«Allora, posso offrirti qualcosa?» Tancredi aprì un piccolo mobile in legno chiaro al centro dell’auto, incassato tra i due sedili davanti. Una luce illuminò ogni tipo di bevanda, birra, birra analcolica, Crodino, Bitter bianco o rosso, Campari, una bottiglia da mezzo litro di vino bianco, di rosso, un piccolo champagne.

Sofia non mostrò nessuna sorpresa.

«Un Crodino, grazie.»

Tancredi lo prese, lo stappò e lo versò in un bicchiere. «Ecco tieni, vuoi anche qualche oliva, patatine, noc-cioline?»

«No grazie…»

Aspettò che anche lui prendesse qualcosa. Tancredi aprì una birra, la versò in un bicchiere e lo alzò verso di lei. «Alla nostra prima uscita…»

Sofia lo guardò. Avrebbe voluto aggiungere “… e anche l’unica” ma le sembrava troppo scortese, co-sì brindò e iniziò a sorseggiarlo. Intanto lo guardava.

Che strano, lo aveva conosciuto in pantaloncini e maglietta, bagnato e senza nulla addosso e se lo ritrovava elegante, con una splendida auto e addirittura l’autista.

“Come inganna l’apparenza” si disse spiandolo da dietro il bicchiere. “È bello, è misterioso, è sicuramente ricco e forse disonesto. Chissà come ha costruito la sua ricchezza. Pensa se mi arrestassero in sua compagnia!

Cosa potrebbero pensare Andrea, i miei genitori, le mie amiche, Olja!”

«Ehm, cosa fai tu nella vita?»

«Intendi che lavoro faccio?»

«Be’ sì, oltre al fatto che hai molto tempo libero…»

«Già.» Le sorrise, quella era una stoccata precisa.

«Tu cosa credi che io faccia?»

Sofia se lo immaginò tutto sudato con una mascherina sul viso, in una grande hacienda in Bolivia, che gira tra le vasche e controlla le fasi di lavorazione della pasta di coca.

«Mah, non so. Forse sei nel commercio…» Bevve un po’ di Crodino. «Spero lecito…»

«Mi occupo anche di quello. Abbastanza lecito.»

Sofia lo guardò preoccupata. «Nel senso che ho delle aziende all’estero e cerco di sfruttare al meglio le possibilità dell’import-export. Ti faccio un esempio, se del legname tagliato in Canada arriva direttamente in Italia paghi una cifra, se lo acquisti da altre nazioni europee e solo dopo lo importi in Italia risparmi un cinquanta per cento…»

«Ah…» Ma questo non l’aveva aiutata a capire di co-sa si occupasse effettivamente, così decise di essere più diretta. «Non vorrei trovarmi in qualche casino proprio oggi che è, come dici tu, la nostra prima uscita…»

«No. Per oggi non mi arrestano… Ho visto l’orosco-po.» Tancredi le avrebbe potuto raccontare delle centinaia di azioni del suo patrimonio, dei suoi investimenti e della sua infinita ricchezza ma lo trovò del tutto inutile. Sapeva perfettamente che a lei tutto questo non interessava. «Tu invece insegni musica?»

«Sì, ma questo te l’aveva detto Simona, la tua spia di sei anni. Hai molte informatrici donne.»

«Eh già.» Tancredi sorrise.

Sofia si chiese cosa gli avesse realmente raccontato Lavinia, se gli aveva parlato dei suoi successi internazionali, della sua storia privata, del perché aveva smesso di suonare…

«Non mi ha raccontato altro.» Aveva capito i suoi pensieri e non voleva che si sentisse in difficoltà. «Tranne una cosa…»

«Cosa?»

«E una sorpresa.»

«Vorrei sapere…»

«Ma se ti ho detto che è una sorpresa la roviniamo.

Allora guarda…» Controllò l’orologio. «La saprai tra massimo cinque o sei ore. Puoi resistere?»

Sofia pensò che non doveva essere nulla di importante. Sì, avrebbe potuto resistere e lasciò perdere. Gli raccontò quel che aveva pensato di lui la prima volta.

«Ma ti rendi conto? Ho pensato ma cosa vuole questo qui, in pantaloncini, tutto bagnato, come minimo mi ruba la borsa o peggio la macchina, che tra l’altro mi aveva prestato proprio Lavinia.»

«Ma dai!»

«Sì! E quando ti ho incontrato al bar, all’inizio ho pensato sul serio che fosse un caso. Certo che a volte sono proprio ingenua…» Poi lo guardò male. «A volte però no, eh… se m’impegno.»

«Ah certo… Non ne dubito.»

«Non mi credi?»

«Come no! Vuoi scommettere di nuovo? Ho giusto qualche data libera per la prossima settimana…»

«Meglio di no! Chissà in quale altra storia finisco…

Tu sapevi già che Lavinia ci sarebbe andata con Fabio.

Sei stato scorretto.»

«Mai detto il contrario, non avrei messo a repentaglio così facilmente il mio autista.»

Continuarono a ridere e scherzare.

«Ma cos’era quella musica del coro…»

«Bach, La Passione secondo Matteo.»

«Era straordinaria, anche se non l’avevo mai sentita.»

«Pare che Bach in quell’opera, mentre scriveva della crocifissione, si sia messo a piangere bagnando di lacrime la partitura…»

Tancredi era incantato a guardare la sua bocca, le sue labbra, le sue espressioni buffe.

