Anche lui non ha il costume. Continua a camminare.
Ora l’acqua è all’altezza delle sue cosce e Sofia, quando lo vede, arrossisce. Ma non si gira, fissa il suo desiderio.
Anche Tancredi sorride, senza vergogna, senza pudore, guardandola tra le sue gambe ora dischiuse. Poi un verso forte di un gabbiano, più forte, sempre di più. Il mare sembra come ritirarsi, le nuvole sparire, il cielo si schiarisce.
All’improvviso Sofia apri gli occhi. La sveglia. “Di già? Ma è volato il tempo! Secondo me è la tensione di tutta questa storia.” Si sentiva ancora calda ed eccitata. “Meno male che è suonata la sveglia.” Chissà cosa sarebbe successo dopo, si sarebbe steso vicino a lei, e poi? Arrossì. “Per fortuna che mi sono svegliata. Chissà come lo avrei guardato se avessi sognato fino in fondo!” Si mise a ridere, andò in bagno, si lavò il viso con l’acqua fredda, si mise quel poco di trucco che aveva con sé e si pettinò i capelli. Poi si guardò allo specchio.
“Ma che ti sta succedendo? Di solito non ti ricordi mai i tuoi sogni!” Poi usci dalla stanza. Chiamò l’ascensore e, arrivata nella hall, si guardò intorno.
Il direttore le venne incontro. «Il dottor Ferri Mariani la sta aspettando fuori.»
Sofia lo ringraziò e si diresse verso l’uscita. «Eccomi!»
Tancredi era fuori che stava pedalando su una bicicletta. «Quella è la tua.» Indicò con il mento una bicicletta parcheggiata davanti all’albergo, leggermente inclinata sul cavalletto.
«Ehi, ma ci sai andare, vero? Non è che cadi? Chi li sente poi i tuoi alunni che, invece di avere la Zacharova per un giorno, ce l’hanno per tutto il mese!»
Sofia rise divertita. «Ma figurati! Sono ancora fortis-sima!»
E così dicendo sollevò il cavalletto, salì sulla bicicletta e cominciò a pedalare. «Guarda… so andare anche senza mani.» Le tolse e fece qualche metro, poi vedendo che sbandava riprese il manubrio. «Allora dove si va?»
«Di qua…»
«Sicuro?»
«Il direttore mi ha fatto una mappa!»
E così si misero a pedalare uno vicino all’altra, tranquilli, sereni, senza fretta.
«Hai riposato un po’?»
«Sì…»
Sofia pensò al sogno, a quando lui era uscito dall’acqua eccitato. Piegò la testa facendo cadere i capelli davanti al viso e si nascose sentendo di arrossire.
«Ecco, siamo arrivati. Questa è la famosa casa di Giulietta.» Poggiarono le biciclette di lato. «Ma tu eri mai stata a Verona?»
«Solo una volta.» Si ricordò Sofia che aveva suonato all’Arena per un concerto importantissimo con grandi musicisti anche stranieri. «Ma non ero stata alla casa di Giulietta.»
«Ecco, quello è il balcone e quella è la statua. Sai come si fa no…»
«Sì.» Accarezzò il seno sinistro di Giulietta e chiuse gli occhi.
«Quale desiderio hai espresso?»
«Non si può dire, se no non si realizza più.»
«Ma se si realizza me lo dici?»
«Sì…»
Poi anche Tancredi toccò quel seno. Si girò e la guardò. «Anch’io te lo dirò… Se si realizza.»
E lo disse senza sottintendere niente, almeno così le sembrò. Poi ripresero le bici.
«Ma è tardi, tra poco arriva la macchina in albergo, dobbiamo sbrigarci! Te la senti di fare una gara?»
«Certo!»
Sofia cominciò subito a pedalare veloce.
«Non vale!»
«Come no!» Si alzò sul sellino per dare ancora più forza alle gambe, a tutta velocità attraversò piazza delle Erbe, spingendo sempre di più, una volata lungo corso Sant’Anastasia e fino ad arrivare all’albergo. «Prima!»
Frenò quasi impennando sulla ruota davanti, dovette mettere subito i piedi per terra per non cadere. «Visto?
Ho vinto.»
Poco dopo arrivò anche Tancredi. «Secondo me ti alleni la domenica.»
«Ma che sciocco… È da quando sono bambina che non ci andavo più…» Poi si passò una mano dietro la schiena. «Piuttosto devo fare una doccia. Sono tutta sudata!»
«Ok, quando hai fatto ti aspetto giù.»
Sofia prese l’ascensore e, arrivata al piano, entrò in camera.
Mentre si spogliava si ritrovò a sorridere. Si stava divertendo. Era tanto tempo che non passava una giornata così… Leggera. Ecco, era la parola adatta.
Stava bene con Tancredi, la faceva sentire sempre a suo agio. Era una cosa molto importante per lei. Si infilò sotto la doccia con un unico pensiero. “Ma gli troverò un difetto? E soprattutto, cosa ancora più grave, ce l’avrà?” Aprì il getto dell’acqua, si lavò rapidamente, si asciugò ancora più rapidamente e in pochi minuti fu pronta.
Tancredi era seduto al bar che l’aspettava. La guardò avanzare verso di lui. Le sorrise. Lei si fermò, lui la raggiunse e la prese sottobraccio.
«Non mi vuoi dire dove andiamo?»
«Tra poco lo saprai.»
