«Non mi sembra strano. Mi sembra tutto assurdo…»
Tancredi era lì di fronte a lei. Indossava una giacca blu, una camicia bianca e un paio di pantaloni di cotone grigi. Era molto elegante. Sofia non riusciva a capaci-tarsi di quella situazione. Era accaduto di nuovo e le dava fastidio quell’intrusione nella sua vita. Era anche vero che la costanza di Tancredi aveva in qualche modo acceso la sua curiosità.
«Tu non ti arrendi mai, eh?»
«Quasi mai. A volte sì, solo quando mi rendo conto che potrei diventare maleducato. Se mi dirai di non cer-carti più, questa volta lo farò.»
«Manterrai sul serio la parola?»
Tancredi incrociò le dita sulla bocca. «Giuro.»
Sofia si mise a ridere. «Non vedevo un gesto del genere da quando ho smesso di fare gli scout! Circa vent’anni fa!»
«Vedi, ci volevo io per farti tornare scout e soprattutto per farti ridere.»
Sofia alzò un sopracciglio. «Non ci vedremo più do-po oggi?»
«Se non vorrai tu no, te l’ho già detto.»
«E se mi rapisci?»
Tancredi sospirò. «Gregorio?» Si aprì il finestrino davanti. E si affacciò Savini. «E vero che non la rapi-sco?»
«Assolutamente no, signora, si può fidare.»
Sofia guardò Tancredi che allargò le braccia come per dire: “Hai visto, come fai a non fidarti?”. Allora anche lei sorrise. In effetti la situazione era abbastanza divertente, non c’era niente di male a scambiare quattro chiacchiere con lui. Avrebbero fatto un giro e poi non si sarebbero più rivisti. Decise di accettare quell’invito.
«Ok.»
Tancredi aprì lo sportello dell’auto e la fece salire, poi lo chiuse e fece il giro dall’altra parte, salì anche lui e l’elegante Bentley Mulsanne partì silenziosa. Tancredi la guardò. Sofia sembrava a suo agio.
«Sono proprio contento di essere riuscito a convincerti, sarebbe stato uno sbaglio non darci quest’occasione di conoscerci un po’ meglio.»
Sofia alzò le sopracciglia. «Uno sbaglio per chi?»
«Per tutti e due forse…»
L’auto procedeva veloce. Tancredi spinse un pulsante e un grosso vetro di cristallo salì tra loro e l’autista.
Quando si chiuse Tancredi la guardò. Era più bella di come la ricordava, di come l’aveva vista in tutti quei filmati e in quelle foto. Mentre osservava la sua bocca, i suoi occhi che guardavano avanti, le sue mani immobili sulle gambe, si ricordò i temi che aveva letto, le sue poe-sie, le frasi che lei aveva sottolineato in quei libri, quelle che aveva scritto nei suoi diari. Si ricordò di come l’aveva vista da ragazza nelle foto del paese, su quel motorino…
Sofia si voltò verso di lui. «Hai ottenuto quello che volevi, sei contento?»
«Molto. E tu no?»
«Io non l’ho cercato.»
«Hai ragione.»
«E se fosse capitata a te una sorpresa del genere, co-me l’avresti presa?»
Tancredi sorrise. «Bella domanda. Mi ci fai pensare un attimo?»
«Certo.»
Sofia invece pensò alla sua vita, i suoi alunni con Ekaterina Zacharova, lei su quell’auto con uno sconosciuto. E poi suo marito. Cosa avrebbe detto Andrea di tutto questo? E all’improvviso si ricordò una frase di Lavinia.
“Il senso di colpa è della nostra cultura, ce lo ha in-culcato la Chiesa…”
“È così? Io mi sento in colpa?” E in quell’attimo ca-pì. “No. Mi sento libera.”
«Forse mi avrebbe fatto paura.»
Le parole di Tancredi la risvegliarono dai suoi pensieri. «In che senso?»
«Oggi il mondo è pieno di folli… Però se poi avessi visto Savini mi sarei tranquillizzato. Anzi, mi sarebbe piaciuta una sorpresa così. Me ne vuoi fare una anche tu?»
«Non sarei capace. Non sono testarda come te, non sarei mai riuscita a trovare Ekaterina. E poi quando mi dicono no a me basta una volta…»
«È che io faccio finta di non sentire.»
«Questa volta hai giurato.»
«È vero…» Rifece il segno degli scout e Sofia rise di nuovo.
«E comunque verso le venti e trenta devo essere di nuovo alla chiesa. Ho un impegno stasera.»
«Sicura?»
«Certo. Non ti dico bugie.»
Tancredi rimase un attimo in silenzio. «Allora facciamo così, se l’impegno di stasera salta stai con me.»
«È impossibile che sia saltato.»
«Allora scommettiamo.»
«E io cosa vinco?»
«Quello che vuoi. Vuoi scendere dalla macchina?
Hai paura?»
«Non ho paura.»
«Ma magari ci hai ripensato e non ti va più di stare con me.»
«Non ci ho ripensato.»
Sofia guardò avanti e le venne un’idea. «Se il mio impegno non è saltato tu mi lasci con questo signore qui davanti per tutto un giorno a mia scelta così che mi faccia da autista e mi porti dove voglio.»
«Compresa la macchina?»
I
«Certo!»
«Va bene, se invece l’impegno che avevi è saltato resti con me fino a mezzanotte…»
«Perfetto.»
Tancredi le tese la mano. «È una scommessa.»