«Ma mi stai ascoltando?»

«Ma certo, Bach…»

«Ma quello l’ho detto un’ora fa…»

E rise di gusto e, per la prima volta da diversi anni, si accorse che non stava pensando a niente, proprio a niente e si sentì leggera e allegra. Ma all’improvviso smise di sorridere, senza volerlo, si trovò a guardarsi da fuori.

Era uno dei tanti pedoni, si trovava su quel marciapiede, vedeva passare quella macchina con autista e dietro c’erano un uomo e una donna che ridevano. Ridevano.


E quella donna era lei. Allora si ricordò di quel che le aveva detto Andrea, poco prima che si sposassero.

“Sai di cosa ho paura?”

Lei stava mettendo a posto delle camicie nell’armadio.

“Tu? Ma se non hai avuto paura di niente in vita tua…”

“Aspetta, aspetta, riguarda te…” aveva detto lui dalla camera da letto. Allora Sofia si fermò, comparve sulla porta, pronta ad ascoltarlo.

“Di cosa?”

“Che un giorno potresti avere voglia di essere corteggiata…”

“Ma ci sarai tu, spero! “

“No, di essere corteggiata da qualcuno che non conosci. E di corteggiare. E questa la cosa che mi fa paura.

La tua voglia di essere ammirata, la tua voglia di piacere e di conquistare. Quelle frasi dette a metà quando ci si conosce appena, quei sottintesi, quelle allusioni, quella scherzosa schermaglia che a volte avviene tra un uomo e una donna per decidere chi avrà il potere…”

“Il potere? E di cosa?”

“Dell’amore.”

Era rimasta in silenzio a riflettere su quelle frasi. Pensò che si trattasse di una paura normale prima del grande passo e decise di non darle troppa importanza. E

ora, dopo cinque anni, quel discorso le tornò in mente all’improvviso. Andrea aveva avuto ragione? Tancredi la richiamò al presente con un battuta e lei rise, perché sapeva che quello era il momento di ridere. E perché faceva ridere, perché quell’uomo era spiritoso e bello e misterioso e ricco e affascinante. E la stava corteggian-do. E lei si sentiva ammirata, le piaceva piacergli e in qualche modo voleva conquistarlo. Poi finì di bere quel Crodino. Cinque anni prima non aveva risposto a quelle domande, ma lo fece in quel momento. “È solo un divertimento, Andrea, non ti preoccupare, non dobbiamo decidere in questo caso chi avrà il potere dell’amore. È


una semplice fuga. Te l’ho già detto, dopo questa volta non lo vedrò mai più, che lui abbia giurato o meno, lo giuro io e tu sai come sono fatta”. Allora Sofia fuggì via e tornò da Tancredi, a quel gioco.

«Me lo vuoi dire o no dove stiamo andando?»

«Non posso, fa parte della sorpresa…»

«Ah…»

Ma fu come se all’improvviso un’altra domanda di Andrea piombasse nella sua mente.

“Sei sicura di sapere come sei fatta? Non potresti essere cambiata in tutto questo tempo?”

Lei fece finta di niente. Andrea continuava. “Che fai, non mi rispondi? Non lo sai, vero?”

Chiuse per un attimo gli occhi. Era stanca. Stanca di dover rendere conto.

«Siamo arrivati.» Tancredi le stava sorridendo e la salvò da quella raffica di domande che sarebbe rimasta senza risposta. Si alzò una sbarra, l’auto entrò in un grande spiazzo. Solo allora lei lesse la scritta. «Ma è un aeroporto…»

Gregorio Savini teneva aperto lo sportello della macchina. «Prego, di qua.» La fece scendere..

Tancredi allargò le braccia. «E questo è un aereo.

Nella scommessa non avevamo detto che non ci potevamo spostare…»

Sofia era senza parole, camminava come inebetita tra loro. «Ma io non ho nulla…»

«Non serve nulla…» E in un attimo si ritrovò seduta su una grande poltrona in pelle, il portellone si chiudeva davanti a lei.

«Guarda che io per mezzanotte devo essere a casa…»

«Sei peggio di Cenerentola. Ci sarai.»

Sofia si mise a ridere, poi una hostess elegante e carina le chiese se desiderava qualcosa. «Niente, grazie…»

Un capitano dai capelli brizzolati e la voce un po’ grossa la salutò. «Buonasera.»


Poi si diresse verso la cabina dove c’era un secondo pilota. Il capitano gli si sedette accanto. Li vide spingere alcuni bottoni, abbassare alcune leve, anche il secondo la salutò con un sorriso. «Quando saremo decollati se vuole può venire in cabina.»

«No, no… Grazie» rifiutò educata.

Dopo un attimo si ritrovò un bicchiere tra le mani.

«Allora, brindiamo?»

Sofia alzò il calice. «A cosa?»

Tancredi ci pensò su. Poi non esitò. «Alla musica.

Che la si insegni, che la si ascolti, che faccia parte della nostra vita, che siano sempre le note più belle… Alla musica dentro di noi.»

E Sofia fu felice di brindare con lui, sorrise e poi bevve. Lo champagne era molto freddo, pieno di bollicine, leggero, secco, perfetto. E non fece in tempo a posare il bicchiere che arrivò la hostess e glielo riempì di nuovo. Poi come d’incanto sparì. Le luci si abbassarono.