"Grazie, mamma… Ti chiamo appena ho finito."
Susanna fa un sospiro. Almeno una cosa è fatta. E monta in macchina, partendo a tutta velocità. Esce dal parcheggio e taglia la strada a un'auto che inchioda, facendola passare. Un uomo salta sul clacson e sbracciandosi dal finestrino urla: "Ma come cazzo guidi?".
"Meglio di te!" E la pronta risposta di Susanna, che guida spericolata fino ad arrivare sotto casa. Per fortuna trova subito parcheggio. "Mi scusi, mi scusi…" Arriva in un attimo davanti al cancello dove c'è il giovane idraulico che l'aspetta. Sorride. "Non si preoccupi, signora, anch'io sono arrivato da due minuti…"
Susanna ancora trafelata apre il cancello, poi il portone e infine chiama l'ascensore. Entrano tutt'e due. Rimangono in silenzio. Un po'"d'imbarazzo, un sorriso di circostanza. Finalmente sono al piano. Arrivati davanti alla porta, Susanna infila la chiave. Che strano. È chiusa a una sola mandata. Stamattina sono uscita io per ultima e ne avevo date due. Boh. Ormai sono completamente fusa.
"Prego, prego, si accomodi…"
Sì. Sono proprio fusa. Devo farmi una bella vacanza. Devo chiamare Cristina e ce ne dobbiamo andare alle terme. Ce lo siamo sempre promesso che avremmo staccato un attimo e fatto due giorni in un centro benessere.
"Ecco, è di qua, venga…"
Cristina sta meglio di me. È meno stressata. Non ha due figli che vogliono comprare e fare tutto quello che c'è a disposizione sul mercato e soprattutto un padre che dice loro sempre di sì. Secondo me Pietro lo fa perché vuole mettermi in difficoltà, tirare la corda, provare la mia pazienza, la mia tenuta, per vedere dove arrivo, fino a che punto ce la posso fare. Mah… Poi improvvisamente vede una giacca buttata sul divano, un maglione, una camicia. Come se fosse quella favola che le raccontava sempre da piccola sua madre. I pezzi di pane di Pollicino… Pollicino. Ma questi sono indumenti. Anzi, sono i vestiti di Pietro! Percorre veloce il corridoio e apre piano la porta della loro camera.
Una serie di candele vicino al letto. Un secchiello con una bottiglia di champagne appoggiato sul comò. Pietro sul letto. E accanto una donna.
"Pietro!" urla come impazzita. Prende una candela in mano. "Ma queste sono quelle che ho comprato io…" Poi prende la bottiglia di champagne. "Questa l'avevo presa per la cena di domenica!"
"Amore, scusami, non so cosa mi ha preso… Ma ho la febbre…
Mi sentivo male… e lei mi ha aiutato… È una professoressa. Cioè, è il mio medico…"
Susanna non sente nemmeno la bugia assurda di Pietro. La guarda per un attimo. La cosa che le dà più fastidio è che sia più giovane di lei. E che comunque è un cesso. Questo le fa ancora più rabbia. Prende i vestiti della donna e glieli tira in faccia. "Sparisci." Vorrebbe dirle di più, molto di più, ma non ce la fa.
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