La piccola Simona baciò la mamma e subito la tra-volse con tutto il suo entusiasmo senza darle nemmeno un secondo di tregua.

«Ha detto Olja che proverò un assolo, che nel prossimo coro farò la voce solista, mamma, è bellissimo. Mi piace da morire. Magari verrà anche la tv!»

«Ma Simona…»

La mamma su quest’ultima affermazione scosse la testa. Simona si accorse della sua disapprovazione e cercò di recuperare. «No, nel senso che magari vengono quelli del telegiornale, ogni tanto lo fanno la domenica nelle chiese.»

«Ma quella è la messa officiata dal Papa.»

«Che vuol dire officiata? Che non è ufficiale?»

La mamma si mise a ridere. Per un attimo si era dimenticata che quello scricciolo tutto pepe di fronte a lei aveva solo sei anni. «Vuol dire recitata per i fedeli, per tutti i credenti e i cristiani o per quei turisti che sono di fronte al Papa in piazza San Pietro.»

«Ah…»

Le sistemò meglio il golfino, poi aprì lo sportello per farla entrare in macchina ma una voce alle loro spalle la fermò. «Mi scusi, signora…»

Un uomo elegante, con una giacca blu, una camicia bianca e dei pantaloni grigio scuro, era di fronte a lei e le sorrideva. Era un bell’uomo, avrà avuto sui tren-tacinque anni, forse perfino più giovane, abbronzato, i capelli curati, un sorriso gentile e dei magnifici occhi blu. La mamma di Simona rimase un attimo interdetta.

Ma era sicuro che cercasse lei? E cosa voleva? In quel momento, alle spalle dell’uomo, si fermò una macchina scura, una Bentley. Scese un altro uomo più grande di età, ma ugualmente elegante. Che fosse un rapimen-to? “E perché mai? Noi non abbiamo una lira.” Poi quell’uomo più vicino a lei mise fine ai suoi dubbi.

«Mi scusi se la disturbo, ma volevo parlare con questa bambina. È sua figlia?»


«Sì.» La madre si irrigidì. «Ma che cosa è successo?

Perché volete parlare con lei?» Poi, spiazzata da tutto quello che le stava accadendo, tirò fuori il telefonino dalla borsa e lo aprì minacciandoli. «Guardate che chiamo la polizia…»

A Gregorio Savini, sentite quelle parole, caddero le braccia. Tancredi e le sue idee. Avevano affrontato per anni situazioni ben più delicate senza avere un minimo problema. E ora? Ecco come mettere a repentaglio il lavoro di una vita. Ma Tancredi intervenne subito tran-quillizzandola. «No signora, non mi fraintenda. Innan-zitutto mi scusi, sono stato maleducato a non presentar-mi. Sono Tancredi Ferri Mariani e il signore che mi ha gentilmente accompagnato è il dottor Savini.»

“Dottor Savini” pensò Gregorio. “Non mi aveva mai chiamato così. Però… non mi dispiace.”

Tancredi continuò sorridendo.

«E lei è la signora?…»

«Carla Francinelli.»

«E la piccola è sua figlia.»

«Sì. Ma si può sapere cosa è successo?»

«Desideravo solo un’informazione da sua figlia, ma volevo parlarle davanti a lei, così che non ci fossero equivoci.»

La signora sembrava essersi tranquillizzata ma era comunque curiosa di questa strana situazione. Tancredi guardò all’interno dell’auto.

«Come si chiama questa bella bambina?»

Prima che la madre facesse in tempo a rispondere, scese direttamente lei dalla macchina. «Mi chiamo Simona. E lei chi è? E della tv?»

Simona aveva poche idee ma chiarissime.

«No…»

«Ah.» La bambina abbassò le spalle delusa. Allora Tancredi le si inginocchiò davanti e le sorrise. «Però tu potresti aiutarmi.» Simona decise di ascoltare. «L’altra settimana c’era una signora in chiesa, alla fine del vostro coro è venuta da te, ti ha abbracciato, deve essere una signora che sa suonare bene il pianoforte…»

«Sì! È Sofia!»

Tancredi sorrise. L’ultima romantica ora aveva un nome. Era già un piccolo passo avanti. Decise di ri-volgersi alla madre. «Ecco, signora, volevo sapere solo questo… Perché vorrei mandare mia nipote, la figlia di mio fratello, a lezione da lei. Deve essere bravissima. E

vorrei fare una sorpresa a mia nipote, per il suo compleanno.»

Simona sorrise. «Quindi tu non c’entri nulla con la tv.»

Tancredi allargò le braccia. «No, mi dispiace.» Poi pensò che, se quella bambina gli avesse dato indirizzo, numero di telefono o altro di Sofia, avrebbe potuto soddisfare il suo sogno di andare in tv. «Tu sai dove posso trovarla?»

Simona non rispose. Scosse solo la testa dicendo di no.

«La tua mamma non ha il suo numero di telefono?

L’indirizzo di casa?»

Simona fece ancora di no con la testa, poi sorrise.

«Ora mi ricordo dove ti ho visto, eri quel tipo a gambe nude sulle scale della chiesa l’altra settimana!»

Tancredi si rialzò, sorrise leggermente imbarazzato a Simona, poi alla madre e cercò subito di spiegare quel ricordo della figlia.

«Sì, è vero. Ero in pantaloncini. E che quel giorno facevo jogging…» Incontrò lo sguardo di Savini, che per tutta risposta alzò semplicemente un sopracciglio.

Quello non era certo il metodo che di solito lui usava. La bambina comunque sembrava non sapere nulla.

Tancredi le sorrise.

«Va bene, non fa niente. Grazie lo stesso.»

Poi si rivolse alla madre. «Arrivederci e mi scusi se l’ho disturbata.»

«Non c’è problema.» Avrebbe anche voluto aggiungère: “Lei non mi ha disturbata affatto… anzi” ma davanti alla figlia non sarebbe stato il caso.

Tancredi tornò verso la Bentley scuotendo la testa.

«Niente da fare…»

Gregorio Savini risalì in macchina soddisfatto. In qualche modo gli aveva dimostrato che senza di lui non si andava da nessuna parte.

«Signore!» Simona era sfuggita alla mamma ed era di fronte a loro. Savini rimpianse il suo pensiero. «Sofia insegna al conservatorio tutto il pomeriggio, nei giorni dispari alla chiesa dei Fiorentini in piazza dell’Oro.»

Poi sorrise. «Se va lì la trova di sicuro.»

Tancredi salì in macchina e le sorrise. «Grazie…»

Poi le bisbigliò piano: «Non dire niente a mamma ma domenica faccio venire una televisione a fare le riprese solo perte!».

Simona era entusiasta. «Sul serio? Grazie!» e scappò via tornando dalla madre.

Tancredi salì dietro e chiuse lo sportello. «Il pomeriggio è al conservatorio o in piazza dell’Oro… Visto, Gregorio? E tu che non mi davi fiducia.»

«Dottor Savini, prego.» E gli lanciò uno sguardo dallo specchietto. «Mi dà una certa importanza.»

Tancredi sorrise e sprofondò nel sedile, mentre Gregorio accelerò allontanandosi velocemente con la Bentley.

“Sofia. Mi piace questo nome. Non ho mai conosciuto nessuna che si chiamasse così. ” E continuò a fantasti-care su quella donna, su quel poco che sapeva e su tutto quello che era curioso di scoprire.

«Dottor Savini, mi fa avere presto un po’ di materiale su questa Sofia?»

«Certo, dottor Ferri Mariani.»

«Oh no, chiamami sempre Tancredi, non mi va di sembrare più importante del dovuto.»

«Come vuoi…» Lo fissò un’ultima volta nello specchietto. Sofia. Un altro capriccio da soddisfare. Chissà cosa aveva colpito Tancredi questa volta. Savini decise che era impossibile scoprirlo ma era sicuro che anche questa donna sarebbe stata archiviata come tutte le altre.

Non sapeva che invece con lei tutto sarebbe stato più complicato.

Lo stesso Tancredi, per la prima volta da quando era ragazzo, stava pensando a cosa inventarsi, come capita-re da quelle parti e farlo sembrare casuale. “E poi, come mi devo presentare? Ricco, sportivo, di nuovo in cal-zoncini e maglietta? Mi prenderebbe per uno di quelli fissati con il fisico e basta.” Ripensò a quella bambina, Simona, incredibile che lo avesse notato.

Non si era accorto che si era fermata in cima alla scala e aveva visto tutta la scena. Particolari come quello un tempo non gli sarebbero sfuggiti. Sofia lo aveva distratto.

Carla Francinelli guidava tranquilla, guardava con la coda dell’occhio sua figlia che stava seduta dietro sfo-gliando una rivista che aveva trovato sul sedile. Alla fine la madre decise di chiederlo.

«Simona, ma cosa ti ha detto il signore quando sei andata alla macchina?»

Sua figlia smise di sfogliare il giornale e la guardò sorpresa. Non si era preparata una risposta. E ora cosa poteva dirle?

«Oh niente, che sono stata molto gentile. Perché me lo chiedi, mamma?»

«Non lo so, sei tornata che sembravi la persona più felice del mondo… Non è che ti ha detto qualcosa che ha a che fare con la tv, vero?»

Simona un po’ arrossì ma cercò di non farglielo notare. «Mamma, ma ti pare? Ma sei fissata.»

«No, tu sei fissata.»

«Mi piace la televisione e mi piace la musica, e allora?

Prendo bei voti quindi tu non puoi proprio attaccarmi.»


Carla Francinelli guardó sua figlia. “Non puoi proprio attaccarmi. Ma anch’io dicevo queste cose a mia madre? Non credo. Come sono cambiati questi bambini! Ma è colpa nostra? O la colpa è proprio di quella tv che le piace tanto?”

«Mamma, ma secondo te quella persona se l’è inventata la storia di sua nipote?»

«Cioè?»

Simona guardò la madre divertita. «Magari è solo perché gli piace Sofia e non sa come trovarla…»

«Hai troppa fantasia.»

Simona alzò le spalle. «Secondo me gli piace e basta.»

Rimasero un po’ in silenzio.

«E comunque…» fece Simona, «se si mettono insieme io sono felice. Sofia è simpatica, le voglio bene e lui… è uno strafigo!»

«Simona!»

«Ma mamma, è la verità, tu non lo pensi? Per te non è uno strafigo?»

Carla continuò a guidare tranquilla. Rivide come per magia un’immagine di quell’ultima settimana. Suo marito Luca giocava alla PlayStation con degli amici, tutti compagni dell’università. Stempiato, con la pancia, la maglietta slargata e gli occhiali da vista che portava un po’ bassi sul naso. Subito dopo le apparve di nuovo Tancredi con la giacca blu, la camicia bianca, la sua ab-bronzatura, il suo sorriso e i suoi occhi profondi. In effetti strafigo era la definizione giusta. Ma Carla Francinelli era diplomatica e soprattutto una mamma alle prese con una figlia che stava crescendo in fretta. Così le sorrise semplicemente.