Alla fine del ricevimento, gli sposi avevano registrato su un file tutte le musiche che erano state suonate dagli amici di Sofia, tutti grandi musicisti internazionali, così che a ognuno rimanesse la colonna sonora di quel matrimonio.
Il giorno dopo i genitori di Sofia erano tornati in Sicilia e gli sposi erano partiti per la luna di miele. Avevano scelto un crociera al Nord. Era stato un viaggio bellissimo, a contatto con la natura, su una grande imbarcazione che aveva raggiunto l’estremità del Sognefijord, il più lungo fiordo norvegese, per tornare infine a Oslo. Lì avevano passato due giorni bellissimi. Erano andati anche a un concerto tenuto da una giovane pianista giapponese che aveva suonato le Variazioni Diabelli di Beethoven.
Sofia uscendo gli aveva chiesto: «Ti è piaciuto?».
«Moltissimo ma suoni meglio tu…»
«Lo dici perché sono tua moglie.»
«Ah già… Me l’ero dimenticato!»
E ridendo erano tornati in albergo.
«Allora? Si può sapere cosa aspetti per questo figlio?» La voce di Stefano lo riportò al presente.
«Ma hai detto tu che decidono tutto loro!»
Proprio in quel momento sentì la chiave nella toppa.
«Eccola. Non parliamone più. Sofi, sei tu? C’è Stefano.»
«Ciao, ragazzi.» Sofia comparve sulla porta. «Cosa state combinando?» Li guardò tutti e due con aria indagatrice. «Avete l’aria furbetta.»
Andrea pensò che la miglior difesa fosse l’attacco.
«Niente di che, stiamo organizzando una serata per soli uomini.»
«Ah bene. Sono d’accordo, avete il mio permesso.»
Così dicendo Sofia andò in cucina a poggiare la spesa, ma la voce di Stefano la prese in contropiede.
«D’altronde voi ieri sera siete uscite con quelli della palestra, no?»
A Sofia caddero per terra alcuni pomodori, si piegò a raccoglierli appena in tempo, Stefano era sulla porta della cucina.
«Com’è stata la serata? Vi siete divertite?»
Sofia rispose restando chinata. «Sì, abbastanza, ma sai come sono queste cose…»
Sofia non aveva la minima idea di cosa stesse parlando e ringraziò quei pomodori che le avevano permesso di rispondere senza farsi vedere in faccia. Contempo-raneamente maledisse l’amica che non l’aveva avvisata.
“Le si è proprio fuso il cervello” pensò. Si rialzò siste-mandosi la gonna. Stefano purtroppo era ancora lì.
«E dove siete stati a cena?»
«In Prati.» Aprì il rubinetto dell’acqua sperando non ci fossero altre domande. Sentì che lui la stava osservan-do, così continuò. «Non mi ricordo bene, mi ci hanno portato, quelli della palestra vanno sempre lì.»
«Ah sì… Deve essere la pizzeria Giacomelli, si mangia bene e si spende poco. Me l’aveva detto Lavinia che l’altra volta erano stati lì…»
«Sì, credo di sì.» Sofia aprì la busta dell’insalata e cominciò a lavarla. Stefano non accennava ad andarsene.
«Mi passi i pomodori sul tavolo, per favore?»
«Certo.»
Sofia li prese senza voltarsi. Poi pensò che quel suo tono freddo potesse essere un segno evidente di colpe-volezza, allora si girò con un sorriso, come se le fosse venuto in mente solo in quel momento. «Ehi… Ma ti va di rimanere a cena? Faccio una frittata con patate e zucchine…»
Stefano rimase in silenzio a fissarla. Sofia si sentì morire. Aveva capito. Aveva capito tutto. Poi finalmente lui le sorrise. «No grazie. Un’altra volta molto volentieri. Ho promesso a Lavinia che stasera saremmo andati a cena fuori e poi al cinema. Sai, è il nostro anniversario.
Dice che me lo dimentico sempre.»
«Be’, meno male che non è successo stavolta!»
«Sì, anche perché voi donne ci tenete molto a queste cose, no?»
I
Sofia chiuse per un attimo gli occhi, le sembrava che ogni parola sottolineasse la sua complicità. Continuò a lavare i pomodori come se nulla fosse.
«Oh sì, ma anche voi uomini quando volete…»
«Già. Hai ragione.» Stefano rimase ancora un attimo in silenzio. «Be’, buona serata. Ci vediamo mercoledì.»
E uscì dalla cucina.
Sofia fu presa da un attacco di rabbia, appoggiò le mani al lavandino, fece cadere l’insalata nel lavabo, poi ci buttò dentro con forza anche i pomodori. Sentì Stefano che diceva qualcosa ad Andrea in salotto, si salutarono e alla fine sentì chiudere la porta di casa.
Si asciugò le mani sul telo appoggiato alla maniglia del forno, prese il telefonino dalla borsa e corse a chiudersi in bagno. Fece subito il numero e aspettò nervosa che lei rispondesse.
«Ciao, Sofi!»
Non la salutò neanche. «Come ti viene in mente di dire che eri a cena con me, no, dico, come cazzo ti viene in mente quando sai che Stefano sta sempre qui da noi…»
«Ma di te mi posso fidare!»
«Ma io no di te! Sai cosa ha fatto tuo marito? Mi ha chiesto com’è andata ieri sera la cena e dove siamo stati.»
«E tu che gli hai risposto?»
«Gli avrei voluto dire la verità!»
«Potevi dirla.»
«Ma sei fuori?»
