Sul serio.»

Sofia sorrise. «Grazie.» Sembrava contenta di quel complimento. «Secondo me ci avresti scommesso perché già sapevi che mi chiamavo così…»

Tancredi smise di sorridere e cercò di sembrare il più ingenuo possibile. «Io? E come?»

«Mah, la prima cosa che mi viene in mente è che sei tornato alla chiesa dove ci siamo conosciuti e lo hai chiesto a qualcuno oppure non ci sei tornato e lo hai chiesto il giorno stesso. Forse alla mia insegnante, quella che dirigeva il coro.»

«Lei?»

«Quella signora anziana, lo sai benissimo, l’hai vista dentro la chiesa che suonava l’organo…»

«Ah, sì. No. Non l’ho chiesto a lei…»

«Certo, perché sapevi che me lo avrebbe detto subito. Ci tiene a me.»

Tancredi allargò le braccia. «Ma perché io devo per forza essere pericoloso?»

«Forse no… Ma forse sì.»

Proprio in quel momento arrivò il cameriere.

«Ecco il Bitter rosso per la signora e la birra per lei.»

Tancredi prese il portafoglio e pagò. «Tenga pure il resto.»

«Grazie.» Il cameriere si allontanò.

Sofia lo guardò. «Non mi hai chiesto se potevi pagare per me.»

«Mi sembrava più educato offrire.»

«E se non avessi voluto?»

«Ormai l’ho fatto, vorrà dire che la prossima volta toccherà a te.»

«Quale prossima volta?»

«Magari capiterà di incontrarci di nuovo… La vita è piena di sorprese. Guarda noi… Non ci siamo visti per anni e nel giro di una settimana ci incontriamo due volte.»

«Sono sempre dell’idea che non sia un caso…»

Tancredi bevve un sorso di birra, poi si asciugò la bocca con un tovagliolino di carta. «Scusa Sofia, ma questo è un po’ presuntuoso da parte tua…»

Sofia bevve il suo Bitter e annuì serena. «Uhm uhm, può essere.»

«Se fosse come dici tu, vuol dire che in qualche mo-do sono attratto da te.»

«In qualche modo… Sì.»

Tancredi non si aspettava questa reazione. «Mah.»

«Mah cosa? Scusa, non sei stato tu che mi hai fermata fuori dalla chiesa?»

«Sì.»

«Non sei stato tu che hai tirato fuori quella teoria sulle nostre vite che sarebbero potute cambiare, noi due personaggi dentro un quadro di Magritte? E che però non eravamo…»

«Una pipa…»

«Esatto, hai detto che saremmo potuti essere protago-nisti di chissà quale altra scena. Sei stato tu o mi sbaglio?»

«Sì, sono stato io, però… ti ricordi tutto.»

«Più o meno, diciamo che è stato uno dei ricordi più originali degli ultimi anni.»

«Ci provano in molti?»

«Zzz.»

«Cos’è?»

«Alta tensione, quando fai una domanda sbagliata, vai fuori binario e prendi la scossa elettrica, chiaro?»

Tancredi allargò le braccia come per dire: “Mi arrendo”, poi bevve un altro sorso di birra. Gli piaceva molto quella donna ma non sarebbe stato facile. Non riusciva a capire quali fossero i suoi punti deboli, sempre che ne avesse. Sembrava distaccata da tutto e tutti. Si ricordò un detto di suo padre: “Ognuno ha il suo punto debole, basta avere tempo e soldi per scoprirlo”. Posò il bicchiere e prese una patatina. Ora era più sereno. Lui non aveva fretta e, per quanto riguardava il resto, non c’erano problemi.

La partita sarebbe stata anche più divertente.


Sofia finì di bere il suo Bitter.

«Vuoi qualcos’altro?»

«No grazie. E tu cosa vuoi, Tancredi?»

Non si scherzava più. La osservò meglio. Era bellissima, aveva i capelli sciolti, un vestito accollato ma non troppo, libero in vita, di cotone leggero, con dei piccoli disegni. La bocca era carnosa ma non sorrideva.

Tancredi era impreparato a quella domanda. Era stata troppo diretta. Non conveniva mentire a una così.

«Allora? Cosa vuoi, Tancredi?»

«Zzz. Anch’io ho intorno dei fili ad alta tensione. Domanda fuori programma. Risposta non prevista.»

Sofia lo fissava. Tancredi sosteneva il suo sguardo.

Questa lotta durò per un po’. Poi lui decise di arrender-si per primo e sorrise. «Ok… Non litighiamo.»

«Non stiamo litigando.»

«E cosa stiamo facendo?»

«Stiamo cercando di parlare come due adulti. Ma uno dei due non vuole fare l’adulto.»

«Zzz.»

Sofia non aveva voglia di stare allo scherzo.

«E mi copia le idee… Anzi le ruba.»

«Ok. Mi arrendo. Facciamo gli adulti, va bene?»

«Vediamo.»

«Non capisco perché tu non possa essere semplicemente felice che il caso ci abbia fatto incontrare di nuovo.»

«Te l’ho detto. Non credo sia stato il caso.»

«Ma perché non può essere? E come non credere alle favole…»

«Quello è diverso. Io credo che ci sia un tempo per le favole e forse il nostro è passato. E poi le favole sono belle perché sono brevi.»

«Cioè?»

«Se dopo il “e vissero tutti felici e contenti” il racconto continuasse, il finale sarebbe molto diverso.»


«Fammi un esempio.»

«Vedremmo Biancaneve che non sopporta più i sette nani, Cenerentola che manda a quel paese le due sorel-lastre e magari con quel principe azzurro così leccato, sì insomma, non sarebbe durata un granché…»

«Sei cinica.»

«Realista.»

«Ok.» Tancredi sospirò. «Allora non è stato il caso.

Diciamo che è stato il destino…»

Sofia piegò la testa di lato facendo una smorfia come per dire: “Insisti con questa versione?”. Lui decise che era meglio giocare a carte scoperte.

«Volevo dire… un destino di nome Simona.»

«Simona? Simona chi? Abbiamo un’amica in comune?»

Sofia passò velocemente in rassegna tutte le sue amiche del lavoro e di scuola ma non le veniva in mente nessuna Simona.

Tancredi decise di aiutarla.

«E riccia, molto carina, un bellissimo sorriso e ha sei anni. L’hai abbracciata in chiesa.»

«Ah.» Sorrise ricordando la piccola peste piena di lentiggini. Ma certo, Simona Francinelli, bravissima nel coro, la sua preferita. “Non ci credo. Questo tipo è tornato in quella chiesa e ha parlato con una ragazzina.

Quindi è venuto in piazza dell’Oro a cercarmi. Potrebbe essere qui dalle…”

«Sono qui dalle sei. Ti ho dedicato solo metà pomeriggio, prima non mi era proprio possibile.»

Tancredi aveva capito a cosa stava pensando.

Sofia lo guardò meglio. Non era più in pantaloncini, indossava una camicia casual e dei jeans neri scoloriti, con i bottoni davanti, una bella cintura nuova e delle Tod’s. Aveva soldi da spendere e un sacco di tempo libero. Era bello, molto. Anche simpatico ma doveva essere uno senza scrupoli, se per rintracciare una da portarsi a letto ricorreva addirittura a una ragazzina di sei anni.


«Avrebbero potuto prenderti per un pedofilo, avresti passato dei guai.»

«Pensa che rischio ho corso pur di rivederti. E comunque ho parlato con la madre… E tutto a posto.»

Sofia lo fissò ancora a lungo. I suoi occhi blu espri-mevano qualcos’altro, oltre alla sicurezza. Sì, si sentiva fiero del suo fisico, della sua bellezza ma sembrava in cerca di qualcosa, spinto da una strana inquietudine.

Era bellissimo ma sofferto, complesso, complicato. Ec-co, quell’uomo era così. Aveva un lato divertente e un altro avvolto di tristezza, come un mare profondo agitato da una violenta corrente. Per un istante fu tentata di prendergli la mano che stava appoggiata sul tavolo e di rincuorarlo, di ridere con lui, di dirgli, ma sì, va tutto bene, senza sapere neanche perché… “Ma che sto facendo?” E in un attimo le comparve l’immagine della sua amica Lavinia, in macchina con Fabio. Si spogliavano velocemente, l’auto oscillava, era un amplesso furioso, le loro mani si stampavano sui vetri appannati lasciando le impronte: colpevoli. In un attimo si vide anche lei in quel modo e non le piacque. Immaginò Andrea a casa, lo vide davanti al computer, a leggere ignaro notizie, distrarsi in qualche modo, tenersi impegnato fino al suo ritorno, guardare l’orologio al polso, poi quello in fondo al salotto, sospirare nell’attesa dei minuti che non passano mai. Tutto quello che aveva portato avanti fino a quel giorno buttato via così, per il capriccio di un uomo… e il suo.

Sì, provava qualcosa per quel Tancredi. Attrazione fisica, voglia di distrarsi, una boccata d’aria, un po’ di vita, certo per qualche settimana, magari un mese e poi?

Quell’uomo voleva divertirsi. E lei? Cosa voleva lei? La stessa cosa? Non poteva avere anche lei solo quella stessa voglia fisica? Trasgredire, buttarsi tutto alle spalle, dimenticare regole, principi, valori, ma per qualche ora, solo per qualche ora e poi tornare al binario…


Zzz. No. Non era possibile. Sarebbe anche potuto essere bello ma immaginò quello che sarebbe accaduto dopo. Dopo si sarebbe sentita sporca e infelice. Si immaginò con quale faccia sarebbe rientrata a casa. Lei incrocia lo sguardo di Andrea, cerca di sorridere ma qualcosa non va per il verso giusto. Lui capisce.

Andrea è a letto. Ha chiuso il computer. Sofia è sulla porta. Sono in silenzio.

“Hai scopato con un altro, vero?”

Allora lei semplicemente annuisce, non sa dire altro, non sa inventare niente, né bugie né scuse, abbassa il viso e dice semplicemente: sì.

Sofia si alzò dal tavolino. «Non posso.»

Poi gli sorrise in maniera dolce, quasi affettuosa, scu-sandosi di tutto quello che aveva visto e immaginato.

«Mi dispiace…»

Tancredi si alzò e cercò di intervenire. «Volevo solo proporti un pranzo, un altro aperitivo, insomma, che ci conoscessimo un po’ di più per capire se proprio non eravamo adatti a…»

«Shhh.» Gli posò un dito sulle labbra. Allora Tancredi smise di parlare. Rimasero un attimo in silenzio.