Era come stare all’interno di un grande acquario, come essere stati calati all’interno di una gabbia trasparente nel fondo dell’oceano.
Tancredi spense le ultime luci. La luna attraverso le grandi vetrate illuminava a tratti la stanza.
«Ti va di fare un bagno?»
«Ma quello squalo?…»
Tancredi rise.
«È tutta scena, non c’è nessun pericolo. L’unico rischio sono io.»
«Allora non ho paura.»
Sofia lasciò cadere a terra il vestito, poi si sfilò il reggiseno, infine le mutandine. Tancredi rimase a fissarla.
Così, completamente nuda davanti a lui, perfetta. Era di profilo, controluce si disegnavano i riccioli del suo pube. Girò la testa e lo guardò. Nel buio vide i suoi denti bianchi, un sorriso.
«Non mi guardare.»
Sofia scese gli scalini della piscina, l’acqua era calda, poi si tuffò in avanti. Fece alcuni metri sott’acqua e rie-merse più in là. Era come sospesa sopra quel blu infinito. Sotto di lei, divisi da quel grande cristallo, passavano infinite varietà di pesci. Sofia guardò giù. Era una sensazione stranissima. Lei era immersa nel buio, come nascosta e lì sotto, illuminate dalle lampade, c’erano mante, pesci di ogni tipo, le grandi pareti di corallo rosso.
Tancredi si spogliò e si tuffò anche lui nella piscina, poco dopo era accanto a lei che gli sorrise.
«Se potessi raccontarlo a qualcuno comunque non mi crederebbe.»
«Ti piace?»
«È incredibile. Come ti è venuto in mente…»
«Non so, ci ho sempre pensato, ma ho sempre creduto che non si potesse fare, poi un ingegnere mi ha convinto del contrario.»
«E come?»
«Mi ha detto: “Se l’ha sognato allora è possibile”.»
«E una bella filosofia.»
«Sì, ma non vale per tutto.»
In quella frase c’era una strana tristezza, ma prima che Sofia potesse chiedere ancora qualcosa, Tancredi le si avvicinò. Erano in un angolo della piscina, vicino al mare aperto. Sotto di loro c’era un lungo sedile di cristallo. Tancredi la prese per i fianchi, la portò a sé e la baciò di nuovo. Le loro gambe si sfiorarono. Le accarezzò il seno. Sentì il suo capezzolo piccolo ma turgido, poi lentamente andò ancora più giù. Sofia aprì le gambe permettendogli di scendere ancora. Iniziò ad accarezzarla lentamente, la sentì tremare, si eccitava sempre di più al tocco delle sue dita. Allora anche Sofia lo accarezzò. Sentì i muscoli delle sue braccia, il petto asciutto, forte, la pancia piatta, gli addominali. Scese ancora più giù e lo trovò pronto, eccitato, duro. Cominciò ad accarezzarlo. In poco tempo i loro baci si trasformaro-no in sospiri sempre più forti, appassionati. Tancredi si spostò su di lei, le allargò le gambe e piano piano, dolcemente la penetrò. Lei gli strinse le gambe intorno alla vita, si aggrappò con le braccia ai bordi della piscina, mentre lui teneva le sue gambe e spingeva dentro di lei sempre più giù, con forza ma senza fretta. Per la prima volta da quando stava con Andrea, un altro uomo. E lo sentiva muoversi sopra di sé, dentro di lei, stringeva le sue gambe, affondava le sue dita nella schiena più giù, ancora più giù sui suoi glutei, su quei muscoli forti che si contraevano e spingevano dandole piacere.
Sofia abbandonò la testa indietro, il suo seno affio-rava fuori dall’acqua, illuminato dalla luce della luna, Tancredi le baciava i capezzoli mentre continuava a spingere, poi mise le mani sotto le cosce, le stringeva con forza continuando a baciarle il seno, il collo, la bocca. Sofia sospirava sempre di più, completamente abbandonata, travolta dalla passione, sentendolo dentro di lei, sempre più forte, con lo stesso ritmo, instancabi-le, alla fine non ce la fece più.
«Sto venendo.» E come sentì quelle parole, insieme a lei venne anche lui.
Rimasero così, come boccheggianti d’amore, bagnati di tutto, di mare, uno addosso all’altro, in silenzio, sentendo i loro respiri affannati. Intorno e sotto di lo-ro, l’oceano. In quell’angolo della grande piscina due corpi nudi uno sopra l’altro ancora caldi d’amore. Poi Sofia tirò su la testa e lo guardò. Lui le accarezzò il viso spostandole i capelli bagnati. La baciò, un bacio lento, morbido, fatto d’amore. Quando Sofia si staccò, non riuscì più a resistere. Quella domanda che aveva dentro da quel giorno, da quando aveva scoperto i suoi soldi, il suo potere, uniti alla sua bellezza.
«Perché proprio io? Per cinque milioni di euro avresti potuto avere chiunque, donne molto più belle di me.»
Tancredi sorrise. «Forse perché mi sono fatto in-fluenzare da quell’ingegnere. Perché l’ho sognato… Il guaio è che era un sogno a occhi aperti.»
Poco dopo fecero la doccia calda insieme, si asciuga-rono e si infilarono negli accappatoi, si misero su uno dei grandi lettini matrimoniali con il materasso in spugna. Tancredi aprì un Cristal gelato che tirò fuori da un frigorifero scuro, incassato nella roccia, riempì due flûte. Cominciarono a sorseggiarlo, ridendo, scherzando, parlando di ricordi della scuola e di qualche viaggio all’estero fatto da ragazzi. Nei racconti si trovarono vicini, non così distanti come sarebbe potuto essere.