Dall’altra parte lei sbuffò. «Invece cosa gli hai detto?»
«Che siamo stati in Prati.»
«Perfetto! Con quelli della palestra andiamo di solito da Giacomelli, oltretutto la pizza è buona e costa poco.
Sei stata credibile.»
Sofia scosse la testa. Non voleva crederci. «Ma sei completamente fuori! Tu sei sposata. Oggi festeggiate anche l’anniversario. Quanti anni?»
«Sei. Non abbiamo retto, non siamo neanche arrivati alla crisi del settimo anno.»
«Lavinia…» Poi si accorse che stava urlando e si mi-se a parlare più piano. «Ieri sei uscita con quello della palestra?»
«Sì, sono stata a casa sua, è stata una cena perfetta, bellissima divertente e poi abbiamo scopato… Anzi, mi sa che abbiamo fatto l’amore.»
«Ah bene, ieri hai fatto l’amore con uno semiscono-sciuto e oggi festeggi felice l’anniversario con tuo marito.»
«E che problema c’è?»
«Cioè, non hai sensi di colpa? Non provi niente?»
«Il senso di colpa è della nostra cultura, ce lo ha in-culcato la Chiesa.»
«Te l’ha detto lui?»
«Lui chi?»
«Lui il ragazzino.»
«Primo ha più di trent’anni e secondo si chiama Fabio. E terzo quella cosa l’ho letta. Anch’io posso avere delle mie idee senza che qualcuno me le suggerisca, non credi?»
Sofia capì che era meglio lasciar perdere. Ne avrebbero parlato di nuovo, meglio se di persona, era in bagno da troppo tempo, come se fosse lei ad avere l’amante. «Lasciamo stare, Lavi, ne parliamo un’altra volta.»
«Certo.»
Poi Sofia ci pensò su. «Non so se Stefano ha qualche sospetto…»
«Credo che qualcosa abbia capito. Comunque forse glielo dirò.»
A Sofia caddero le braccia. «Aspetta almeno che ne parliamo io e te di persona!»
La sentì ridere dall’altra parte. «Ok, va bene, presto però, entro la prossima settimana, se no non ti prometto niente. Piuttosto, tu l’hai sentito l’uomo del desiderio? Quello che ti fa tradire Andrea con il pensiero?»
Sofia rimase un attimo sorpresa, poi capì che si riferi-va a Tancredi. «No, per quanto riguarda me puoi stare tranquilla.»
«Oh, io dormo serena. Fammi sapere quando ci esci però!»
«Non prima che tu abbia un figlio maggiorenne che reputerà sua madre una santa.»
«Sì, sì… Mai dire mai.»
Scherzarono ancora un po’, poi attaccarono. Sofia chiuse il telefonino, lo poggiò sul bordo del lavandino poi lasciò scorrere l’acqua, ci immerse le mani e si lavò la faccia. Si sciacquò più volte. “Ma cosa sta accadendo? Come può una donna rinnegare tutte le sue scelte?
Lavinia sembrava così sicura del suo rapporto…” Poi rivolse quelle stesse domande a se stessa. “Sono sicura di essere così innocente? Sono sicura che io non ci ca-scherò mai? No, io no. O almeno non lo farò in questo modo.” E già il fatto di tornare a pensarci, di aver trovato comunque una via d’uscita, la fece sentire colpevole.
Andò in salotto, sperò solo che Andrea non avesse sentito la sua conversazione con Stefano. Lui sapeva perfettamente che la sera prima non era uscita.
«Che ne dici di una frittata patate e zucchine e di un’insalata con pomodori?»
Andrea era d’accordo. «Metti qualche cipolla nella frittata?»
«Ok.»
«E un po’ di mais nell’insalata. Anche le olive!»
Sofia era già in cucina. «Ok, anche le olive!»
Poco dopo erano a tavola. Sofia aprì una birra per lui. Andrea invece le versò dell’acqua leggermente friz-zante. Mangiarono in silenzio, scambiandosi qualche battuta.
«Come è andata oggi?»
«Benissimo.»
«Fa caldo, vero… O sono io che sento caldo?»
«Oh, io sto bene, forse lo senti perché ti sei mossa in cucina.»
«Vuoi il dolce?»
«No, solo della frutta, grazie.»
Andarono a dormire presto. Qualche auto passava lontano sulla tangenziale. Andrea aveva smesso di leggere e spento la luce. Lei era girata dall’altra parte. Do-po un po’ Andrea buttò lì un «Buonanotte» tanto per vedere se già dormiva.
«A te, amore. Dormi bene.» Sofia era ancora sveglia.
Rimasero così nel silenzio dell’oscurità. Dalle tapparelle della finestra entrava un po’ di luce della luna. Dopo un po’ gli occhi di Andrea si abituarono al buio della stanza. Ora era in grado di vedere l’armadio, il tavolo, la poltrona, la sua sedia a rotelle. Nel buio però era come se quel silenzio pesasse, c’era una strana attesa, era co-me se, per potersi addormentare, servisse una frase con-clusiva. E infatti a un tratto quelle parole arrivarono.
«Non farmi mai una cosa del genere.»
Sofia si morse le labbra. Quindi Andrea aveva sentito tutto, anche come lei aveva mentito a Stefano. Quindi ora la riteneva capace di mentire. Cosa poteva rispon-dergli? Poteva far finta di essersi addormentata? Non sarebbe stata credibile. No, doveva trovare una risposta che mettesse tutto a tacere, che cancellasse ogni dubbio, ogni ombra. Avrebbe detto la verità, l’unica cosa che non le andava stretta.
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