«Mi sembra di essere in un film.»
«Lei era Julia Roberts. Ma tu sei più bella.»
Usciti dall’albergo, Savini scese dall’auto, aprì lo sportello a Sofia facendola accomodare. Tancredi salì dalla parte opposta e si sedette accanto a lei. La macchina partì tranquilla e si infilò nel traffico di Verona. Sofia sorrise a Tancredi, poi gli indicò il pulsante che serviva a separarli dall’autista.
«Posso?»
«Certo.»
Fece salire il cristallo. Ora erano soli.
«Sai, penso che tu sia veramente un tipo strano.»
«Anch’io lo penso di te.»
«No sul serio, non sto scherzando.»
«Neanch’io.»
«È come se ti nascondessi, in realtà sarebbe tutto molto più semplice, ma è come se tu la normalità non volessi accettarla.»
«Interessante questa analisi. E perché secondo te?»
«Forse perché hai paura.»
«Quindi alla fine il fifone sono io…»
«Forse… Oppure sotto sotto non ti importa proprio niente di niente.»
«Interessante anche quest’altra analisi. E quale pensi che sia quella giusta? O ce n’è una terza?»
«La terza potrebbe essere questa: tu pensi che sia tutto tuo, non solo le cose, ma anche le persone. Per un attimo concedi loro il mondo, le fai divertire, le fai sentire al centro dell’universo poi, secondo me, quando ti annoi, allora le butti via.»
«Pensi che io sia così cattivo?»
«Forse.»
«Non ci potrebbe essere un’altra lettura ancora?»
Sofia sorrise. «Sì, potrebbe essere. Forse.»
«Tu ti diverti?»
«Molto. Ma non ti darò soddisfazione, io non ci rimarrò male e comunque dopo stasera sarà tutto finito.»
Tancredi guardò fuori dal finestrino. «Ne sei così sicura?»
Sofia rimase un attimo in silenzio. «Sì. Ho deciso.»
«Ma non potrebbe essere tutto più semplice come dicevi tu?»
«Cioè?»
«Non ho mai trovato la persona giusta.»
«Troppo semplice.»
La Bentley procedeva in mezzo al traffico di Verona, sul Lungadige, poi svoltò a sinistra e infine superò alcune auto, portandosi velocemente a destra fino all’Arena.
«Quindi dopo stasera non ci vedremo più?»
«Esatto.»
«E non potresti avere un ripensamento?»
«No.»
«A volte si risponde con troppa sicurezza solo perché non si è affatto sicuri…»
Sofia gli sorrise. «E vero. Ma non in questo caso.»
Tancredi si girò verso di lei. «Ok, ma ora non roviniamo la sorpresa, siamo arrivati.»
L’automobile si fermò davanti a un grande cancello.
Un uomo della sicurezza controllò il pass poggiato sul cruscotto della macchina. Era tutto a posto. Fece un cenno a un collega all’interno del cortile. Il cancello si aprì e l’auto entrò nel parcheggio. Uno degli steward dell’Arena venne subito ad accoglierli. Tancredi e Sofia scesero dalla macchina.
«Grazie.»
«Prego signore, mi può far vedere i biglietti?» Lo steward diede un’occhiata veloce. «I vostri posti sono in fondo a destra. Buona serata.»
Tancredi prese sottobraccio Sofia. Lei provò a sbir-ciare tra le sue mani, a leggere quei biglietti, per capire quale spettacolo avesse scelto per lei. Tancredi se ne accorse e li mise in tasca.
«Ci sediamo?»
Si misero uno accanto all’altra. Il palco era in penombra, uno spot di luce tagliava il buio ma non dava modo di capire cosa stesse per accadere. Tancredi la guardò sorridendo. «Dai, manca poco… Resisti.»
Sofia cominciò a guardarsi intorno, cercava disperatamente un indizio, una scritta, un biglietto tenuto in mano da qualcun altro, un programma, un cappellino, una maglietta, niente. Non c’era niente. Studiò la gente intorno a lei. C’erano signori anziani eleganti ma anche giovani, ragazzi, ragazze, stranieri, italiani, qualcuno di colore, un giapponese. Non c’era nessun elemento che la potesse aiutare a capire. Niente.
Tancredi se ne accorse.
«Vuoi spostarti? Non ti piace dove stiamo?»
La prendeva in giro. Aveva voluto per lei le poltrone migliori.
«No grazie, va benissimo qui…»
«Ah, no perché vedevo che ti guardavi in giro…»
Proprio in quel momento si spensero le luci.
Tancredi le sorrise nel buio e cominciò a parlarle con una voce calda.
«Ha trentun anni, ha vinto nove Grammy Awards…
Piace… Sì, insomma, abbastanza, ma molto a te. Il suo nome comincia con la N…»
Una voce americana urlò. «Buonasera, Italia!» Si acceserò alcune luci sullo sfondo, dei fuochi d’artificio blu, bianchi e rossi salivano da dietro il palco. «Buonasera, Verona.»
E subito cominciò a cantare salendo da dietro.
In your message you said…
Sofia era a bocca aperta. «Norah Jones…»
«Eh già, hai indovinato…»
Sofia si alzò in piedi e cominciò a ballare divertita insieme a tutte le altre persone che le stavano intorno, seguendo il ritmo a occhi chiusi, con le mani in alto, agitandosi a tempo sulla musica di Chasing Pirates.
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