«È di buon auspicio.» Sofia sorrise e gli passò i bicchieri che aveva preso in cucina. Andrea cominciò a versare lo champagne mentre lei scartò un pacchetto.
«Ho preso anche una Mimosa di Cavalletti. Oggi voglio proprio festeggiare e se metto su due chili… be’, li perderò!»
Andrea le passò il bicchiere fissandola negli occhi.
Sofia posò la torta e alzò il calice, rimasero in silenzio in attesa che uno dei due trovasse le parole giuste. Poi fu lui a parlare.
«Per tutto quello che hai fatto per noi e per il tuo amore che a quanto pare… è miracoloso.»
Era commosso. Anche Sofia stava per piangere.
«Adesso ricominciamo, uffa…»
Andrea si mise a ridere. «No, è vero, dobbiamo stare allegri, c’è pure la torta, scusa!»
Così brindarono toccando i calici con forza, facendo danzare quello champagne e lo bevvero tutto d’un sorso, fino alla fine. Poi tagliarono la Mimosa.
«Mmm, buonissima.»
«Sì.»
Andrea continuava a fissarla. Sembrava una bambina, staccava il suo pezzo di torta col cucchiaio. Lo riempiva veloce, lo portava alla bocca, non faceva in tempo a mandarlo giù che subito ne prendeva un altro. Poi si accorse che lui la guardava. «Che c’è?»
«Vorrei essere mangiato come quella torta…»
Sofia sorrise con la bocca ancora piena.
«Fammela finire e poi vedi che ti faccio…»
E lei continuò a mangiare, e lui a fissarla.
«Ma mi lasci mangiare in pace?»
«Sì. È che ho un po’ paura.»
Sofia diventò improvvisamente seria. «Di cosa?»
«Non vorrei che cambiasse mai nulla tra noi, sono felice così.»
«Perché dovrebbe?»
«Un cambiamento a volte porta altri cambiamenti…»
Sofia lo guardò. «È un rischio che devi correre… In tutti i sensi.» Poi sorrise, gli tolse il piatto dalle mani e cominciò a mangiare anche il suo pezzo di torta.
Nei giorni seguenti arrivarono i biglietti con un DHL. Il momento si avvicinava. Sofia cercò di non pensarci. Attraversava la città e si accorgeva di cose che non aveva mai notato. Alberi, piante, costruzio-ni, monumenti, il colore delle case. Alzava lo sguardo e scopriva attici bellissimi. Li guardava con meraviglia eppure erano sempre stati lì. Era passata accanto a quelle bellezze, a quei dettagli, come se fosse stata cieca. Si era fermata da un fioraio e aveva ordinato diversi mazzi per casa. Aveva preso dei tulipani, delle margherite gialle, dei ranuncoli di tutti i colori e dei gigli dal profumo forte.
«Me li può portare verso l’ora di pranzo?»
Poi aveva comprato alcune bottiglie di vino. Aveva preso del rosso e del bianco, degli ottimi Lacrima di Morro d’Alba Piergiovanni Giusti e del Pinot Bianco Penon Nais Margreid, che su una rivista erano segnalati per il buon rapporto tra qualità e prezzo.
«Ottima scelta» le aveva detto il commesso dell’eno-teca vicino casa. «Ottima scelta davvero. Molta gente paga delle bottiglie di qualità inferiore centinaia d’euro.
Io lo dico sempre, non ci vuole niente a essere bravi così. Quelle sono tutte persone arricchite, prendono il vino per fare i fenomeni quando invitano altri cafoni che ne sanno meno di loro…»
Sofia non sapeva cosa rispondere, annuiva e basta, aggiungendo a volte un minimo: «Eh, già…».
«Invece è comprando questi vini che si fanno crescere le piccole aziende di qualità, che meritano molto più di altre.»
«Eh, già…»
Poi le consegnò la busta, Sofia pagò e si salutarono. “La cosa bella di alcuni commessi” pensò, “è che ti spiegano la loro filosofia. “
Entrò a casa divertita, felice di aver fatto una scelta giusta, almeno in materia di vini e proprio in quel momento il suo telefonino squillò. Lo cercò disperatamente dentro la borsa, spostando i fazzoletti, le chiavi, il portafoglio, l’agenda e alla fine lo trovò. Numero privato. Chi poteva essere? Tutti. Chiunque. Lui. Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Perché dovrebbe chiamarmi? Cosa può essere successo? Fece un lungo respiro poi rispose.
«Pronto.»
«Signora Valentini?»
«Sì.»
«Sofia Valentini?»
«Sì?»
«Mi scusi se la disturbo, sono Luigi Gennari.»
Sofia rimase un attimo in silenzio. “Luigi Gennari…
Ho già sentito questo nome, ma chi è? Non me lo ricordo.” La voce le venne in soccorso.
«Sono il direttore della sua banca.»
Ecco chi era! Quel tipo basso, pelato, con i baffetti che non l’aveva mai degnata di uno sguardo. E come mai ora la chiamava di persona? E certo. In un attimo capì.
«Mi scusi se la disturbo, ma credo che lei sappia, sì, insomma non credo che sia un errore, volevo dirle che…»
«Sì, direttore. Sul mio conto sono arrivati cinque milioni di euro.»
«Ecco, sì. E volevamo sapere se le potevamo essere I
utili in qualche modo, se li vuole investire. Mi farebbe piacere riceverla. Ho preparato varie ipotesi di investimento. Oppure le mando il nostro promotore finanziario a casa all’ora che lei preferisce… Pronto?»
