«Non ci posso credere. Forse hanno trovato una soluzione.»
Andrea fece cenno di sì. Aveva gli occhi gonfi di lacrime ma riuscì a resistere, poi spinse forte sulle ruote la carrozzella e si mise di fianco alla sua poltrona.
«Guarda…» indicò il secondo foglio. «Un’operazione chirurgica che prevede l’inserimento di cellule staminali dentro il midollo osseo, alla base della spina dorsale, che rida vita ai nervi e ai tessuti paralizzati… Vedi? Lo spiega qui.»
Sofia continuò a leggere. Poi si fermò.
«Sì, ma hanno fatto solo pochissimi interventi.»
«Tutti perfettamente riusciti.»
L’entusiasmo di Andrea era incredibile, era come una nuova speranza, l’occasione di una seconda vita.
Guardò Sofia con un’espressione fragile, quasi da bambino, come per dire: “Ti prego, lasciami sognare, non fare obiezioni, magari non lo faremo mai, ma lasciami sognare, almeno quello”.
E Sofia, vedendolo così, si sentì stringere il cuore.
Allora continuò a leggere finché la vista le si annebbiò.
Vedeva delle righe sfuocate e il labbro inferiore cominciò a tremarle. Le prime lacrime iniziarono a scendere silenziose, una dopo l’altra, come un fiume in piena trat-tenuto per troppo tempo dietro quella diga. Andrea se ne accorse, le passò il braccio dietro la schiena e la strinse a sé. Sofia nascose la testa nella spalla e cominciò a sin-ghiozzare. Lui sorrise e appoggiò la testa sulla sua.
«Ma allora non ti posso raccontare più niente…
Amore, non fare così. Non sai da quanto te ne volevo parlare e tu mi fai così!»
Si mise a ridere scostandosi da lei, asciugandole tutte quelle lacrime con le dita, portandosele poi alla bocca.
«Uhm… buone… Un po’ salate!»
«Che scemo!»
Ora Sofia rideva e tirava ogni tanto su con il naso, poi piangeva e di nuovo rideva, alla fine fece uno strano broncio con tutte e due le labbra, come se fosse solo sua la colpa.
Andrea prese le pagine tra le mani e cominciò a spiegare. «Ho cercato su internet, avevo sentito parlare di questa azienda privata, la Berson, che sostiene un grandissimo professore giapponese che opera allo Shepherd Center di Atlanta. E stato un grande ricercatore e i suoi studi l’hanno portato a tentare l’applicazione delle cellule staminali in tutti i campi. Sono praticamente delle cellule che “a comando” possono essere applicate come diversi meccanismi riparatori. Fino a quando non è arrivato a questo prodotto: il GRNOPCl.»
Le mostrò in fondo a un foglio una vera e propria di-mostrazione tecnica del tipo di impianto che Mishuna Torkama aveva fatto nei suoi primi interventi.
«Si viene sottoposti al bombardamento di milioni di cellule iniettate nel punto della lesione…» Indicò sul foglio successivo alcuni passaggi. «Ecco, vedi, queste cellule vengono programmate per trasformarsi in “oli-godendrociti” che sono i responsabili della trasmissio-ne di segnali tra neuroni. Praticamente renderebbero di nuovo nervosa la mia spina dorsale. Insomma sarebbe un miracolo…»
Rimasero in silenzio. Poi le indicò un altro foglio.
«Ma anche i miracoli oggi hanno un costo. Si parla di cinque milioni di euro.»
Andrea le sorrise.
«Per potermelo permettere dovrei disegnare una serie di edifici per i più grandi magnati della Terra e me li dovrebbero strapagare. Anche impegnandomi al massimo nei prossimi anni potrei coprire solo un decimo di quella cifra.»
Cinque milioni di euro. Sofia rimase in silenzio. Poi parlò. Non piangeva più e la sua voce era stranamente ferma. «Oppure io potrei riprendere a suonare.»
Andrea la guardò con tenerezza. Dopo otto anni poteva tornare a essere la grande pianista che era stata? E
comunque per una cifra del genere, ci sarebbero voluti tantissimi concerti. Ma non disse nulla. Sofia gli sembrava stranamente decisa.
«Per questa operazione potrei ricominciare.»
Sofia si alzò e preparò da mangiare. Cenarono in silenzio guardando un po’ di tv e quasi senza chiacchierare. Poi lei lo aiutò a mettersi a letto.
«E tu non vieni?»
«No, non ho sonno, rimango un po’ in salotto a leggere.»
Si diedero un bacio, poi lei uscì dalla camera da letto e accostò la porta. Si sedette sulla poltrona e riprese quei fogli. Li lesse di nuovo, più attentamente, senza emozione, cercando di capire bene i passaggi di tutta quell’operazione. Tornava ogni tanto indietro per rileg-gere qualcosa, usò internet per tradurre qualche termi-ne tecnico e anche per controllare la veridicità di tutte quelle notizie. Su YouTube trovò filmati di operazio-ni, servizi di telegiornale. Era tutto vero. Era dal che quella società privata, la Berson, stava lavorando sulle cellule staminali. Alla fine aveva compreso perfettamente tutto. L’obiettivo era quello di formare una nuova “mielina”, una guaina che permettesse ai neuroni compromessi di comunicare di nuovo. Era rischioso, ma lo Shepherd Center di Atlanta era specializzato nella cura della spina dorsale. Era un pericolo ma anche una speranza.
