salutandolo.

"Ciao, come stai? È andato bene il lavoro?"

"Benissimo."

"Vieni che t'aiuto."

Claudio si fa sfilare la giacca, ma rimane perplesso. Cos'è questa

improvvisa gentilezza? C'è qualcosa che non va. Avrà scoperto

qualcosa? Un altro problema delle figlie? Tanto vale affrontarla

subito.

Claudio la segue in camera da letto.

"Tutto bene tesoro? C'è qualche problema?"

"No, tutto a posto, perché? Vuoi qualcosa da bere?"

Mi chiede anche se voglio qualcosa da bere. Allora un problema

c'è. E grosso.

"Ma Daniela come sta?"

"Benissimo, ha fatto gli esami. Dovrebbero consegnarglieli proprio

oggi, ma sembra tutto a posto. Ma perché mi continui a fare

tutte queste domande?"

"Sai Raffaella, mi sembri così gentile."

"Ma io sono sempre gentile."

"Ma non così gentile! "

È vero, pensa Raffaella. Cavoli, mi sto tradendo.

"Hai ragione, non ti si può nascondere niente! Mi ero

completamente

dimenticata che mi aveva invitato Gabriella per giocare

a burraco da lei. E invece avevamo detto che forse andavamo al

cinema coi Ferrini. "

"Ah." Claudio sospira, rilassandosi. "Ma figurati, cara, voglio

essere sincero. Me n'ero dimenticato anch'io. Non solo. M'ha

chiamato

Farini che stasera mi dà la rivincita a biliardo, ma ti rendi

conto!

Ormai è sicuro, viene al nostro studio! "

"Bene, sono felice! Allora fatti una bella doccia, così ti

rilassi.

Se perdi di nuovo pensa che lo fai apposta per fargli piacere... e

non è carino ! "

"Hai ragione, stasera lo batto, sono sicuro." Claudio si spoglia

del tutto e s'infila nella doccia. Si rilassa sotto il getto

dell'acqua.

Che bello, pensa, mai niente m'è sembrato così facile. E lei si

sente

perfino in colpa. Posso andare all'Hotel Marsala senza problemi

e godermela fino a tarda notte. Come sono fortunato... E non

sa quanto si sbaglia. Raffaella ha appena messo a punto il suo

piano.

Ora non ha più dubbi. Non è perfetto: è diabolico. Claudio finisce

di fare la doccia. Si asciuga velocemente eccitato all'idea

d'uscire

e la saluta con affetto.

"Ma che fai tu? Non esci?"

"No, noi giochiamo verso le dieci. Così aspetto anche Daniela

che torna, mi fa piacere."

"Hai ragione, salutamela e divertiti."

"Anche tu."

Raffaella lo saluta con un sorriso. Claudio esce di corsa. Ma se

avesse avuto gli occhi anche dietro la nuca avrebbe visto come

quel

sorriso, appena si è voltato, si è tramutato in una smorfia

terrificante.

Quello di una donna che sa il fatto suo. E che andrà fino in

fondo. Raffaella prende il telefono di casa e chiama tutt'e due le

figlie.

Poi tutte le sue amiche più intime, quelle che potrebbero in

qualche modo cercarla sul suo telefonino. A tutte dice la stessa

cosa.

Per tutte inventa la stessa bugia.

Capitolo 67.

Poco dopo sono in macchina con Balestri. Gli ho portato una

birra. Guida allegro e sportivo, non solo per la birra forse.

"Ecco.

Siamo arrivati." Via di Grottarossa. Scendiamo. Alcune macchine

sono posteggiate di fronte alla villa ma non ne riconosco nessuna.

Suona a un citofono. Corsi. Anche il cognome non lo conosco. Guido

mi guarda curioso, sembra divertito.

"Oh, Guido, non è che hai sbagliato indirizzo? Non vedo le

moto di nessuno, Corsi poi? Ma chi è?"

"È questa la villa, fidati. Stai tranquillo. Almeno una persona

sono sicuro che la conosci." Aprono il cancello. Entriamo. La

villa

è molto bella, vetrate coperte da tende dai diversi colori si

affacciano

su tutto il giardino. Una piscina semivuota riposa poco

più in là aspettando i primi di maggio e lì vicino un campo da

tennis

con tanto di terra rossa e rete tirata sembra farle da guardia. Un

cameriere sorridente ci aspetta sulla porta, si fa di lato e ci fa

entrare

richiudendola alle nostre spalle.

"Grazie."

Guido lo saluta. Sembrano conoscersi. "C'è Carola?"

"Certo è di là, venga." Ci accompagna per un corridoio. Quadri

illuminati si alternano perfetti all'interno di un'impeccabile

libreria,

tra libri antichi, vasi cinesi morbidamente colorati e oggetti

di cristallo. Tutti delicatamente incastonati in quel legno

chiaro.

Arriviamo in un grande salotto. Il cameriere si fa da parte. Una

ragazza

ci corre incontro.

