Sofia continuò il suo racconto. L’aereo, la macchina a Verona, la suite nel suo albergo.
«L’ha comprato per far colpo su di te… Ma dai, Sofi, questo è un sogno…»
«Dipende dai punti di vista, per me è anche inquie-tante.»
«Anch’io vorrei un uomo che mi causasse queste in-quietudini… Oltre a quelle che mi fa vivere Fabio naturalmente!»
«Ah certo naturalmente…» Poi continuò il racconto, le parlò del concerto, della cena in aereo. «Pensa che c’era anche una cabina con il letto matrimoniale.»
«Aveva anche una cabina con il letto matrimoniale?»
«Sì.»
«Sul serio? E quindi… avete trombato.»
«Lavi! Ma così non è più neanche il discorso del fem-minismo, sei una vera e propria camionista.»
«Sì! Che poi non ho capito perché i camionisti devono sempre essere ritenuti volgari, una volta ne ho conosciuto uno colto, con una sua eleganza.»
Sofia rimase sorpresa. «E dove lo hai conosciuto?»
«In palestra!»
Sofia allargò le braccia. «Ma allora è un vizio!»
«Ma dai, scherzavo. Insomma, ci sei andata o no a letto?»
«Assolutamente no.»
«Cioè non c’hai fatto niente, non c’hai trombato…
Va be’, sì, insomma, non hai fatto l’amore?»
«Nooo!»
«Un bacio?»
«Neanche.»
«Niente?»
«Niente.»
«Non ci credo.»
«Non ci credere. Sei liberissima.»
«Ma scusa, l’aereo, la cena, il concerto, la suite…
Sei in totale controtendenza! Qualunque altra donna avrebbe detto di sì per un decimo di queste cose.»
«Hai una pessima opinione delle altre…»
«Scusa, eh, ma oltre a fare splendide sorprese è anche un bellissimo uomo.»
«Sì, solo che tu non pensi alla cosa più importante, quella che mi ha fatto dire di no in partenza.»
«E qual è?»
«Sono sposata. So di darti un dispiacere ricordando-telo, ma credo che lo sia anche tu!»
Poi le fece un mezzo sorriso e cominciò a correre lasciandola lì. Lavinia rimase a fissarla cercando cosa dire, la frase giusta, la controbattuta a quella sua affermazione, perché sapeva che c’era, c’era, ma non le veniva in mente. Poi sorrise. Qualcosa di buono l’aveva trovato.
«E l’amore? Eh? Dove lo metti l’amore?»
Ma Sofia continuò a correre, facendo finta di non sentire o non avendo sentito sul serio. Fece un giro leggero, senza spingere troppo sulle gambe. Era da tanto che non faceva sport e aveva deciso di cominciare piano. Così si mise gli auricolari del suo iPod, spinse su “classifica” e partì sulle note dei Franz Ferdinand e continuò su quelle degli Arctic Monkeys.
Quando finì il primo giro aveva ancora un po’ di fiato. Ma proprio mentre ripartiva dal punto da cui aveva iniziato, una mano l’afferrò fermandola e sfilandole gli auricolari.
«Ehi, ma mi hai sentito? E l’amore, eh? Dove lo metti l’amore?»
«Nelle favole… solo nelle favole.»
E ricominciò a correre.
Lavinia le corse dietro per un po’.
«Non ci credo… Sei diventata cinica! Stai facendo un grande errore. Sai cosa disse una volta Borges? Sono colpevole solo di una cosa, di non essere stato felice.»
«Ma ti è rimasta impressa solo quella? Avrà detto anche altre cose forse. La felicità va costruita, non è una scopata in macchina o in aereo! Abbiamo proprio due visioni diverse della vita.»
«Forse.» Lavinia smise di correre. «È che non capisco perché la tua debba per forza essere quella giusta!»
«Siamo sposate. Una donna, anche se ti può sembrare strano, deve avere le palle!»
Una settimana dopo. Sofia, rientrando a casa di pomeriggio tardi, li sentì parlare.
«Ma ti rendi conto? Cosa vuol dire?»
«Forse voleva che tu lo sapessi.»
«Si può?» Comparve sulla porta, sorridendo, come se nulla fosse, anche se in realtà in fondo al suo cuore sapeva già cosa era successo.
«Sì, ciao, amore, certo che si può… Stefano comunque stava andando via.»
«Ah, ti accompagno alla porta.»
«Non ti preoccupare.» Le sorrise. «Ormai conosco la strada.»
«Lo so… Ma ti voglio accompagnare lo stesso.»
«Come vuoi. Ciao, Andrea, ci vediamo martedì.»
Uscirono dalla stanza e attraversarono quel corridoio. A Sofia sembrò lunghissimo, camminava davanti a lui in silenzio e sentiva sulla schiena il peso del suo sguardo, le sue domande, la sua curiosità morbosa. Non si poteva continuare così, quel silenzio era troppo pesante.
«Vuoi bere qualcosa prima di andare?»
Aspettò un attimo prima di guardarlo negli occhi.
Pensò che si sarebbe trovata di fronte a uno sguardo severo, duro, un uomo che avrebbe voluto scavare in lei, conoscere ogni minimo dettaglio, perché comunque una cosa era certa, lei sapeva. E invece vide un uomo fragile. Stefano la guardava come arreso, in lei cercava solo qualche speranza, un barlume, la possibilità di vivere ancora il suo amore per Lavinia. Erano arrivati alla porta. E lui la salutò con una voce bassa e incerta.
