Non devi vedere. Ti ricordi, no? Ora tocca a me. E tocca a te
stare al gioco."
Senza parlare me la lego intorno alla testa così come aveva fatto
lei. Quella volta in moto dietro di me. Lei e i suoi occhi
bendati,
volare via tranquilli. Lei abbracciata a me, senza vedere,
lasciandosi
portare verso quella casa ad Ansedonia, il suo sogno, di
notte, quella notte, la sua prima volta... Ora la sento guidare
tranquilla,
alzare un po' lo stereo, lasciarmi portare così dalla musica,
da lei, da quella bottiglia di rum finita dentro di me.
"Ecco, siamo arrivati."
Mi levo la mia sciarpa-benda e nella penombra la scorgo. La
Torre.
"Ti ricordi? Quella volta che ti sei addormentato?"
Come posso dimenticare? Poi quando mi sono svegliato abbiamo
litigato e poi abbiamo fatto pace. Come facevamo pace. Come
si fa pace tra innamorati. E senza neanche accorgermene me la
trovo tra le mie braccia. Eppure non abbiamo litigato. Questa
volta
no... Mi bacia. Morbida, senza pudori, sorride nella penombra.
"Ehi, ma quanto hai bevuto?"
Un po'.
Ma non sembra importargliene poi più di tanto. E continua così,
accarezzandomi. "Mi sei mancato, sai?" Mi sento sciocco, cosa
posso dire? Come posso saperlo? E sarà vero poi? Perché mi dice
così? Perché? E io? Io non so proprio che dire. Vorrei stare
zitto.
Ma mi esce un semplice "Sì?".
"Sul serio." Sorride. Poi mi sbottona la camicia, si spinge oltre.
E continua tranquilla. Senza fretta, ma decisa, sicura, ancora più
sicura, se mi ricordo, di come l'avevo lasciata.
"Vieni esci fuori..."
Quasi mi spinge dalla macchina e ride divertita all'idea che ha
iniziato a piovere. Si apre la camicetta, si toglie il reggiseno,
scoprendosi
il seno. Si lascia accarezzare dall'acqua e poi da me che
scivolo con la lingua sui suoi capezzoli bagnati. Con le mani
sicure
mi apre la cinta, mi sbottona i pantaloni lasciandoli cadere giù,
infila la mano dentro e mi sussurra all'orecchio.
"Eccolo... Ciao... Quanto tempo..."
Spinta come non era mai stata. Non con me almeno. Poi mi bacia
sul petto mentre l'acqua dal cielo continua a cadere. E Babi
scivola
giù lasciandosi portare da quelle gocce fino a trovarlo. E io mi
lascio andare così, portato dal rum, dalla pioggia che cade dal
cielo,
da lei caduta così in basso. E mi piace. E lo fa bene. Mi piace
da morire e ne soffro quasi nell'ammetterlo. Ormai bagnato, tutto
e dappertutto, rapito dalla sua bocca che mi succhia, quasi con
rabbia,
io mi lascio portare. Tutto quel tempo passato. Quel dolore
sofferto... Quella donna perduta... Alzo la testa al cielo. Le
gocce
di pioggia si vedono all'improvviso, accarezzate da quel fascio di
luce di una luna lontana. Vorrei fare come Battisti... "Ma io gli
ho
detto no e adesso torno a te con le miserie mie, con le speranze
nate
morte che io non ho più il coraggio di dipingere di vita..." E
invece
resto. E lei continua così, senza fermarsi, più veloce, con la
sua bocca quasi avida di tutto ciò che è mio. Poi si stacca, si
alza,
mi assale, mi tira a terra e io mi lascio cadere. Mi stendo vicino
a
lei, sotto la pioggia. E mi sale sopra e si alza la gonna e sotto
non
ha già più nulla. Bagnata dappertutto mi allarga le mani ed è
sopra
di me. Comincia a cavalcarmi. L'acqua scende. Mi tengo con le mani
al terreno, mi gira la testa, ho bevuto troppo, lei da lassù
sorride
e gode e mi guarda, vogliosa, sensuale, spinta. E io tocco il
grano
bagnato, l'erba, e la stringo e, per un attimo, non vorrei essere
lì. Ma come... E quel suo sorriso tanto amato? Non era per questo
che sei tornato? E all'improvviso un lampo. Senza luce. Come un
uccello notturno, un battito d'ali, fragoroso nella sua
delicatezza.
La sua voce.
"Mi chiami dopo?"
"Sì, magari ti chiamo."
"Come magari? Mi chiami! Anzi... Chiamami senza chi!"
