Si guardò le mani, le incrociò e attaccò alla giusta velocità, cioè paurosa. Stacchi di sinistra e articolazione virtuosistica tutta di scale con la destra e fin qui tutto bene ma, ecco, la sinistra risponde e viene su dalla terza ottava con proibitivi e minutissimi scavalcamenti rego-lati da una diteggiatura troppe volte studiata e messa a punto. La testa le si accese di piacere, le mani neppure si vedevano, lei era quella variazione, era Bach, era il pianoforte, era ogni singolo tasto, era la messaggera di Dio. Ultima nota poggiata con il mignolo della mano sinistra e subito di nuovo da capo l’attacco con la destra.
Ultima nota. Attacco. Senza più smettere.
Andrea nell’altra stanza, gli occhi lucidi, distolse lo sguardo dal muro e chinò la testa.
Verso l’ora di pranzo Sofia si prese una pausa e andò al conservatorio per studiare quattro ore sullo Steinway. Più tardi, nel pomeriggio aveva appuntamento con Ekaterina Zacharova. Le raccontò del suo viaggio e presero accordi perché la sostituisse.
«Ti invidio, sarà un’esperienza bellissima.» L’abbracciò. Sembrava sincera.
«Dovrai prendere il mio posto da oggi, devo assolutamente essere all’altezza per quei cinque concerti.»
«Lo faccio volentieri, Sofia.» Si lasciarono così.
Ekaterina rimase a guardarla ferma in mezzo alla piazza, con un po’ di invidia per questa splendida occasione che le si era presentata.
La mattina prima di partire iniziò a preparare le valigie. Come le aveva suggerito l’assistente dell’avvocato Guarneri, prese i vestiti che indossava nei filmati che aveva visto in quell’ufficio. Li provò, le stavano ancora bene. Forse non suonava più come allora ma almeno non era ingrassata. La sera aprirono uno dei vini bianchi che aveva comprato, un Pinot Bianco Penon Nais Margreid, mangiarono in silenzio degli spaghetti allo scoglio e un ottimo dentice al forno. Poi con una tenera naturalezza finirono a letto.
«Mmm, sai che era proprio buono quello che hai cucinato?»
«Ti è piaciuto sul serio o mi prendi in giro?»
Sofia cercò il suo sguardo.
«Sul serio, ti giuro. Anzi, sono preoccupato. Non hai mai cucinato così bene!»
Lei gli diede una spinta. «Stupido. Ho fatto piatti molto migliori di quelli di stasera, è che sei come tutti gli uomini…»
«Cioè?»
«Che quando non avete tutto sotto controllo, allora cominciate ad accorgervi di cosa potreste perdere…»
Andrea la guardò meglio. «Perché… ti perdo?»
«Se parli male di come cucino rischi grosso.»
«Sei sempre stata la migliore cuoca che io abbia mai conosciuto.»
«Non dire bugie…» Sofia scese dal letto e attraversò nuda la stanza. Nel pallore della luna il suo corpo appariva snello, i suoi seni pieni e rotondi, il suo sedere asciutto, forte, muscoloso.
«Mi sto eccitando di nuovo…»
«Dobbiamo dormire. Domani parto presto…»
Entrò in bagno.
Andrea sentì l’acqua scorrere. «Già mi manchi.»
Sofia alzò la voce dal bagno. «Ho detto niente bugie.»
«Ma è vero!»
Tornò in camera da letto, si stese vicino a lui. Andrea allungò la mano, le accarezzò le gambe.
«Hai preso dei vestiti carini?»
«Sì… Quelli per i concerti e poi delle cose più semplici.»
Salì più su sempre accarezzandola. «Il passaporto?»
«È sul tavolo dell’ingresso.»
Salì ancora più su, lei allargò le gambe. Sentì un suo sospiro, ma sorridendo continuò a parlare.
«Hai portato qualche maglia, magari farà freddo.»
«Una sola… Farà caldo…»
Andrea la sentiva muoversi al tocco delle sue dita.
«Ci sentiremo?»
«Non sarà facile. Mi hanno detto che mi daranno un cellulare, lì le linee fisse sono disturbate, ma ci sposte-remo spesso da quello che ho capito…»
«Ah…»
Andrea continuava ad accarezzarla, lei sospirò e chiuse gli occhi. «Vieni sopra di me…» In un attimo Sofia gli fu sopra. Andrea la teneva forte ai fianchi.
«Mi mancherai, amore.»
«Anche tu…» Cominciò a muoversi sempre più veloce sopra di lui, spingeva con forza il suo ventre verso il basso, era molto eccitata, chiuse gli occhi, mandò la testa all’indietro e venne con delle piccole grida insieme a lui. Rimasero così in quel letto disfatto d’amore, recu-perando piano piano le loro forze.
Poi Andrea parlò. «Amore, in questi giorni che ti ho sentito suonare di nuovo mi sono emozionato. E stato bellissimo. È un peccato aver perso tutto questo tempo.»
«Forse tutto quello che ci sta accadendo è anche per questa mia rinuncia.»
«Vedrai che suonerai benissimo. Saranno cinque concerti spettacolari. Non potrai più fermarti.»
Sofia lo guardò nella penombra della camera. «Amore, ne parliamo quando torno.»
«Sì. Hai ragione.»
Poco dopo Andrea si addormentò. Sofia sistemò le ultime cose, mise qualche altro indumento in valigia e tornò a letto. Ripensò alle sue ultime parole.