Poi il seno di Sofia troppo scoperto. Un suo sguardo malizioso, quell’ultimo sorso di champagne, lo sfiorarsi delle gambe. Tancredi infilò la mano sotto il suo accappatoio.
«Sei di nuovo bagnata.»
«Anche tu non scherzi.»
E ora senza pudore, come se si conoscessero da sempre, cominciarono ad accarezzarsi guardandosi negli occhi, guardando il sesso dell’altro, curiosi, volutamen-te provocanti. Tancredi le allargò le gambe e cominciò a leccarla senza fermarsi, lei gli infilò le mani tra i capelli, spingendo la testa ancora più giù, cercando di fermarlo quando ormai stava per venire.
Poco dopo lui fu di fronte a lei, ancora eccitato, lei cominciò ad accarezzarglielo, guardandolo lo tirò a sé, lo prese in bocca, leccandoglielo lentamente poi più forte, fino in fondo, quasi ingoiandolo. Tancredi allora si staccò da lei e la prese di nuovo. Cominciò a scoparla lentamente, poi sempre più veloce, sentendo che si stava eccitando di nuovo. Poi scivolò di lato e la fece salire su di lui senza sfilarsi da sotto. Sofia continuò a muoversi sopra di lui, calda, eccitata, sempre di più, sempre più veloce fino a quando, con qualche grido, venne di nuovo insieme a lui. Si accasciò sopra Tancredi sudata, ancora calda, ancora eccitata e sorpresa dalla serata.
«Non ci posso credere. Ma era l’aragosta o hai messo qualcosa nello champagne?»
Tancredi le sorrise. «Cinque giorni. Solo cinque giorni. Non me ne chiedere uno di più.»
Più tardi andarono in camera di Sofia. Fecero di nuovo l’amore e in modo ancora più spinto e selvaggio, senza limiti, senza vergogna, di nuovo stranamente af-famati, conoscendosi meglio, scoprendo novità. Lui la prese da dietro e lei glielo disse.
«Così, continua, ancora, più dentro, fammi godere anche così.»
Mentre si accarezzava da sola veniva insieme a lui.
Si addormentarono quasi all’alba. Quando Sofia si svegliò, era mezzogiorno ed era sola. Andò in bagno, sorrise allo specchio e alzò un sopracciglio ripensando a tutti i momenti della sera prima. Poi accese il computer.
Incredibile. Il suo sito era pieno di commenti. Tutti di complimenti per l’ottimo concerto e perfino qualche sua breve risposta. Lesse qualche commento che portava la sua firma e si sorprese per come avessero scelto le parole. Avevano scritto esattamente come avrebbe fatto lei. Ormai non si sorprendeva più. Guardò il meteo sul computer e capì che non poteva più aspettare.
Era arrivato il momento. Tolse il cellulare dalla borsa e compose il numero. Al secondo squillo Andrea rispose.
«Amore! Pensavo che non mi chiamassi più. Com’è andata ieri?»
«Benissimo.»
«Be’, brava perfetto! E pensare che dovevi anche essere stanca del viaggio! Sono andato in internet e ho letto un sacco di commenti. Sei anche riuscita a rispondere a qualcuno… prima di chiamarmi.»
«Lo so… Ma li ho scritti stando a letto mentre facevo colazione, ho pensato che magari ancora dormivi.»
«Sì! Fino a mezzogiorno?!?»
«Be’, non ci sono io, magari te ne approfitti.»
«Ma che dici! Piuttosto, ho visto che hai fatto anche un bis alla fine!»
Quello Sofia non l’aveva considerato. Corse verso il computer, trovò nell’angolo la scheda della serata, l’aprì e la lesse velocemente, e proprio in fondo trovò il racconto del bis: Bach, la Giga della Toccata in Mi Minore.
«Sì…» riprese fiato. «Ho fatto la Giga.»
«Bene, sono proprio contento per te, hai visto che non eri poi così arrugginita?»
Parlarono ancora per alcuni minuti, qualche notizia sulla casa, qualcuna sul lavoro di Andrea, poi Sofia decise di chiudere. «Be’, ora ti saluto che tra poco ho le prove del pomeriggio.»
«Ok. Ci sentiamo quando puoi.»
«Sì, amore, a dopo.»
Chiuse il cellulare e rimase a fissarlo. Incredibile, zero senso di colpa. “Come mai? È perché la sento una specie di missione? Be’” sorrise, “non è che ti sia costato poi così tanto come sacrificio!” Si sorprese di quella strana ironia proprio su se stessa e anche del fatto che avesse voluto chiudere presto con Andrea.
Di solito parlavano a lungo e lei gli raccontava sempre molte cose, lo rendeva partecipe di tutto quello che le capitava. Certo, questa volta non è che avrebbe potuto raccontargli proprio tutto. E si ritrovò di nuovo a prendersi in giro. No. La verità era un’altra. Aveva voglia di fare colazione. E soprattutto, dopo quella notte, di rivederlo.
«Buongiorno, dormito bene? Ti ho lasciato riposare…»
Sofia si sedette di fronte a lui e gli sorrise da dietro gli occhiali da sole. «Benissimo, grazie. Ho un po’ fame però…»
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