E allora come dei pixel, dei frame, una foto sovraesposta,
un'immagine
sfocata, una semplice polaroid... Improvvisamente si forma
lucida nella mia mente. Gin. Dolce Gin, tenera Gin, divertente
Gin, pulita Gin. Mi appare tutta, in tutta la sua bellezza. E la
luna
lontana sembra ripropormi un suo nuovo viso. Affranta,
dispiaciuta,
delusa, tradita. E in quel pallore lunare vedo tutto quello
che non avrei mai voluto vedere... Come per incanto la pioggia
si infittisce, i fumi dell'alcol si dileguano. E io,
improvvisamente lucido,
provo a sfilarmi da sotto di lei. Ma Babi mi stringe più forte,
mi tiene fermo, va su e giù, quasi con rabbia, continua la sua
corsa
con ancora più foga, no, non mi lascia scappare. Quasi trascinata
da quel mio voler fuggire, mi cavalca e gode, senza darmi respiro,
né tregua, né riposo. Ancora, ancora e ancora. Si sfila solo
all'ultimo quando ormai io vengo. E soddisfatta, appagata, ormai
sazia, si accascia su di me. Si abbandona così, lasciando lì da
qualche
parte per terra due poveri innocenti. Il mio seme e la mia colpa.
Poi mi dà un bacio leggero, che non so di cosa sappia. So solo
che mi sento ancora più in colpa. E mi sorride, sotto la pioggia,
più
spinta di sempre, più donna di allora. Diversa. Specchio deforme
di ciò che ho tanto amato.
"Sai Step, ti devo dire una cosa..."
Mentre mi rivesto sotto l'acqua, sotto la pioggia che vorrei
purificatrice,
sotto le nuvole scure che mi guardano inquisitorie, sotto
quella luna che sdegnata mi ha voltato la faccia. Lei continua.
"Spero solo che non ti arrabbi."
Continuo a vestirmi in silenzio. La guardo. Io? Arrabbiarmi io?
Ora che non ci sei più? E come potrei arrabbiarmi?
Si porta con tutt'e due le mani i capelli bagnati all'indietro.
Poi
piega la testa, cercando per un attimo di tornare bambina. Ma non
è più possibile. Non ci riesce.
"Ecco... ti volevo dire che tra qualche mese mi sposo."
Capitolo 70.
Notte fonda. Claudio ha girato per tutta Roma. Non riesce a
credere a come si è fatto fottere. Come ha fatto a non accorgersi
che non era il suo telefonino, ma quello di sua moglie. D'altronde
sono identici. Mannaggia a me e a quando ho dato retta a quella
pubblicità. Era una trappola. Ho risparmiato, sì... ma ora quanti
danni mi toccherà pagare? E per quanti anni? Non riesce a
quantificare
tutto quello che lo aspetta. Ma tanto vale affrontarlo. Ormai *
sono le due. Saranno anche tutti andati a dormire, no? Posteggia
sotto casa, fuori dal cancello, proprio per non far sentire
che rientra. Poi corre su per la salita col passo felpato, nella
notte,
apre piano il portone, lo richiude sempre senza far rumore. Poi
la porta di casa, piano piano, lentamente, piegando la maniglia
della porta interna con dolcezza, per non far rumore. Ma lo scatto
finale lo tradisce.
"Papà, sei tu? " Daniela compare dal salotto. "Ciao! Ti ho
aspettato
in piedi perché sono felicissima! Ho fatto gli esami, mi hanno
dato oggi tutte le risposte. Il bambino sta bene e soprattutto non
ho l'Aids!"
Ma Claudio non fa in tempo a esserne felice. Dal buio della cucina
;
gli si scaraventa addosso Raffaella, lo aggredisce da dietro,
montandogli quasi a cavalcioni, urlando, graffiandogli con le
unghie
le guance, accecandolo, strappandogli i capelli, mordendogli
le orecchie. Raffaella è una specie di arpia, uno strano volatile
urlante
aggrappato sulla sua schiena. Ha le gambe strette intorno alla
sua vita e non lo molla. Claudio comincia a urlare pure lui dal
dolore e corre come un pazzo per il corridoio, sotto gli occhi
esterrefatti
di Daniela che non sa assolutamente nulla e che pensava di
poter dividere coi genitori la sua felicità. Claudio, arrivato
alla fine
del corridoio, si gira di botto e si lancia con una spallata
dentro
al grande armadio, sfondandolo con tutta l'arpia sulle spalle.
Finisce
sotto cappotti, pellicce e altri abiti che cadono dalle
rastrelliere.
In mezzo a quell'odore di naftalina, alle scatole di scarpe, ai
tanti
regali di feste passate ormai andate perdute. Claudio si riesce a
liberare da Raffaella, si tira fuori dall'armadio e corre in
camera
sua. In quel momento esce Babi dalla sua stanza.
"Ma che succede? Che, ci sono i ladri?" Poi vede il padre in
faccia,
tutto insanguinato. "Ma che ti è successo? Che ti hanno fatto?"
In quel momento arriva Raffaella.
"Che gli hanno fatto? Che ci ha fatto! Erano mesi che scopava
con una brasiliana in un albergo alla stazione ! " e così dicendo
strappa
via dall'armadio, distrutto, un pezzo di anta e cerca di colpire
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