«No grazie, non voglio niente.»
Sofia avrebbe voluto dirgli: “Allora ci vediamo presto, magari una cena qui da noi oppure un film…”.
Ma non ci riuscì. Sorrise e con un semplice «Ciao»
chiuse la porta. Poi andò da Andrea.
Lui era li con le braccia conserte. Quando la vide scosse la testa.
«Non ci voleva.»
«Vi ho sentito prima…»
Gli diede un bacio, poi si sedette ai piedi del letto, Andrea la guardò dispiaciuto.
«Mi hai costretto a mentire.»
«Io? E che c’entro io?»
«Non avrei voluto sapere. Si sta così bene senza sapere nulla.»
«Ma allora è come non vivere. La vita è sporca, l’hai detto tu, Andrea.»
«Sì, ma non così. Perché? Così è troppo. Alla fine me lo sono immaginato anch’io, ho visto Lavinia con quest’altro… In macchina.»
«In macchina?» Sofia fece finta di cadere dalle nuvole.
«Sì, la tua amica l’ha fatto in macchina. Anche questa cosa è assurda. In macchina si fa a diciott’anni, a venti…
Sembra che lo faccia apposta, che si senta come una ragazzina che vuole trasgredire…»
Sofia non voleva crederci. Come avevano fatto a saperlo? «Ma sei sicuro?»
«Stefano ha letto tutti i messaggi del telefonino, la tua amica neanche si preoccupa di cancellarli, capito? Ci so-no descrizioni intime e dettagliate con tanto di botta e risposta degli incontri, anche nell’ascensore di casa sua…
Oltre alla macchina.»
Sofia non voleva credere alle sue orecchie.
Andrea continuava. «L’iPhone sembra inventato per quei messaggi hot. Pensi che me lo stia inventando? Me li ha fatti vedere, li ha stampati tutti. Sembrano una chat erotica. “Quando me lo hai messo così, quando mi hai preso in quel modo. ” Li leggevo e non volevo più rial-zare la testa, ti giuro, mi sentivo morire, mi sarei sotter-rato, sarei voluto sparire… È stato terribile cercare di trovare qualcosa da dire.»
«E cosa gli hai detto?»
«Niente. Non ho trovato niente da potergli dire. So-no rimasto in silenzio come un cretino. Anche perché lui continuava dicendomi: “Ti rendi conto? Lavinia, no dico Lavinia, mia moglie, dieci anni insieme, sposati da sei e ora questi messaggi con uno più piccolo di me.
Capisci?”. Era fuori di sé, si attaccava alla cosa più stupida, che il tipo fosse più piccolo di lui… e poi ha continuato. Mi diceva: “Lo avresti mai potuto immaginare tu?”. Che gli potevo dire? Non è che lo immaginavo, io lo sapevo proprio…»
Andrea guardò Sofia poi scosse la testa.
«Non è giusto, cazzo. Mi sento sporco, mi sento colpevole, non vorrei mai aver saputo nulla di tutta questa storia, nulla.»
Sofia gli fece una carezza. «Amore, non è colpa tua, se quel giorno non mi avesse chiesto se mi ero divertita e tu non avessi capito che Lavinia mi usava come copertura, non avresti saputo nulla… E Stefano che ci ha messo in questa situazione.»
«Ah, poveraccio, ora è perfino colpa sua…»
«Ha voluto sapere, così come lei ha voluto farglielo scoprire.»
Andrea rimase in silenzio. Era scoraggiato, deluso.
Poi parlò. «Perché tutto inizia e finisce con questa facilità, perché non c’è la voglia di costruire, di andare avanti, di rinunciare, di essere forti. Perché non si ha più voglia del bello, dell’amore pulito, dell’amore onesto… Perché…» Chiuse gli occhi. Le lacrime lentamente gli stavano salendo. Poi improvvisamente aprì gli occhi, tornò lucido. «Anche tu sei così? Anch’io devo frugare nella tua vita, devo essere meschino, devo rinunciare alla mia dignità per sapere se sei stata in macchina o in uno squallido albergo con un altro?»
Sofia si irrigidì. Nessuna pietà. Nessun dolore. Si al-zò dal letto. «Te l’ho detto.» La sua voce era ferma e dura. «Quando non ti amerò più ti lascerò. Non darmi colpe che non ho.»
«E tu non rimanere mai con me per compassione.»
«Ti sembra un discorso d’amore questo? Non c’è un briciolo d’amore in quello che dici. Mi fai sentire sempre in colpa per qualcosa. Eppure sono passati otto anni e siamo stati felici. Siamo felici. Perché non capisci che il nostro amore ha resistito anche a quella prova?»
«Vieni qui…»
«No.»
Sembrò di nuovo la ragazza capricciosa e testarda di sempre.
«Ti ho detto vieni qui.»
«E io ti ho detto di no.»
Andrea sorrise. «Vieni qui, per favore.»
Rimasero per un po’ in silenzio. Andrea ci riprovò.
«Dai…»
Solo allora Sofia si mosse. Gli si avvicinò ma tenendo sempre il broncio, le braccia abbandonate lungo i fianchi, la testa bassa, ferita da quel paragone, da quel tempo buttato al vento così senza attenzione. Andrea le prese la mano, la tirò a sé e la baciò. «Hai ragione, perdonami.»
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