"No."

È arrivato il nostro turno. Mettiamo le valigie nel portabagagli

e saliamo sul taxi.

"Peccato, a un certo punto c'è una bella frase... Credo che c'è

un buco grosso dentro, ma che il rock and roll, qualche amichetta,

il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli

amici be', ogni tanto questo buco me lo riempiono."

"Sembra forte... certo che te ne ricordi di citazioni tu, eh?"

Gin insiste. "E Da dieci a zero?"

"Neanche."

"Ma sei sicuro che pensavi al cantante e non a Ligabue il

pittore?"


Mi guarda incuriosita e strafottente. Questa ragazza mi preoccupa.

Dico la strada della casa di Gin al tassista che fa cenno di sì

con la testa e parte. Oh. Tutti sanno tutto. Io mi infilo gli

occhiali.

Gin ride.

"Ti ho beccato eh? O non sai neanche chi è?"

Non si aspetta risposta. Decide di lasciarmi stare. Si appoggia

sulla mia spalla come durante i voli in aereo. Come tutte queste

ultime

notti. La vedo riflessa nello specchietto del tassista. Chiude

gli occhi. Sembra riposare, poi li riapre di nuovo. Incrocia il

mio

sguardo anche attraverso gli occhiali. Sorride. Forse ha capito

tutto.

Forse. Ma una cosa è sicura. Se sarà una bambina la chiamerò

Sibilla.

Un ultimo saluto. "Ciao. Ci sentiamo." Con lo zaino in spalla

e la sacca in mano entra nel portone. La vedo andar via così,

senza

poterle dare una mano. Non ha voluto.

"Non voglio essere aiutata e soprattutto non mi piacciono gli

addii troppo lunghi. E vattene! "

Gin troppo forte. Risalgo sul taxi e do il mio indirizzo. Il

tassista

fa un cenno di sì con la testa. Conosce anche questo. Be',

d'altronde

è il suo lavoro. In un attimo mi tornano in mente tanti momenti

del viaggio. È come un album sfogliato velocemente. Allora

scelgo le foto più belle. I tuffi, i baci, gli scherzi, le cene,

le chiacchierate

senza tempo, l'amore senza tempo, i risvegli senza tempo.

E ora? Sono preoccupato e non solo per il fuso orario. Mi manca.

Lasciarla a casa proprio dopo un viaggio è come partire di nuovo

ma senza saper dove andare e soprattutto con chi. Solo. E Gin

già mi manca. Di questo sono preoccupato. Sono diventato troppo

romantico?

"Siamo arrivati, dotto'."

Per fortuna c'è il tassinaro che mi riporta alla realtà. Scendo.

Non aspetto il resto, prendo la mia roba ed entro in casa.

"C'è nessuno?" Silenzio. Meglio così. Ho bisogno di entrare

piano piano, senza troppi rumori, senza troppe domande, nella mia

vita di tutti i giorni. Metto a posto un po' di roba dalla sacca,

butto

in bagno nella vasca quello che c'è da lavare e mi faccio una

doccia.

Non sento il fuso ma per fortuna sento il telefonino. Esco dalla

doccia. Lo prendo al volo. Mi asciugo un attimo prima di

rispondere.

E lei, Gin.

"Ohi, l'ho acceso un secondo fa, prima di fare la doccia. Lo

sapevo

che non potevi resistere."

"Pensa che io ti avevo chiamato per sapere tu come te la cavavi.

Non è che stai dando le capocciate? Sei in crisi totale da

astinenza...

d'amore?"

"Io?"

Allontano il telefonino di poco e fingo di rivolgermi a un folto

pubblico femminile lì di fronte. "Calma ragazze, calma... Arrivo!

"

Gin fa finta di essere scocciata.

"Strano che non hai detto vengo. E in un attimo ragazze! Saresti

stato più sincero. Non le illudere! Ah! Ah!"

"Uhm! Velenosa. Se la metti su questo piano parliamo con Romani,

due partecipazioni a qualche trasmissione come il caso dell'anno

e ripartiamo subito per il giro del mondo."

" Senza andar troppo lontano... Comincia a prepararti il discorso

per i miei, dovrai passare di qui tra qualche giorno."

"Cosa?"

"Be', se ancora non arrivano 'loro' è meglio che passi tu, no?"

"Cosa?"

"Ma sì, siamo allo scadere, e 'loro' non si vedono, quindi sono

incinta! Preparati la promessa di matrimonio, le scuse e tutto il

resto.



Rimango in silenzio.

"Ecco bravo! Hai capito! Divertiti con quelle ragazze che hai

lì, che ti è rimasto poco tempo! "

"Ma io pensavo che mi sarei dovuto occupare solo della scelta

del nome. "

"E certo. La cosa più facile! No guarda, a quello ci penso io.

Tu preoccupati di tutto il resto. Sai cosa dice sempre la mia

mamma?

'Hai voluto la bicicletta? Ora pedala!'"

"Bicicletta... Se è femmina la potremmo chiamare così. Sarebbe

sicuramente una ragazza molto sportiva e poi che ne so, in onore

di tua mamma."

"Meno male. Credevo fossi già in stato depressivo. Invece ce la

fai ancora a dire qualche cretinata."

"Sì, ma sono le ultime. Sai come papà dovrò essere ancora più

serio. Ma sei sicura piuttosto che sono io il papà? Mio nonno

diceva

sempre: 'Mater semper certa est, pater numquam'."

"Ecco bravo, vivi nell'incertezza. Stai sicuro che se è scemo vuol

dire che è tuo ! "

"Meno male che ero in crisi d'astinenza d'amore! "

"Step... non litighiamo."

"E chi vuole litigare?"

"Mi manchi..." Allontano di nuovo il telefonino.

"Ragazze, volete sapere che ha detto? Che le manco..."

"Dai... non fare lo stupido."

"Sei cambiata?"

"Cioè?"

"Di solito mi dici scemo."

"E cosa è meglio scemo o stupido?"

"Be', diciamo che stupido per me è meglio... e poi scusa scemo

hai detto che chiami mio figlio, a me devi chiamarmi stupido per

forza sennò in questa casa non si capisce più niente. Sai che

confusione?"


"Cretino!"

"Ecco... E adesso cretino chi è? L'altro?"

Ridiamo. Continuiamo a ridere così. A parlare senza più sapere

bene di cosa, né perché^Poi decidiamo di attaccare, promettendoci

di sentirci domani. È un'inutile promessa. L'avremmo fatto

comunque. Quando perdi tempo al telefono, quando i minuti

scorrono senza che te ne accorgi, quando le parole non hanno

senso,

quando pensi che se qualcuno ti ascoltasse penserebbe che sei

pazzo, quando nessuno dei due ha voglia di attaccare, quando dopo

che lei ha attaccato controlli bene che l'abbia fatto veramente,

allora sei fregato. O meglio sei innamorato. Che poi è un po' la

stessa

cosa...

Capitolo 65.

I giorni seguenti a Roma tornano lentamente normali. Le ore

riprendono

il loro posto. Torna a far freddo. Ognuno a stare nella

propria casa. Il mare si allontana. Così come il suo ricordo.

Rimangono

solo le foto di quello splendido viaggio. Finiscono in chissà

quale cassetto presto anche loro dimenticate. Romani è stato

felice

di vederci, così allegri e abbronzati, soprattutto grazie a lui.

Ancora

più felice nel vederci accettare quel contratto di lavoro, sempre

grazie a lui. Paolo e Fabiola sembrano andare d'accordo. