"Come no… e come fai a capire sennò?"
"T'intervisto semplicemente… che orari puoi fare? Perché ho bisogno di qualcuno che stia con Ingrid quasi fino alle sette di sera… insomma, una certa elasticità."
"Ma scusa… Questo non è un provino per il ruolo di babysitter in un film?"
Enrico non ci crede. Ma che gente è venuta? Non ce n'è una che ci pigli. "No, senti, scusa, io sto cercando semplicemente una vera babysitter per mia figlia…"
"Cavolo, ma potevi scriverlo, no?"
"E l'ho scritto infatti! Sul giornale!"
"No, dovevi spiegare bene!"
Non ci posso credere. Enrico decide di tagliare corto. "Ok ok. Dai, fa niente…"
"E farà niente per te, mi sono preparata tutta ieri sera per la parte." Katiuscia prende lo zaino, si sistema e fa per andarsene. "Non si prende in giro la gente così." Ed esce sbattendosi la porta alle spalle. Enrico la segue. Riapre la porta e la vede sparire tutta arrabbiata. Enrico allarga le braccia. "Dai, chi c'è ora…" e una dopo l'altra visiona tutte le ragazze. Parla. Chiede. Almeno queste hanno capito. Delle babysitter vere! Alcune sembrano convincerlo, altre meno, va a prendere Ingrid, fa dei tentativi di socializzazione tra la bambina e le aspiranti babysitter, pensa, valuta, fa ancora domande. A ognuna dice: ti farò sapere. E quando accompagna l'ultima alla porta e lei lo saluta allontanandosi e ringraziando, Enrico nota che sul pianerottolo sta passando una ragazza. Ha in mano due borse della spesa di quelle in stoffa verde e uno zainetto sulle spalle. Sta ascoltando della musica con le cuffiette.
"Ah, bene, forza, sei l'ultima, entra dai, prego…" e le fa gesto col braccio per accoglierla in casa.
La ragazza, bionda, coi capelli lisci e un piccolo cerchietto azzurro che li tiene indietro, pantaloni bianchi e un maglioncino sfumato sul blu, nota il cenno ma non sente. Lo guarda un po'"stupita. Si ferma, appoggia le borse per terra e si sfila uno degli auricolari.
"Dici a me?"
"E a chi, certo, no? Sei l'ultima per oggi… Dai, vieni."
Lei fa una piccola smorfia. Poi si toglie anche l'altra cuffia. Controlla l'orologio. Fissa per un istante davanti a sé come se volesse scorgere qualcosa o qualcuno in fondo al pianerottolo. "Ma veramente io…"
"Io che? C'è ancora tempo anche se è un po'"tardi. Devo scappare in ufficio sennò mi tocca intervistarti domani. Entra, tanto facciamo subito."
La ragazza è sempre più sorpresa dalla situazione. Ma che vuole questo? Certo che ha la faccia simpatica, sembra carino. M'incuriosisce troppo. In fondo però nemmeno lo conosco. Non dovrei star qui a perdere tempo. Alla fine vince la curiosità. Abbozza un sorriso. Prende da terra le due borse della spesa.
"Hai fatto la spesa?"
"Sì, perché?"
"No, no, niente…"
Enrico scuote la testa, poi ci ripensa. Ma è vero, ha ragione lei, che male c'è? Anzi, è una ragazza pure più pratica delle altre, va a fare un colloquio e comunque utilizza bene il tempo.
"Prego, accomodati…" Enrico le fa strada in casa.
La ragazza lo segue ancora un po'"titubante. Entra, si guarda intorno. Vede una serie di cose in disordine lanciate sul divano, pantofole sottosopra e un poster appeso alla parete. Una foto. Ritrae un ragazzo che abbraccia un neonato con magliettina rosa e ciuccio. Una bambina, allora. Riconosce nel ragazzo della foto il tipo che l'ha appena fatta entrare.
"Ecco, siediti pure qui. Dunque, come ti chiami?"
La ragazza appoggia di nuovo le borse per terra e si siede. "Anna…"
"Piacere, io come già sai sono Enrico… papà Enrico…" e poi ride un po'"imbarazzato.
Anna lo guarda. Veramente non lo so che ti chiami Enrico. Né che sei papà. Continua a non capire ma ormai la situazione le sembra buffa e continua a stare al gioco.
"Quanti anni hai?"
"Ventisette, sto cercando di finire l'università. Studio Psicologia."
"Psicologia? Perfetto! E quanto tempo libero hai al giorno?"
"Mah… non lavoro, quindi al di là di qualche lezione che seguo in facoltà, poche ormai in verità, sono sempre a casa…"
"Ah, bene, quindi sarebbe perfetto… E dove abiti? Lontano?"
Anna continua a non capire. "Veramente al piano di sopra… Infatti prima…"
"No, non ci credo. Qua sopra? Non ti avevo mai vista. Quindi ti sei fermata al colloquio prima di rientrare. Benissimo! Così sarebbe molto comodo in effetti…"
"Sì, mi ci sono trasferita da poco. La casa me l'ha lasciata mia zia. Forse l'hai anche vista, era una signora alta coi capelli rossi… E il mio ragazzo è venuto a viverci da qualche settimana." Perché gli sto dando tutte queste spiegazioni?
"Ah, comunque mi sembri perfetta. Studi e quindi hai orari più elastici. Abiti qua sopra. Sì, sei perfetta. Quando inizi?"
"Ma cosa?"
"Come cosa, la babysitter per mia figlia. Sei qui per questo, no?"
"Veramente no. Sono qui perché mi hai fatto entrare tu insistendo. Io stavo solo passando per salire a casa mia. Non prendo mai l'ascensore. Almeno mi muovo un po'…"
Enrico la fissa. "Cioè… quindi non stai cercando un lavoro? Non sei qui per il colloquio?"
"Eh no, te l'ho detto, è stata una coincidenza, stavo solo passando di qui."
"Ah…" Enrico sembra deluso. Guarda fuori dalla portafinestra che dà sul terrazzo. "Mi pareva troppo facile…"
Anna se ne accorge e sorride. "Comunque sei fortunato…"
"Come no. L'unica che m'era sembrata in gamba dopo tutto un pomeriggio di discorsi è capitata qui per caso e non cerca un lavoro. Fortunatissimo. Domani mi tocca ricominciare da capo."
"Certo che sei un pessimista cronico. Non credi al destino? Alle coincidenze? Prima ti ho detto che non ho un lavoro… mica che non lo sto cercando. E il tuo sembra perfetto. A saperlo, che bastava scendere le scale…"
Enrico la guarda e si illumina. "Benissimo! Da domattina sei qua." E non pensa nemmeno ad andare di là a prendere di nuovo Ingrid. E già sicuro che andranno d'accordo.
Anna sorride. Si alza. Raccoglie le due borse. "Benissimo… e attento a non scambiare per l'idraulico qualche altro inquilino che passa per caso sul pianerottolo!" e si avvia alla porta. Enrico si alza di scatto, la segue, poi la supera e le apre. Anna gli sfila davanti. "A domattina allora!" e si allontana. Enrico la guarda sparire dietro l'angolo. Sì. Mi sembra simpatica. E poi è anche molto carina. Ma questo a Ingrid non interessa…
Diciassette
Alex si ferma e posteggia a pochi metri dal portone di Niki. Guarda l'orologio. Sono le nove e mezza. Mi aveva detto che aveva lezione alle dieci, dovrebbe uscire adesso. E proprio in quel momento il portone si apre. Ed esce… Niki. Sembra più grande, più donna. E certo… È Simona, la madre! Oddio, pensa se mi beccasse ora. Alex! Proprio tu! Ma come, noi pensavamo che tu fossi quello grande della coppia. Quello maturo e affidabile. E invece… che fai? Fai le poste a mia figlia?! E perché, si comporta male? C'è qualcosa che ti fa dubitare di lei? Ok, ha qualche nuova amicizia, è anche normale, una nuova scuola, l'università… Ma non è nulla di importante.
Alex scivola piano piano giù sul sedile, quasi scompare sotto il volante, si nasconde, vergognandosi di quell'assurda idea. E subito cerca qualche elemento in sua difesa. Ma scusi, signora… Amore è anche gelosia. "La gelosia… più la scacci e più l'avrai… E qui il serpente, è arrivato, è qui seduto in mezzo a noi, lui ti mangia il cuore come fosse un pomodoro, così diventi pazzo tu, e come un toro e come un toro purtroppo non ragioni…" Ma che faccio, canto Celentano? No! Ecco! La devo mettere molto più semplice. Signora, sono qui… per amore! Proprio in quel momento guarda di nuovo Simona, la mamma di Niki, e vede che sale in macchina, si gira, apre il finestrino e saluta la ragazza che sta uscendo in motorino. Sì. È lei. Niki! Alex accende il motore e parte, si nasconde il viso incrociando Simona che va nella direzione opposta. Poi gira l'angolo e continua la sua corsa dietro a quel motorino. Non ci credo. Come nei migliori film. "Segua quella macchina." Ride da solo Alex. "Anzi quel motorino…" E per un attimo gli viene quasi voglia di lasciar perdere tutto, di sorridere e prenderla con tranquillità, ma sì, è giusto che abbia la sua indipendenza, la sua libertà, i suoi contatti, i suoi messaggi, deve essere una scelta il nostro stare insieme, oltre tutto e tutti, non un obbligo. Anzi meglio se ci sono dei corteggiatori, almeno fa il confronto e se resta con me vuol dire
che sono meglio di quelli. Troppo facile vincere se si gioca da soli. Ma sì, quasi quasi arrivo prima in ufficio e così mi avvantaggio pure su quest'idea del filmato.
Poi una buca, una strana circostanza, una congiunzione astrale, insomma, chissà per quale ragione, il volume della radio si alza improvvisamente e irrompe nei suoi pensieri, cancella il suo sorriso. Ram Power 102.70. Una la vivi, una la ricordi. "Ti stai sbagliando chi hai visto non è… non è Francesca. Lei è sempre a casa che aspetta me. Non è Francesca… se c'era un altro poi… no non può essere lei…" E in un attimo Mogol e Battisti diventano diavoli tentatori, e gli vengono in mente tutte le immagini del mondo, come un film montato dal più grande regista di tutti i tempi. Amore. Tradimento. Inganno. Ed ecco. Sliding doors, quando Gwyneth Paltrow per una strana fatalità torna prima a casa e trova lui con l'amante. Dissolvenza ed ecco L'amore infedele, quando a Richard Gere arriva la multa della macchina della moglie che lo porta nella strada dove abita quel ragazzo che vende libri usati… e scopre che ha anche una storia con sua moglie, altro che libri… Altra dissolvenza ed ecco Uomini di Doris Dörrie, quando il marito, che si è dimenticato un fascicolo a casa, torna e vede la moglie, che poco prima stava con i bigodini nel letto, uscire per strada; allora la segue e la vede rotolarsi in un prato con una specie di figlio dei fiori… Poi Alex pensa a Enrico e a sua moglie, fuggita con l'avvocato che le ha presentato proprio lui. A Pietro e a tutte le sue amanti. E allora non ha più dubbi, spinge sull'acceleratore e comincia a correre con un'unica certezza. Ebbene sì. Celentano ha ragione. Sono geloso.
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