Sofia rimase in silenzio. Tancredi pensò che se non se ne era andata e lo stava ascoltando era già un piccolo successo. Non doveva perdere tempo, doveva incalzarla ancora.


«Diamoci solo una possibilità, conosciamoci un po’

di più, prendiamo un caffè, qualcosa in quel bar…»

Indicò un piccolo bar proprio lì vicino. «Passiamo un po’ di tempo insieme…» La vide incerta. «Un’ora. Solo un’ora, poi capiremo che non c’era niente, che non ne valeva la pena, che è giusto continuare per la nostra strada. Ma se così non fosse? Magari era simpatico.

Forse… Chissà cosa mi voleva dire… Ce lo domanda-remo per tutta la vita, non avremo risposta, rimarremo per sempre con quel dubbio…»

Sofia ci pensò su un attimo. Una nuova vita… Si ricordò dei suoi pensieri di qualche giorno prima, davanti a quello specchio in cucina, la sua stanchezza, il tempo che scorre, il mondo in movimento e la sua vita immobile. Poi si ricordò della promessa. Ma chi era quell’uomo davanti a lei? Quel ragazzo. Sì, uno bello…

E poi? Uno che voleva un’avventura, magari una scopata fuori programma, uno che le avrebbe fregato la borsa se si fosse distratta, magari uno che aveva bisogno di soldi. Sì, parlava bene ma a volte le parole non sono suf-ficienti. La vita è un’altra cosa. Servono fatti. Costruire.

Forse un tempo era una superficiale, una capricciosa, una come tante. Ma bene o male la sua vita era cambiata. Ora Sofia si sentiva importante per qualcuno, per il suo progetto, per Andrea e i suoi miglioramenti.

Guardò meglio quel tipo di fronte a lei. Aveva degli occhi blu profondo, pieni di speranza, era come se aspettassero solo una sua risposta. Quello che lei avrebbe detto sembrava la svolta della sua vita. Sofia rimase in silenzio e senza volerlo si morse il labbro. Era bellissimo e quel suo sorriso sicuro le piaceva, la attraeva in maniera pericolosa e in qualche modo le faceva paura.

Poi improvvisamente capì. Quell’uomo era una prova.

Era come il suo desiderio continuo di sedersi a un pianoforte e suonare. Allora fece un lungo respiro, ritrovò l’equilibrio e la forza.


«Mi dispiace. Dovremo vivere con questo dubbio.»

Sofia riprese a camminare, scese gli ultimi scalini e si diresse verso la macchina. Tancredi la seguiva come sconfitto. Cercava disperatamente qualcosa che ancora la potesse fermare, convincere, incuriosire… Ma non gli veniva in mente nulla, non sapeva niente di questa donna se non che era splendida, che lo aveva stregato, che mai nella sua vita si era sentito così coinvolto, dannata-mente preso, disperatamente attratto.

Tentò l’ultima mossa.

«Non ci credo che non hai curiosità, che non vuoi dare una minima possibilità…»

«A chi?»

«A noi due.»

Sofia rise. «A noi due? Ma noi non siamo niente.»

«Non è vero.» Tancredi ora era serio. «Ogni volta che incontri qualcuno la tua vita cambia e che tu lo voglia o no noi ci siamo incontrati, io sono entrato nella tua vita e tu nella mia, come quella musica in chiesa e le tue mani che suonavano nell’ombra mentre eri a occhi chiusi…»

Sofia fu colpita dal fatto che lui l’avesse vista. Tancredi continuò: «Cos’era? Schubert, Mozart…».

«Bach, La Passione secondo Matteo.»

«Ecco, perfetto, un pezzo che io non ho mai sentito, che non conoscevo. Tutto questo secondo me è un segno…» Sofia arrivò alla macchina. Tancredi era davanti a lei. «Non credi? Vorrà dire qualcosa, no?»

«Sì.» Sofia si sedette al volante. «Che dovresti conoscere qualche compositore in più.» Accese il motore e partì. Tancredi, rimasto solo in mezzo alla strada, le urlò dietro: «Sono d’accordo con te. Lo farò!».

Sofia lo guardò nello specchietto retrovisore e sorrise. “Già, ma io non avrò più la possibilità di interrogar-ti…” Non sapeva quanto si stesse sbagliando.

Tancredi vide la macchina fare la curva in fondo alla strada. Si frugò nelle tasche dei pantaloncini. Niente.

Non aveva nulla con sé. Per Gregorio Savini sarebbe stato un gioco da ragazzi. Doveva solo non dimenticare quella targa.


Appena sentì il rumore della porta, Andrea scrisse velocemente una frase e poi chiuse il file. Era soddisfatto, gli mancava poco ma stava venendo un bellissimo lavoro. Sofia sarebbe rimasta senza parole.

«Ciao…» Spuntò sulla porta e gli sorrise.

Andrea poggiò il portatile sul comodino lì accanto.

«Ciao amore. Oggi mi sei mancata moltissimo.»

Sofia alzò le spalle andando verso il bagno. «Lo dici ogni volta…. Non è più credibile.»

«Ma è vero.»

Iniziò a lavarsi le mani e alzò la voce per farsi sentire.

«Ma se ti sono mancata moltissimo anche ieri… Allora è stato più oggi o più ieri?»

«Diciamo che è una mancanza esponenziale… Come la partenza di una piccola palla di neve che diventa una valanga.»

Sofia rientrò dal bagno. «Cioè?»

«Più ti allontani e più cresce la mancanza.»

«Uhm, sei un architetto poco convincente.»

