«Qualcuno l’ho tolto.»

«Ma non ci deve essere più nulla…» Sofia si alzò, po-co dopo tornò dal bagno con dell’alcool e dei batuffoli di cotone che usava per struccarsi.

«Ecco… Le devi disinfettare.» Li passò imbevuti di alcool sulle sue mani. «Come va? Pizzica?»

Andrea sorrise. «Poco.»

«Allora ne metto di più.» E spruzzò l’alcool direttamente sulle mani.

«Ora sì!»

Sofia non gli diede retta e continuò a disinfettarle. Poi senza guardarlo negli occhi: «Devi farmi un favore…».

«Tutto quello che vuoi.»

Sofia lo fissò. «Vorrei che Stefano potesse venire ogni giorno.»

Andrea alzò le sopracciglia. Poi sorrise. «Ti piace co-si tanto?»

«Che stupido.» Tornò seria. «Dobbiamo fare tutto il possibile. Ci serve un aiuto, ci dobbiamo impegnare se ce la vogliamo fare, amore.»

Andrea pensò che era bello che avesse usato il plu-rale.

Sofia lo capì. «Se no, non ce la facciamo. Sarebbe impossibile per chiunque.»

Andrea rimase un po’ in silenzio. «Ok. Però tu devi tornare a suonare.»


«Questo è impossibile.»

«Lo hai detto tu, dobbiamo impegnarci.»

«Sì, lo so, ma questo è diverso…»

Sofia gli spiegò che si trattava di un voto. Così insieme stabilirono un po’ di regole, prima di tutto che lei avrebbe insegnato musica alla sua vecchia scuola in piazza dell’Oro e lui avrebbe visto Stefano tre volte alla settimana.

Il giorno dopo tornò Stefano. Questa volta Andrea gli parlò. Guardarono insieme il film che aveva in qualche modo suggerito a Stefano il suo lavoro, A proposito di Henry con Harrison Ford. Quando il film finì Stefano spense il televisore e tirò fuori il dvd dal lettore.

«Lo conoscevi?»

«No.»

«Ecco, diciamo che io dovrei essere per te quello che è Bradley per Harrison Ford.»

«Ma lui era il suo fisioterapista…»

Stefano sorrise. Guardò Sofia.

«Per quello sono stato più generoso, ti ho portato una donna…»

Entrò Marisa, una signora di circa sessant’anni con due braccia da camionista.

«Pensavi fosse una di quelle infermierine tenere e morbide, eh…»

Marisa sorrise a tutti e due. «Quando voglio lo so-no… Ma non in questo caso… Forza tu, fuori di qui.»

Cacciò fuori dalla camera Stefano e poi fece un’ora di fisioterapia con Andrea. Fu molto dura, movimenti difficili che in qualche modo riattivavano la circolazio-ne. Più tardi, quando Marisa se ne andò, Andrea stava molto meglio. Stefano rientrò nella sua stanza e si accorse di quella luce nuova sul suo volto.

«Ecco, così ti voglio. La prima guarigione avviene qui.» Stefano gli indicò la testa. «E nello stesso tempo qui…» Gli indicò il cuore. «E per fortuna…» gli indicò tra le gambe, «qui tutto funziona ancora molto bene, mi ha detto Marisa!»

Andrea arrossì. Senza volerlo mentre Marisa lo mas-saggiava aveva avuto un’erezione. «Non ti preoccupare…» gli aveva detto. «Sono abituata ed è bene che accada, è a casa che ogni tanto vorrei avere la bacchetta magica!» E aveva riso alla grande togliendo così Andrea da qualsiasi imbarazzo.

Erano passati più di sette anni da allora e piano piano Stefano e Andrea erano diventati amici. Quella mattina Marisa aveva appena finito i massaggi. «Ecco fatto…

Come nuovo!»

Andrea si mise a ridere. «Magari. Ho comunque trentatré anni, non sono più un ragazzino.»

Marisa comparve sulla porta del bagno. Si stava asciugando le mani dopo averle lavate. «Stai meglio di molti altri che conosco. Le tue gambe hanno muscoli ancora tonici, rispondono aTTelettrostimolatore che abbiamo sempre usato. Per certi lati…» disse Marisa, «sono ancora più forti di prima. Oggi tutta questa ginnastica pas-siva è diventata lo sport preferito di un sacco di gente.»

Andrea la guardò mentre s’infilava il cappotto. “Già”

pensò. “L’idea di correre su e giù per un bosco in mezzo alla natura invece sarebbe il mio sogno.”

«Allora vi saluto, fanciulli…» Poi li guardò con aria maliziosa. «Comportatevi bene…» E uscì.

Stefano la guardò divertito. «Che tipo. Doveva essere proprio una bella donna. Secondo me è anche molto divertente e poi l’idea della massaggiatrice in qualche modo mi ha sempre eccitato…»

«Anche a me.»

Andrea sorrise ripensando a tutte le volte che si era eccitato sotto le mani di Marisa e a come lei lo avesse ogni volta tranquillizzato, a come quella donna fosse riuscita a saper tenere perfettamente distinti gli stimoli naturali e fisici di un corpo dalla malizia e dai desideri di un uomo.

Stefano si sedette davanti a lui. «Allora come va?

Non rispondere subito. Pensaci bene.»

Andrea sorrise.

«Io intanto vado a prendere qualcosa da bere.»

«Fai come se fossi a casa tua.»