“Sarà la tua nuova vita.”
“Cosa accadrà in questi cinque giorni?” Guardò l’orologio. Domani a quest’ora sarò da lui. E iniziò a provare una strana eccitazione. Fu come tornare a quando da piccola si avvicinava il momento di partire per il mare. Avrebbe ritrovato gli amici e soprattutto un ragazzo che le piaceva tanto e che vedeva solo d’estate.
Si accorse che era emozionata come spesso le era accaduto la sera prima di un concerto. Non era solo paura o curiosità. I suoi concerti erano una sfida, qualcosa che avrebbe dovuto portare fino in fondo nel migliore dei modi. Questa volta però era una sfida diversa con un ingaggio senza precedenti: cinque milioni di euro. Erano già sul suo conto. Poi pensò al perché di quei soldi.
Allora si sentì più sicura, più rilassata. Solo cinque giorni con un uomo sconosciuto. Cosa posso perdere? Ma quell’ultima domanda non poteva aver risposta. Così, alla fine, anche lei si addormentò.
«È arrivato il taxi.» Andrea chiuse la tenda.
«Ciao, amore.» Sofia si piegò su di lui, gli diede un bacio, poi gli sorrise, prese la valigia, il beauty e uscì senza girarsi. Vedendola arrivare, il tassista scese dall’auto e sistemò i bagagli nel baule.
Sofia alzò il viso. Andrea era dietro la finestra e mosse la mano per salutarla. Lei gli sorrise, poi entrò nel taxi.
Un attimo dopo girarono l’angolo e sparirono inghiot-titi dal traffico. Il tassista la guardò nello specchietto.
«Dove andiamo?»
«All’aeroporto di Fiumicino, grazie.»
Sofia si raccolse i capelli mentre andavano e lentamente si fece due trecce, le fermò con gli elastici. Le servì per ingannare il tempo fino all’aeroporto. Poi pagò e scese. Trovò senza difficoltà il banco per la partenza.
Diede il passaporto e caricò sul nastro le valigie. Passò il controllo e alla fine si trovò a girare per i negozi aspettando che chiamassero il suo volo. Entrò in una libreria. Ci sarebbero volute poche ore per arrivare ad Abu Dhabi ma non sapeva poi quanto avrebbe volato ancora. Un libro le avrebbe permesso di affrontare il viaggio con più facilità, avrebbe distratto la sua mente.
“Ma perché non ci ho pensato prima? Sono piena di libri a casa, tutti quelli che prima o poi avrei voluto leggere.” Così entrò in una libreria, iniziò a girare, a guardare qualche titolo e alla fine la sua scelta cadde su un vecchio classico: Anna Karenina. Gliene avevano sempre parlato ma non l’aveva mai letto. Chissà cosa avrebbe trovato in quel libro, magari un segno, qualche attinenza con quello che avrebbe vissuto. Pagò e uscì, mise il libro nella borsa e guardò altre vetrine. Si divertì a vedere qualche bella borsa. “Se viaggiassi più spesso mi potrei prendere questo trolley Prada. È bellissimo e mi sembra molto spazioso pur essendo comodo.” Lo richiuse. “Ma quando mi capiterà di nuovo di viaggiare?”
Era una vita che non lasciava Roma.
Si fermò davanti a un negozio di costumi e parei. In vetrina c’era la foto di una spiaggia bianchissima. “È
vero! Non ho portato un pareo. Tanto sarò da sola con lui. Al massimo mi faccio prestare una sua camicia.”
Poi si mise a ridere da sola. “Insomma questa del pareo mi sembra l’ultima delle preoccupazioni.” Ma per un attimo si sentì di nuovo una diciassettenne che si sta allontanando per la prima volta da casa, che ha mille paure, mille incertezze, che pensa di non aver messo tutto nella valigia e di aver sicuramente dimenticato qualcosa di fondamentale per la sua vacanza. “Vacanza?” Sofia finì davanti a un grande specchio. Si guardò. “Tu non sei in vacanza. Tu non stai partendo per una vacanza.
Tu vai da lui per fare quello che lui vuole, quello che lui desidera, tutto quello che un uomo può volere da te per cinque milioni di euro. Cinque giorni. Cinque giorni potrebbero durare tantissimo, potrebbero sembrare infiniti, potresti non sopportarlo, detestarlo. Sofia? Ma perché ti prendi in giro? È un uomo bellissimo, ti piace, ti affascina, ti eccita. E in questo modo tu sei giustificata, non solo, sei strapagata per scopare con lui. Ma credi che lui tutto questo non lo sappia? Uno che conosce ogni cosa di te, i tuoi segreti, il tuo conto, ha le tue foto del passato, di tutti i tuoi concerti, vuoi che non abbia capito anche questo?”
Proprio in quel momento sentì la chiamata del suo volo. Si diresse velocemente verso il gate, mostrò il biglietto e il suo passaporto alla hostess che la fece passare. Subito dopo, a bordo, raggiunse il suo posto, si accomodò nella grande poltrona riservata per lei in prima classe. Arrivò uno steward che le portò dei giornali e un bicchiere di champagne.
«Grazie.»
In qualche modo era iniziata questa vacanza “particolare”. L’aereo si staccò dal finger, si allontanò sulla pista, si mise in posizione per aspettare il suo slot, poi fece una piccola curva, parti lento. I motori cominciarono a rombare, prese velocità e un attimo dopo era in volo.
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