«Ma è così!» Decise che questo gioco era andato troppo avanti. «Cosa hai fatto di bello?»

«Oh, sono andata a sentire Olja e il suo coro in una chiesa dell’Aventino…»

«Era bello?»

«Sì. Si stanno perfezionando e la piccola Simona, che veniva anche qui a casa quando le davo lezioni, te la ricordi? È bravissima.»


Andrea avrebbe voluto riprendere il discorso del pianoforte. Sapeva però quanto lei non volesse tornare più su quella decisione.

«Su che pezzo hanno cantato?»

«Bach, stanno preparando due Corali della Passione.»

«Bellissima. La Passione secondo Matteol»

«Vedo che te la ricordi.»

«Sì. È veramente… inebriante. Ecco, non trovavo la parola giusta. Come un ottimo vino bianco… Sì, inebriante.»

«Ne vorresti?» Sofia andò in cucina. Poco dopo comparve con due calici di un ottimo Sauvignon. Ne passò uno ad Andrea, poi si allontanò, girò un interruttore e abbassò le luci. Andrea la guardava sorpreso.

Lei tornò e alzò il calice. Anche Andrea sollevò il suo.

Brindarono. Rimasero un attimo in silenzio per cercare il motivo di quel brindisi ma Sofia lo trovò subito.

«A questo momento, come dici tu, inebriante.» Poi diede un lungo sorso. Il vino era alla temperatura ideale e scese giù velocemente. Sofia chiuse gli occhi. Per un attimo sentì la mano di quell’uomo sul suo braccio, il suo sguardo penetrante, il suo sorriso. Ma non ricordò nessuna frase, nessuna delle sue parole. Solo il desiderio che aveva provato su quella scalinata. Allora aprì gli occhi e guardò Andrea. Stava bevendo il suo vino a piccoli sorsi, completamente innocente. Sofia finì il bicchiere e se ne versò ancora. Diede un altro sorso, poi poggiò il bicchiere sul comodino e cominciò a togliersi la giacca e la camicetta. Infine le scarpe e i pantaloni.

Prese una sedia e si mise vicino al letto. Andrea la guardava, teneva il bicchiere stretto tra le mani davanti alla sua bocca. Apparve il suo sorriso. La sua voce fu più bassa. «Inebriante… Ti è piaciuta questa parola?»

«Sì…» Sofia si stava accarezzando le gambe. Salì piano piano su dal ginocchio, fino alla coscia, prima con la mano destra, poi con tutte e due, alla fine lentamente le portò verso l’interno e aprì leggermente le gambe guardandolo fìsso negli occhi. Andrea si accorse di quelle bellissime mutandine nere di pizzo. Sofìa le sfiorava dolcemente, chiudeva gli occhi e sospirava. Bevve di nuovo un po’ di vino. Riappoggiò il bicchiere sul comodino e infilò la mano destra sotto le lenzuola. Guardava decisa e determinata Andrea che teneva ancora il bicchiere.

Avanzò sotto le lenzuola, poi salì sulla gamba di Andrea e si infilò nel pigiama. Lui fece un sospiro. «Ah…» L’incidente non gli aveva tolto la sensibilità e la possibilità di provare piacere. Ora Sofia lo accarezzava, muoveva la sua mano sotto le lenzuola su e giù lentamente. Con l’altra mano aveva spostato le mutandine, la muoveva dentro e fuori. Stava dando piacere a tutti e due.

Poi si fermò un attimo. Si versò dell’altro Sauvignon, ne bevve un lungo sorso e lo tenne in bocca, guardò Andrea maliziosa, spinta, monella e si infilò con la testa sotto le lenzuola. Nel buio, sotto le coperte, si mosse velocemente fino a trovarlo e lo prese in bocca, facendo cadere qualche goccia di vino. Andrea ebbe un sussulto di piacere, improvvisamente rapito da quella sensazione fredda e poi di nuovo da quella bocca calda. Stava godendo moltissimo, era eccitato da quella strana Sofia.

E lei, sotto le lenzuola, si sentì improvvisamente au-dace come non mai. Stava pensando a lui. A quell’uomo sconosciuto, alle sue mani eleganti, al suo fisico asciutto e forte, al suo sorriso, ai suoi occhi. In quel buio profondo si vide davanti alla facciata della chiesa, su quella scalinata, gli aveva appena abbassato i pantaloncini e lo stava facendo lì davanti a tutti, alla gente che passava, alla sua insegnante Olja. Con la mano sinistra continuava ad accarezzarsi, poi si sfilò velocemente le mutandine. Si infilò del tutto sotto le lenzuola, abbassò il pigiama ad Andrea e gli salì sopra a cavalcioni. Se lo infilò dentro con facilità, era tutta bagnata ed eccitata e continuò a cavalcarlo così, a occhi chiusi, spingendo avidamente in avanti, sempre più forte, come non aveva mai fatto. In realtà era come se stesse scopando con due persone e in un attimo venne.

Poi cadde in avanti, su Andrea, sudata, sfinita, ancora a occhi chiusi, con la schiena completamente bagnata. Si liberò dal reggiseno, se lo tolse quasi strappandolo e lo buttò per terra, poi mise un seno nella bocca di Andrea che cominciò a leccarlo mentre lei piano piano continuò ad accarezzarlo più giù tra le gambe, fino a quando poco dopo anche lui venne. Rimasero per qualche attimo in silenzio, come abbandonati uno accanto all’altro, con i loro respiri che non riuscivano ad andare a tempo, affannati. Poi Sofia gli diede un bacio veloce sulle labbra.