scendere.

Le sembra tutto ok.

"Bene. Signora, passo di nuovo verso la mezzanotte." Poi va

verso l'uscita. "Lei può rimanere altri cinque minuti."

Grazie.

"Vieni, Martina, andiamo." Prende la figlia per il braccio per

essere sicura che esca dalla stanza.

"Ahia, mamma, e non mi tirare! Vengo! Ciao Step, ci vediamo."

La saluto con la mano e riprendo posto vicino al letto. Poso il

bicchiere d'acqua sul suo comodino.

"Grazie, Stefano. Allora, non sapevo avessi delle fan. La caposala

mi ha raccontato, Martina e le sue amiche sono letteralmente

impazzite per la tua scritta."

"Già, non credevo di diventare famoso per questo. E dire che

non l'ho neanche firmata! "

Mia madre ride. "Ma le voci girano, che non lo sai? Si sa sempre

tutto. E lei? Lei che stava con te... tre metri sopra il cielo...

che

dice?"

"L'ho vista ieri."

"Che vuol dire che l'hai vista ieri? Ma scusa, non ti stai vedendo

con l'altra?"

Rimango in silenzio. Mamma allarga le braccia.

"Be', certo... Ora che ci penso, sono la persona meno adatta a

dirti qualcosa, no?"

Ci guardiamo. Poi all'improvviso ci mettiamo a ridere. Sembra

stare meglio. La medicina ha fatto effetto.

"Non so cosa hai fatto, ma vuoi un consiglio? Non dire niente

all'altra. Neanche che l'hai vista. Supera da solo in silenzio il

tuo

errore. Spero che quello che ho combinato io allora non sia una

cosa

ereditaria, sennò mi dovrei sentire in colpa anche per i tuoi di

errori."

"No, mamma, lascia perdere, già mi sento in colpa io. Ho tanto

desiderato incontrarla di nuovo, c'ho pensato giorno e notte, ho

sempre immaginato quel momento, come sarebbe stato..."

"E com'è stato?"

"Io e te... tre metri sotto terra! "

"È che a volte facciamo delle cose così stupide. E non quando

siamo innamorati ma quando pensiamo di esserlo." Rimaniamo in

silenzio.

"Be', meglio così. Almeno una cosa te la sei chiarita. La storia

passata è passata. Finita. Non potevi evitarlo, credo."

"Invece avrei dovuto, e come se non bastasse... si sposa."

"Ah, andiamo bene. È per questo che sei rimasto male?"

"No. L'assurdo è che non me n'è fregato niente. M'è sembrata

un'altra persona, una che non aveva niente a che fare con me, con

tutto quello che mi ricordavo, non era più quella ragazza che mi

era tanto mancata, per la quale ero stato così male. E la cosa

assurda

è che si sposa e che me l'ha detto quando era già tutto successo.

Mi sono sentito ancora più in colpa."

"Per quello che ti aveva detto?"

"No, per l'altra ragazza. Per quanto è diversa da lei e per quanto


non se lo merita."

Mia madre mi guarda. Poi sorride. E torna proprio a essere

quella mamma che mi è tanto mancata.

"Stefano, alcune cose devono capitare e sai perché? Perché se

fosse successo più in là poi non sarebbe stato più possibile

mettere

tutto a posto. Di questo, purtroppo, ne sono sicura."

Rimaniamo così per un po', in silenzio.

"Be', ora vado. Non voglio che torni la caposala e mi veda ancora

qui. "

"Io al posto tuo sarei più preoccupato se tornasse la piccola

fan."

"Ah, questo è sicuro! "

Le do un bacio sulla guancia. Lei mi sorride.

"Vienimi di nuovo a trovare."

"Certo, mamma."

Raggiungo la porta e mi giro di nuovo per salutarla. Mi sorride

da lontano e alza la mano. Fa anche l'occhiolino. Forse per farsi

vedere più forte.

"Stefano..."

"Sì, mamma, dimmi. Hai bisogno di qualcosa?"

"No, grazie, ho tutto. Bentornato."

Capitolo 73.

Ormai è il tramonto. Citofono. Qualcuno mi viene a rispondere.

"Mi scusi, c'è Ginevra?"

"No. È in chiesa, qui vicino, a San Bellarmino. Ma chi parla?"

Mi allontano. Non ho voglia di rispondere. Maleducato per una

volta. Perdonatemi anche voi. Ma oggi me lo posso permettere.

Entro

in chiesa in silenzio. Non so che dire, che fare, se pregare e

perché

poi. Ora no. Ora non ci voglio pensare. Alcune signore anziane

in ginocchio rivolte verso l'altare. Hanno tutte in mano il

rosario.

Lo muovono ogni tanto nervose tra le mani pronunciando parole

al Signore, preghiere che sperano Lui possa esaudire. Lui può,

certo. Ma chissà se ne ha voglia. Chissà se lo riterrà giusto,

sempre

che una giustizia ci sia. Ma non ci voglio pensare. Ho altro da

fare.

Io ho il mio peccato. Per me è tutto più facile. Eccola. La vedo

di spalle. Non è inginocchiata ma prega. Dice qualcosa comunque,

di sicuro anche lei al Signore. Mi avvicino piano.

"Gin?"

Si gira e mi sorride. "Ciao... Che bella sorpresa... stavo

ringraziando

il Signore. Sai..." Si porta la mano sulla pancia. "È tutto a

posto. Ero così preoccupata... cioè non è che non volessi... Ma

così

per caso, mi sembrava brutto. Una cosa così importante, così

bella,

avere un figlio..."

"Shh" le faccio. Le do un bacio leggero sulla guancia. Mi avvicino

poi al suo orecchio e tutto d'un fiato, senza più aspettare, senza

paura, io salto. Le racconto tutto, le sussurro il mio peccato,

lentamente,

sperando che capisca, che possa capire, che mi possa perdonare.

Ho finito. Mi tiro indietro. Lei mi guarda in silenzio. Io la

guardo. Non ci crede.

"È uno scherzo?" Prova a sorridere.

Scuoto la testa. "No. Perdonami Gin."

Mi inizia a colpire con tutti e due i pugni con rabbia, piangendo,

urlando, dimenticandosi di essere in chiesa, o forse, ancora più

giustificata per questo. "Perché? Perché? Dimmi perché? Perché

l'hai fatto? Perché?" Continua così, disperata, cade in ginocchio

e

continua a piangere, singhiozzando, cercando quella risposta che

io non ho. Poi va via correndo, lasciandomi lì, in quella chiesa

ancora

più vuota, sotto gli sguardi di quelle signore anziane che per

un attimo hanno dimenticato le loro preghiere e si occupano di me.

Le guardo e allargo le braccia. Magari voi poteste perdonarmi. Ma

non potete, voi no. Contro di voi, non ho peccato. Ho solo forse

dato un po' fastidio... Sì, per questo forse potete perdonarmi. Si

girano

di nuovo verso l'altare e riprendono in silenzio le loro

preghiere.

Forse mi hanno perdonato. Almeno loro. È con lei che sarà

più difficile.

Capitolo 74.

Qualche giorno dopo. Casa Gervasi è al buio. Un silenzio e una

tranquillità che da tempo non si concedeva. Del profumo leggero

di fiori. Babi guarda in cucina e si accorge che ci sono diversi

bouquet

da sposa per la prova.

"Vattene Lillo, non devi vedere! Rovini tutto, dai. Così ogni cosa

sarà una sorpresa per te. Non è più bello?"

"Speravo che potessimo stare un po' insieme, con tutta questa

preparazione si perde un altro tipo di allenamento."

"Più tardi magari, credo che ci siano i miei. Dai, vai a casa,

magari

dopo ti avviso. Se escono passi tu, sennò vengo io da te, va bene?


"Ok, come vuoi."

Babi dà un bacio leggero al suo futuro sposo. Lillo, leggermente

imbronciato, sorride, poi scende velocemente le scale e sparisce

nel

pianerottolo. Babi chiude la porta.

"Mamma... sei in casa?"

"Sono qui, in salotto."

Raffaella è seduta su un divano, ha le gambe allungate e beve

un tè verde che naturalmente oggi va molto di moda. Babi la

raggiunge.

Le tapparelle sono abbassate. Un pendolo leggero tiene il

tempo che passa. Qualche rumore dalla strada come un'eco lontana

e nulla più. Babi si siede sul divano di fronte a lei.

"Sai, mamma, pensavo una cosa... Noi non sappiamo niente di

cosa accade veramente nelle altre famiglie, come sono diverse, che

storia hanno..."

"Be', non lo so, ma di certo non possono superarci."

Si guardano e improvvisamente si mettono a ridere.

"No, questo proprio no. Ti devo dire una cosa. Ho visto Step

ieri sera. "

Raffaella torna seria.

"Perché me lo dici?"

"Perché avevamo deciso di dirci tutto." La mamma rimane lì a

pensare.

"Sì, proprio l'altro giorno mettevo a posto la tua stanza e ho

trovato il poster che ti aveva portato, quello che hai tenuto per

tanto

tempo attaccato sul tuo armadio. Dove facevate 'la pinna' come

la chiamate voi."

"Sì, me lo ricordo. Lo hai buttato?"

"No, quando sarà il momento lo butterai tu."

Uno strano silenzio tra loro, improvvisamente spezzato da Babi.

"Ieri ho fatto l'amore con Step."

"Lo dici apposta, eh? Vuoi stupirmi, mi vuoi sorprendere?"

Raffaella si alza, perde per un attimo la sua calma.

"Forza, dimmi la verità! Cosa vuoi da me, eh? dimmelo, cosa

vuoi?" Sembra volerla prendere a schiaffi, scuoterla con violenza.

È vicina, troppo vicina. Babi alza lo sguardo e le sorride