Sofia la strinse. Sentì un brivido, lui la guardò negli occhi. «E le scommesse si pagano.»
«Io le pago sempre.»
Le sorrise. «Meglio così.»
Era bello e molto sicuro di sé. A volte le faceva paura, altre la faceva ridere. Poi Sofia tirò via la mano. «Mi dispiace. Hai perso…»
Tancredi rise. «Ma come fai a esserne così sicura?»
«Perché una mia amica ha preso dei biglietti…»
«Per un concerto.»
Sofia rimase colpita. Come faceva a saperlo? Magari lo immaginava soltanto, aveva tirato a indovinare.
«Sì, e siccome sa che era una cosa che mi piaceva da morire…»
«Non ti darebbe mai una fregatura, giusto? Ma forse è successo un imprevisto, qualcosa che tu non hai considerato. Forse ti ha scritto un messaggio per avvisarti che purtroppo non può più venire…»
Sofia lo fissò. Non poteva crederci, non era possibile.
Ci stava provando, stava bluffando. Non conosceva Lavinia. Non poteva aver organizzato tutto questo. Aprì la borsa, cercò nelle tasche, sotto il portafoglio, l’agenda, le chiavi finché non trovò il telefonino. Lo aprì e vide la bustina che lampeggiava. Sì, ma poteva essere chiunque, Andrea, un suo amico, l’avviso di una telefonata arrivata quando il telefonino non prendeva. Allora Sofia lesse il messaggio e rimase senza parole. Era Lavinia.
“Non ti arrabbiare. Vado con Fabio a vedere gli U, non posso dirti niente ma credo che il tuo programma ti piacerà di più, ti voglio bene.”
Tancredi la guardò sorridendo. «Mio padre mi diceva sempre: “Nell’essere troppo sicuri, si perdono le scommesse più facili”.»
Sofia non aveva più parole. Chi era quell’uomo? Perché faceva così? Aveva conosciuto anche Lavinia? Era lui che le aveva dato i biglietti? Come faceva a sapere degli U? Le sembrava di impazzire. «Fammi scendere.»
Tancredi divenne serio. «Ma non è giusto. Hai perso la scommessa. I debiti si pagano.»
L’auto continuava ad andare. «Ho detto fammi scendere!»
Sofia iniziò a battere con il pugno sul vetro che la divideva dall’autista. Savini se ne accorse. Guardò Tancredi dallo specchietto e lui gli fece cenno di sì. La macchina accostò. Sofia scese di corsa, Tancredi le fu subito dietro.
«Aspetta, dai, non ti arrabbiare…» Provò a fermarla.
Lei si liberò subito e gli si avvicinò affrontandolo.
«Non mi toccare, mi metto a urlare.»
«Hai ragione, scusa, però parliamone…»
Sofia riprese a camminare veloce, Tancredi le stava accanto. «Volevo solo vederti.»
«Non mi piaci. Non sai chiedere le cose.»
«Ma se le chiedo normalmente mi dici sempre di no!»
«Vuol dire che è no e basta, fattene una ragione.»
Tancredi cercava di recuperare. «Ma scusa, sei ingiusta, avrei potuto chiederti molto di più! Io sapevo già di aver vinto! In un certo senso sono stato onesto…»
«Hai uno strano concetto di onestà.»
«Allora diciamo che non ne ho approfittato, ti ho chiesto solo un po’ di tempo in più… Dai, non fare così.»
Le appoggiò di nuovo la mano sul braccio, lei si bloccò di scatto e lo guardò scocciata. Tancredi alzò subito le braccia come per dire: “Hai ragione, vedi, non ti tocco”. Sofia fece un sospiro.
«Come hai conosciuto Lavinia?»
«È stato un caso, sono amico di Fabio.»
Non era vero, ma questo la tranquillizzò. Rimasero un attimo in silenzio. «Hai ragione, ho sbagliato. Allora facciamo così, anche se hai perso la scommessa per farmi perdonare ti presto l’autista!..»
Quest’ultima cosa la fece ridere. Poi tornò seria. «Non mi imbrogliare più.» Si girò di spalle e tornò verso la macchina camminando veloce;
Tancredi la raggiunse e le aprì lo sportello. Sofia lo guardò negli occhi. «Questa cosa te la ripeto per l’ultima volta: non mi imbrogliare mai più.»
Tancredi fece per muovere la mano.
«E non giurare da scout.»
Sofia salì sull’auto. Quando anche Tancredi fu a bordo, Gregorio Savini ripartì. Ogni tanto buttava l’occhio nello specchietto retrovisore per vedere come andavano le cose. Era strana quella ragazza, sembrava diversa da tutte le altre. Aveva più carattere, una sua indipen-denza, per quel poco che aveva letto e capito dalla documentazione trovata, era una ragazza profonda e sensibile. Savini guardò di nuovo nello specchietto. Ora le cose si erano sistemate, stavano di nuovo ridendoj Tancredi sarebbe riuscito ad averla ancora vinta? E, una volta avuta, si sarebbe stancato subito di lei? Sì.
Sarebbe stata come tutte, l’avrebbe lasciata una mattina presto con un pensiero, un biglietto, dei fiori, con una delle tante frasi che aveva già usato per farsi dimenticare senza rancore.
E se invece fosse stata quella giusta? Esiste una donna giusta per ogni uomo? Quella era la donna destinata a Tancredi? Savini sorrise. Tancredi innamorato, questa sì che sarebbe stata bella.
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