Sofia sorrise. Era ancora lì. Avrebbe tanto voluto attaccare. Decise che c’era una tecnica migliore. «Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare altri bonifici, però non mi chiami, direttore, la cercherò io quando sarò libera.»
«Sì, sì, certo. Anzi, mi scusi.»
«La scuso.» E attaccò. Be’, se non altro questo sfizio se l’era tolto. Così andò subito a uno sportello di banca, inserì il suo bancomat, digitò il codice senza farsi vedere, quella volta più attenta che mai e andò su “visualizza saldo”. Non poteva credere ai suoi occhi. La cifra era proprio lì, al centro di quello schermo:.. euro.
Senza volerlo coprì ancora di più lo schermo e si guardò in giro, poi rise di questo suo eccessivo zelo. Digitò alcuni tasti finché non scelse l’opzione “stampa”. Quando il foglietto uscì dallo sportello, lo piegò più volte e lo infilò nella tasca del portafoglio. Un attimo dopo era a casa.
«Guarda…» Lo mise sul tavolo sul quale Andrea stava disegnando. Andò a finire proprio sul progetto di una villa a Ladispoli. La cifra riportata ne avrebbe potute comprare più di trenta. Andrea prese quel foglietto tra due dita come se fosse un prezioso reperto, una pergamena ritrovata in chissà quali antichi scavi, una notizia che avrebbe sconvolto il mondo. In realtà era l’annuncio della sua nuova vita.
«Non ci posso credere. Sono arrivati sul serio. Era giusto che il mondo riconoscesse le tue capacità, il tuo dono non ha prezzo. Amore, solo grazie a te…» indicò le sue gambe, «potrà avvenire questo miracolo. Ogni singola nota che suonerai sarà guidata dal tuo cuore. Grazie.»
Allora Sofia rimase in silenzio, non fu capace di di-re nulla, né di sorridere. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento e aveva immaginato mille volte quella scena ma non era servito a nulla. Cominciò a piangere.
Lacrime silenziose, una dopo l’altra, scendevano sulle sue guance. Senza aspettare, sempre più grandi, dolo-rose, timide, ma consapevoli di quel grande imbroglio, di quella bugia nascosta.
«Amore, ma perché piangi?» Andrea si spinse in avanti, la raggiunse, le prese le mani, cercò di consolar-la. «Non fare così, mi metti in difficoltà, non so più che dire, come comportarmi… amore, ti prego.»
Sofia continuava a piangere. Era diventata particolarmente fragile in quest’ultimo periodo. “Perché?” si chiese. Andrea allungò la mano, cercando di fermare quelle lacrime.
«Ti prego…» Ma più parlava, più lei piangeva. “Co-me può essere così ingenuo” pensò, “come può non capire? È un altro prezzo quello che sto per pagare, Andrea, non è certo per la mia musica, per le mie doti o qualità… Mi sono venduta. Venduta.” E sentire pro-nunciare nella sua mente quella parola fu ancora più doloroso. Una smorfia le si dipinse sul viso, Andrea se ne accorse.
«Non importa. Non andare.»
E Sofia in quell’attimo avrebbe voluto fermare quella messinscena, svegliarsi da quel sogno di cartapesta, abbracciarlo, dirgli tutto, sentirsi di nuovo libera, sua, solo sua e di nessun altro, per nessun prezzo…
Ma capì che non era possibile, sarebbe stato stupido.
Era arrivata fin lì, doveva andare avanti.
«No, va tutto bene, amore.» Sorrise rientrando nella parte. «Sono emozionata proprio come te.»
E si abbracciarono. Rimasero così a lungo in silenzio.
Poi Andrea si staccò da lei, le fece una carezza e le sorrise. «Andrà tutto benissimo, vedrai. Siamo stati fortunati. Peccato solo per una cosa…»
«Cosa?» Il cuore di Sofìa cominciò a battere veloce.
“E ora cosa mi vuole dire? Cosa ha capito? Cosa ho sbagliato? Ecco, lo sapevo…”
Andrea prese la sua mano, la girò, mise il palmo verso l’alto, poi ci poggiò dentro le sue labbra e la baciò.
Comparvero solo i suoi occhi da lì sotto, pieni d’amore.
«Sarei tanto voluto venire con te.»
Tutto doveva sembrare vero. Non sarebbe stato naturale se non l’avesse fatto. E soprattutto, per come era lei di carattere, non sarebbe stata credibile. “Se devono essere le Goldberg, lo siano! ” si disse Sofia. L’opera più complessa, più difficile, più tutto. Più che inventata da Bach, si diceva che fosse stata soltanto trascritta dal Maestro perché in realtà composta da Dio. Sofia era consapevole del fatto che Andrea era a pochi metri da lei nell’altra stanza e che avrebbe ascoltato tutta la sessione giornaliera. Sarebbe stato costretto ad ascoltare otto ore di studio. Non voleva dare l’idea di un approc-cio approssimativo ma in realtà era emozionatissima perché, per la prima volta dopo tanti anni, era arrivato il momento della prova, del confronto.
Guardò la tastiera e lo spartito aperto alla prima pagina, Aria, ed ebbe una specie di vertigine. Ma non si lasciò tentare. Non avrebbe provato a leggere le Variazioni dalla prima all’ultima pagina. Avrebbe invece iniziato a studiare una sola variazione, la N. Mai e poi mai sarebbe riuscita a preparare le Variazioni se non le avesse già messe in repertorio all’età di sedici anni e poi eseguite in pubblico svariate volte quando ne aveva diciannove.
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