Sofia la guardò con dolcezza. «Comunque ieri ho ri-tirato la mia, è tutto a posto…»

«Mmm» Lavinia bevve un po’ del suo tè. Poi poggiò la tazza facendo il minor rumore possibile. Non voleva rovinare l’atmosfera che si era creata. Erano sazie, avevano riso e scherzato. Quello era il momento ideale per dirglielo. E poi perché la sua miglior amica non avrebbe dovuto capire quest’altra sua debolezza? La guardò.

Stava tagliando con la forchetta un pezzo della crêpe.

Aspettò che iniziasse a mangiarlo. Sofia si portò la forchetta alla bocca e scoprì che Lavinia la stava fissando.

Allora aggrottò le sopracciglia curiosa. Lavinia decise che era quello il momento. Se non altro con la bocca piena avrebbe dovuto comunque prendere tempo per risponderle.

«Ho una storia con uno.»

Sofia per poco non si strozzò. La crêpe le andò di traverso e cominciò a tossire. Lavinia l’aveva considerato. Si alzò, le corse dietro e iniziò a darle dei piccoli colpi sulla schiena. «Guarda in alto… Guarda l’uccel-lino…»

Dopo averlo detto involontariamente, se ne rese conto e le venne da ridere. Poi Sofia bevve un po’ del suo tè, riprese fiato e si pulì la bocca. Fissò Lavinia. «Dimmi che stai scherzando.»

«No, purtroppo.» Lavinia si pentì di quel purtroppo, ma le era scappato. In realtà era felice, stava vivendo una storia bellissima. Sofia cercò di riordinare le idee.

«Perché me lo hai detto?»

«Avevo bisogno di dirlo a qualcuno.»

«Ma perché proprio a me!»

«Perché sei la mia migliore amica.»

«Sì, ma Stefano è lo psicoterapeuta di Andrea, quando verrà a casa da noi come lo guarderò? Sono tua complice, mi sentirò colpevole, già lo so, arrossirò.»


«Ti prego Sofia, fa’ finta che non te l’abbia detto allora, non volevo metterti nei guai.»

«Ormai è fatta.» Bevve un altro sorso di tè.

Lavinia la fissava. «Sei arrabbiata con me?»

Sofia ci pensò un po’ su, poi scosse la testa.

Lavinia le sorrise. «Grazie. È un momento bellissimo e se non lo dicevo a qualcuno, se non lo condividevo con te, impazzivo, sono troppo felice.»

«Lui chi è?»

«L’ho conosciuto in palestra, è alto, bruno, un fisico da urlo…»

Sofia ascoltava la descrizione di quell’uomo e senza volerlo le venne in mente quello che aveva conosciuto lei. Conosciuto… incontrato all’uscita della chiesa. Per un attimo pensò: “E se fosse lui? Ma no, non è possibile. Una coincidenza impossibile”. La interruppe. «Di che colore ha gli occhi?»

«Te l’ho detto, scuri, nocciola credo. Ma non mi stai a sentire?»

«Sì, sì certo…» Fece un sospiro di sollievo e in qualche modo, all’idea che Lavinia potesse stare con quell’uomo, si era sentita come gelosa. Le sembrò assurdo tutto quello che in un attimo aveva pensato.

Continuò ad ascoltare la sua amica e dentro di sé se ne vergognò.

«E soprattutto scopa da Dio…»

«Lavi!»

«Dai, non fare la borghese. È bello fare l’amore, no?

Ecco, con lui lo è ancora di più.»

«Quanti anni ha?»

«Due più di me e comunque è fidanzato.»

«Ah.» Lavinia lo aveva detto come se quella cosa dovesse in qualche modo tranquillizzarla e Sofia non ne capiva il perché. «Abbiamo cominciato a scherzare in palestra, facevamo gli stessi esercizi, certo lui con molto più peso. Poi abbiamo fatto una lezione di aerobica insieme e alla fine, giorno dopo giorno, era come se lo sentissi più vicino a me…»

«Più vicino? Che vuol dire?»

«Non lo so, so solo che quando andavo in palestra e lui non c’era, be’, mi mancava. Una settimana è stato fuori per lavoro e mi sembrava di impazzire. Poi una sera siamo usciti.»

«E cosa hai detto a casa?»

«Che ero con te.»

«Con me? Senza dirmi nulla? E se per caso Stefano mi avesse chiamato? O se Andrea lo avesse cercato perché magari ne aveva bisogno e gli avesse detto che io ero lì con lui?»

«Ho rischiato…»

«Ma tu sei pazza.»

«Sì…» Lavinia abbassò lo sguardo, prese la forchetta e cominciò a giocare con quello che era rimasto nel piatto. Poi alzò il viso. «Quella sera lo abbiamo fatto in macchina ed è stato bellissimo. Mi ha fatto venire due volte.»

Sofia non sapeva più che fare, le sembrava una situazione assurda.

«Lavi, non so che dirti.»

«Sto bene con lui, mi fa sentire importante, parliamo un sacco, mi ascolta, ridiamo e poi mi fa sesso.»

«Ma con Stefano non andava bene?»

«Sì ma… È sempre fuori e quando torna a casa è stanco e non parliamo, non ridiamo, risolve i problemi di un sacco di gente ma ai suoi non ci pensa.»

Lavinia improvvisamente si rese conto che tra i problemi di cui parlava c’era sicuramente anche Andrea.

«Scusa…»

«Non fa niente. In questo momento non è importante.»

«Cosa pensi?»

«Penso che passerà.»


«Ma io non voglio che passi. Sono innamorata.» Sofia rimase sorpresa. La situazione era molto più grave di quel che pensasse. «Mi sento come una sedicenne, ti giuro, gli mando i messaggini sul telefono e se non mi risponde mi dico che sono un’idiota…»

“Be’, non hai tutti i torti” pensò Sofia ma capì anche che la sua amica stava davvero bene. Non era proprio il caso di dirglielo. «Come per la dieta, sei inclusa in una casistica abbastanza larga del nostro Paese…» Le sorrise. «Anzi, come hai detto tu, del nostro pianeta.»

Lavinia sorrise. Sofia continuò. «Ti vorrei dare qualche consiglio ma non so proprio da dove cominciare e soprattutto… cosa dirti!»

Lavinia era disperata. Aveva sperato che Sofia avesse una soluzione per lei.

«L’unica cosa che posso consigliarti è di non dire niente a Stefano…» Sofia la osservò preoccupata. Lavinia aveva abbassato lo sguardo ed era in silenzio. «Non l’hai fatto, vero?»

Lavinia alzò di nuovo il viso. «Stavo per farlo… Una sera gli ho detto “Ti devo parlare…” e proprio in quel momento ha suonato il telefono. Era Andrea, stava ma-le, non dovrei dirtelo ma hanno parlato per un’ora al telefono, quando Stefano è tornato da me non me la sono più sentita…»

Sofia pensò che involontariamente Andrea l’aveva salvata. Che strano però. Di quella telefonata a lei Andrea non aveva detto nulla. Pensò che fosse normale, ci sono mille momenti difficili nella giornata di un uomo nelle sue condizioni.

Proprio in quel momento ripassò la ragazza che serviva ai tavoli. «Volete qualcos’altro?»

«No grazie» fece Sofia, poi disse sotto voce: «In realtà vorrei bere una vodka per riprendermi!».

Lavinia tornò allegra. «E prendila, perché resistere alle tentazioni più dolci?»


«Certo… Così sei giustificata su tutta la linea… Guarda che io intendevo solo per quanto riguarda il cibo.»

«E io il bere!»

«No, tu intendevi il sesso!»

Lavinia rimase di nuovo in silenzio. Poi parlò. «Ce l’hai con me?»

«Ma che dici? Figurati.»

Poi a Lavinia venne una curiosità. «Ma è successo anche a te e non me lo hai raccontato?»

Sofia la guardò stupita. «Oggi per me sei una rivela-zione. Sto conoscendo una Lavinia che non avrei mai potuto immaginare… Se me l’avessero raccontato non ci avrei creduto.»

«Sì, sì… Intanto stai perdendo tempo. Hai mai tradito Andrea?»

«No.»

«Cioè, in tutti questi anni dopo l’incidente, malgrado il fatto che non potete partire, che non può uscire, andare a teatro, al cinema, in pizzeria, in palestra… tu non lo hai mai tradito?»

«A parte che non è che tradisci il tuo compagno solo perché non può fare certe cose… Io credo che sia molto più importante come stai con una persona, come ti senti, quello che provi e non se ci puoi andare o meno in palestra…»

Certo che la situazione, per come Sofia era abituata a ragionare, le sembrava un bel casino. Bevve un po’

del suo tè, era freddo ma andava bene comunque per dissetarsi dopo tutto quel parlare. E proprio in quel momento Lavinia fece un’altra domanda del tutto inaspettata.

«Ma non hai mai tradito Andrea neanche col pensiero?»

Sofia rimase senza parole. Lavinia si era aperta con lei, era stata sincera. E ora quella domanda. Non poteva mentire, non era giusto, non lo meritava.


«Sì, una volta l’ho tradito.»

«Oh!» Lavinia ora sembrava molto più allegra. «Allora vedi che mi capisci? Scusa…» Fermò la cameriera.

«Due vodke, grazie.»


Roma. Aventino. Tancredi guardò l’orologio. Doveva essere finita da dieci minuti circa. I calcoli erano esat-ti. Il grande portone della chiesa si aprì. Un gruppo di bambini uscì di corsa scendendo velocemente le scale.

Era mercoledì, ma a differenza della settimana prece-dente non aveva piovuto. Alcuni genitori aspettavano davanti alla propria automobile, c’era anche un piccolo pullman che avrebbe dovuto accompagnare sicuramente più di un bambino.

Gregorio Savini guardava la scena curioso ma nello stesso tempo sbalordito. Ne aveva fatte di cose in questi ultimi anni ma quella, se non altro per la sua stranezza e semplicità, le superava tutte.

«Eccola, è lei.» Tancredi la indicò con un cenno del viso.

Una piccola bambina dai capelli ricci piena di efelidi sulle guance con due grandi occhi scuri correva giù dalle scale. «Mamma, mamma, eccomi!» Si sbracciava per farsi vedere, come se fra tutte non si notasse comunque.

Era la più allegra, la più vivace e anche la più carina tra quelle appena uscite dalla chiesa. Ma Tancredi, a dire la verità, le altre non le aveva neanche guardate.

Aspettò ancora un po’ prima di muoversi. Per un attimo sperò che da quella chiesa uscisse anche lei, l’ultima romantica, ma sarebbe stato troppo facile. E a lui le cose troppo facili non piacevano. Non sapeva però quanto quella sarebbe stata effettivamente difficile.