"Ciao."

Abbraccia Guido salutandolo affettuosamente ma non sulle

labbra. Deve essere Carola.

"Ce l'hai fatta?" Guido si gira verso di me e sorride come a dire:

"Certo Carola, non vedi che è qui?". Carola mi guarda. Rimane

per un attimo sorpresa. Mi osserva con attenzione come se mi

stesse valutando. Socchiude gli occhi, li stringe come se non

credesse

che io... sono io.

"Ma lui... è lui?"

Guido le sorride. "Sì, è lui."

"Sì, penso proprio di essere io... Di solito mi chiamano Stefano,

Step per gli amici... Ma 'lui' non mi avevano mai chiamato...

Lui? Mi spiegate cosa sta succedendo?"

E improvvisamente da quella porta semichiusa, da quel salotto

fatto di persone sconosciute, di voci lontane e confuse, di libri

antichi, di quadri dipinti dal tempo, sento una risata. La sua

risata.

Di lei che mi è mancata, di lei che ho cercato, di lei sogno di

mille

notti. Babi. Babi. Babi. Babi è seduta su un divano in mezzo al

salotto e tiene banco e racconta qualcosa e ride e tutti ridono.

Mentre

io, da solo, rimango in silenzio. Ecco il momento che ho tanto

atteso. Quante volte in America, frugando nei ricordi, spostando

pezzi dolorosi, macigni di delusioni, sono andato giù, in fondo,

fino

a trovare quel sorriso. E ora eccolo lì, davanti a me. E lo divido

con altri. Tutto ciò che era mio, solo mio. E improvvisamente mi

ritrovo a correre attraverso un labirinto fatto di momenti: il

nostro

primo incontro, il primo bacio, la prima volta... L'esplosione

impazzita

del mio amore per te. E in un attimo ricordo tutto quello

che non ti ho potuto dire, tutto quello che avrei tanto voluto che

tu sapessi, la bellezza del mio amore. Quella avrei voluto

mostrarti.

Io, semplice cortigiano ammesso alla tua corte, inginocchiato

davanti

al tuo più semplice sorriso, di fronte alla grandezza del tuo

regno, avrei voluto mostrarti il mio. Su un piatto d'argento,

allargando

le braccia in un inchino infinito, facendoti vedere il mio dono,

quello che provavo per te: un amore senza confini. Ecco, mia

signora, vedi, tutto questo è tuo. Solo tuo. Oltre il mare e in

fondo,

laggiù, oltre l'orizzonte. E ancora Babi, oltre il cielo e oltre

le

stelle, e ancora, oltre la luna e oltre quel che è nascosto. Ecco,

questo

è il mio amore per te. E altro ancora. Perché questo è solo ciò

che ci è dato di sapere. Io ti amo oltre tutto quello che non ci è

dato

di vedere, oltre quello che non ci è dato di conoscere. Ecco,

questo

e chissà quant'altro ancora avrei voluto dirti. Ma non ho potuto.

Non ho potuto dirti nulla che tu avessi voglia di ascoltare. E

ora? Cosa potrei dire ora a quella ragazza seduta sul divano? A

chi

posso mostrare le meraviglie di quel grande impero che le

appartenevano?

Ti guardo e non ci sei più. Dove sei finita? Dov'è quel

sorriso che mi rendeva naufrago di certezze, ma così sicuro di

felicità?

Vorrei scappare ma non c'è tempo, non c'è più tempo. Eccoti.

Babi si gira lentamente verso di me.

"Step! Non ci credo... Che sorpresa..." Si alza e mi corre

incontro.

Mi abbraccia, mi stringe forte e mi bacia dolcemente. Sulla

guancia. Poi si stacca, non andando troppo lontano però. Mi

guarda negli occhi e sorride.

"Come sono felice di vederti... Ma che ci fai qui?"

Mi viene in mente Carramba che sorpresa! Cosa avrebbe gridato

la Raffa nazionale? Ah sì. "Babi è qui!" Ma non mi dà tempo.

Comincia a parlare. Ride e parla, parla e ride. Sembra sapere

tutto

di me. Sa dove sono stato, cosa ho fatto in America, gli studi, il

mio lavoro.

"E poi sei tornato in Italia i primi di settembre. Il 3 credo per

essere precisi. E non mi hai fatto neanche gli auguri per il

compleanno...

Non ti sei ricordato, eh? Be', ma ti perdono..."

E continua così, ridendo. Il 6 settembre era il suo compleanno

e io, quel giorno, me lo sono perfettamente ricordato, come

sempre.

Come ogni anno, anche in America, come ogni altra cosa che

aveva avuto a che fare con lei, le più belle, le più dolorose. E

lei?

Lei mi perdona. Di che? Di non averla saputa dimenticare?

"Era il 6 settembre! Vedi che non ti ricordi..."

"Ah già, è vero." Le sorrido e la lascio andare avanti. Parla lei