Si alzò dalla poltrona, andò in bagno, si struccò, si la-vò il viso, i denti, poi si infilò la camicia da notte. Spense le luci ed entrò in punta di piedi in camera da letto.
Andrea dormiva. Sentiva il suo respiro lento e sereno.
Stava sognando? Forse proprio quell’operazione. Scivolò lentamente sotto le lenzuola. Piano piano si abituò al buio. Aveva gli occhi aperti, stava immobile a pancia in su. Cominciò a ragionare: ipotizzava, prendeva in considerazione, scartava, valutava le conseguenze. Era possibile, si poteva fare, non sarebbe stato un peccato.
E quando finalmente vide con estrema chiarezza tutti i passaggi, si addormentò.
Sofia Valentini aveva una memoria fotografica. Si ricordava immagini, frasi, scene di film, momenti della sua vita e poi strade. Molti dei suoi ricordi erano legati a qualche cosa che l’aveva fatta ridere o piangere, qualcosa di strano o particolarmente emozionante. Le sue amiche, Lavinia, lo stesso Andrea la prendevano in giro per quella sua memoria che la “teneva sempre così attaccata al passato” e che in qualche modo non le permetteva di andare avanti.
«E dai, dimenticati qualcosa!»
E lei ne rideva, scherzava ma sotto sotto sapeva che era vero. Non aveva problemi a buttar via un golf, un vestito o un qualsiasi oggetto, ma non riusciva a dimenticare.
Ecco perché, anche se quel giorno aveva guidato senza particolare attenzione, riuscì a tornarci con grande facilità.
Un lieve bussare alla porta. L’avvocato Guarneri si tolse gli occhiali e posò quel contratto che stava leggendo sul tavolo.
«Avanti.» Si aprì la porta e si affacciò Silvia, la segretaria, leggermente timorosa. «Mi scusi…»
«Le avevo detto che non volevo essere disturbato per nessuna ragione.»
«Sì, lo so ma…»
L’avvocato Guarneri l’ascoltava con espressione sec-cata. «Ma… cosa?»
«È che c’è la signora Valentini. È venuta qui a sorpresa. E pensavo che forse era il caso di disturbarla…»
L’avvocato Guarneri si alzò dalla poltrona di scatto. «La faccia accomodare nella sala riunioni. Arrivo subito.»
Silvia richiuse la porta. Poi fece un sospiro. Il suo lavoro consisteva anche nel saper fare delle scelte. E
quella volta, ora ne era certa, aveva fatto quella giusta.
«Prego, signora, si accomodi.» Guidò Sofia nella sala riunioni. «Tra un attimo l’avvocato sarà da lei. Vuole qualcosa da bere?»
«Un caffè, grazie.»
Poco dopo Silvia tornò con un vassoio, lo posò sul grande tavolo, poi le sorrise e chiuse la porta. Sofia sentì il profumo del caffè. Mise lo zucchero nella tazzina, mescolò e alla fine bevve lentamente, perché era molto caldo.
L’avvocato Guarneri prese un blocco, si fermò davanti allo specchio, si sistemò la cravatta e si accorse che aveva dei capelli fuori posto. Ci passò sopra il palmo della mano destra lisciandoseli dietro le orecchie.
Poi si sorrise. “Che fai, Mario? Vorresti avere del fascino, piacerle? Lo sai che non ti riguarda, vero? Una così non ti vede neanche. Anche se non hai ancora cinquant’anni e guadagni bene, anche se, come dicono molte, sei un bell’uomo.” Allora sospirò. “La cosa che mi dà più fastidio è aver perso questa scommessa. Lui aveva detto che sarebbe passata oggi e così è stato.
Non c’è niente da fare. È uno psicologo eccezionale, soprattutto delle donne.” Si chiuse la porta alle spalle e si incamminò verso la sala riunioni, sapendo che avrebbe dovuto svolgere il suo ruolo da avvocato e nulla di più.
«Buongiorno, che piacere rivederla.»
Guarneri la salutò baciandole la mano, poi si accomodò davanti a lei. Notò subito il suo grande cambiamento rispetto al primo incontro. Era truccata, aveva un tailleur beige molto elegante, delle calze leggere color miele e scarpe di vernice impeccabili, marrone scuro, con il tacco alto. Già allora gli era sembrata molto interessante, ma ora era ancora più bella del suo ricordo. Guardò la sua camicia di seta color crema, era trasparente e faceva intravedere un reggiseno di pizzo chiaro.
Sofia si accorse di quello sguardo e incrociò i suoi occhi serena, come per dire: “È tutto a posto?”. L’avvocato arrossì e cercò subito di darsi un tono professionale.
Aprì il blocco e tirò fuori dalla tasca una penna, poi la poggiò sul foglio bianco e congiunse le mani.
«Allora! A cosa devo questa visita? E come mai è senza la sua insegnante?»
Sofia sorrise. «So suonare anche da sola.»
«Sì, sì, certo.» Guarneri capì che non sarebbe stato semplice. «Ha ripensato alla nostra proposta? Magari possiamo tentare per un’altra data. Il festival in Russia è già iniziato…»
Sofia lo guardò con sufficienza.
"L’uomo che non voleva amare" отзывы
Отзывы читателей о книге "L’uomo che non voleva amare". Читайте комментарии и мнения людей о произведении.
Понравилась книга? Поделитесь впечатлениями - оставьте Ваш отзыв и расскажите о книге "L’uomo che non voleva amare" друзьям в соцсетях.