Stefano alzò la voce dalla cucina. «Ma sono a casa mia!» Poi si presentò con due birre, gliene passò una e si sedette di nuovo al suo posto. Diede un lungo sorso alla birra. «Ah… bella gelata. Proprio come piace a me.»

Anche Andrea diede un bel sorso.

«Allora che mi dici?» Stefano lo guardava sereno, con curiosità. «E un buon momento, mi sembra… No?»

«Sì, dipende dai punti di vista.»

Stefano annuì. «Anche questo è vero.»

«Dipende dal punto di vista, come uno vede le co-se, il vecchio detto del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto…»

«Già.»

Tutti e due diedero un altro sorso. Si stava bene, c’era una bella atmosfera, serena, senza tensioni, come accade tra amici e loro in qualche modo lo erano. Non avevano avuto mai segreti uno per l’altro. Era questo che aveva cercato di fare Stefano con Andrea, fargli vedere come la vita di tutti è piena di difficoltà, di cadute e di successi, di soddisfazioni e insofferenze, di compromessi e di felicità, di oscillazioni per stare in equilibrio.

«Ti ricordi cosa ti avevo detto quando ci siamo conosciuti?»

«Me ne hai dette talmente tante di cose…»

«Anche questo è vero, quando parlavo dell’altalena.»

«Ah sì… com’era?» Cercò di ricordare. «La vita è co-me un’altalena che oscilla tra un campo al sole…»


«E un temporale.» Stefano sorrise. «Bene. Allora qualcosa è rimasto impresso tra queste sporche lenzuola.»

«Ma se sono state appena cambiate!»

Stefano rise, poi cambiò improvvisamente marcia.

«E con Sofia come va?»

Andrea finì di bere la birra, poi la poggiò sul comodino lì vicino. «Bene… Cioè mi sembra bene.»

«Certo che oggi è così complicato portare avanti una storia. È un mondo pieno di tentazioni, è così facile tradire…»

Andrea allargò le braccia. «Diciamo che la mia ten-tazione più grande è stata Marisa… Ma non ti preoccupare, ho saputo resistere.»

Stefano sorrise. «Ma con quello…» indicò il computer, «potresti fare tutto quello che desideri, potresti iniziare a chattare con una persona, innamorarti e poi farla venire qui.»

«Qui?»

«Sei sempre solo!»

«Allora, a parte che sono sempre con qualche amico, ogni tanto passa mia madre e troppo spesso ci sei tu.

Almeno tre volte a settimana.»

Stefano rise. «Sai che non direi nulla… Il nostro è un rapporto professionale.»

«E comunque c’è un piccolo dettaglio di nome Sofia, forse non ti ricordi bene ma è mia moglie e vive in questa casa. Anzi quella birra che ti sei appena scolato la devi proprio a lei visto che fa la spesa!»

Stefano tornò serio. «Già, Sofia…»

«Che c’è? Mi devi dire qualcosa che non so?»

Andrea divenne improvvisamente teso.

Stefano lo tranquillizzò. «No, no, assolutamente. So-no felice che siano diventate così amiche lei e Lavinia.

Ma non avete mai pensato a un bel bambino?»

«Mi sembri mia madre. Ogni volta che viene qui mi dice la stessa cosa. Vorrebbe un nipotino. In realtà vorrebbe una distrazione per la sua vita, secondo me.

Quando si invecchia si diventa più egoisti… Questo ri-cordatelo.»

«Ah, lo sapevo da me, ma io non voglio perdere tempo!»

«Cioè?»

«Voglio essere egoista da subito.»

«Bravo! Questa sì che è una buona cosa. E tu un bambino con Lavinia?»

«Te l’ho chiesto prima io.»

«Per adesso non ci stiamo pensando e tu?»

«Noi ci abbiamo provato, sembravamo una macchina da riproduzione. Lavinia tornava apposta a casa quel giorno perché lo facessimo in quel modo e a quell’ora esatta… Era terribile.»

«Ma era lei che lo voleva?»

«No, sono stato io a chiedere un figlio a Lavinia, co-me sono stato io a chiederle di sposarmi.»

«Bravo, pensa che invece nel mio caso è stata Sofia…»

Erano passati tre anni dall’incidente.

«Amore… Si può?» Andrea stava leggendo Cecità di José Saramago. Mise il segnalibro, poi chiuse il romanzo e lo poggiò sul comodino. «E va bene, entra. Come posso dirti di no?»

Entrò Sofia, era truccata, con un vestito di seta nero, i capelli raccolti, due ciocche le scendevano davanti al viso come dei boccoli, incorniciandole il sorriso.

Andrea fece lo sciocco. «Ci deve essere un errore…

Dov’è la mia ragazza? Credo che se ne debbano dare indietro due per avere una bella come lei!»

«Cretino!» Sofia gli si lanciò addosso e gli diede un bacio. Piano piano Andrea si abbandonò tra le sue braccia, su quelle labbra morbide, lei lo baciava con passione. Quando si staccarono lui la guardò curioso.


«Ma che è successo?»

«Niente, perché?»

«Cioè, sei tutta truccata, super elegante, mi baci in questo modo e mi dici che non è successo niente? Di solito in casi come questo lei lo uccide e poi fugge con un altro…»

Sofia scosse la testa e andò in cucina. «Niente di tutto questo…» Poi riapparve spingendo un carrello con sopra alcuni piatti coperti e portate in argento.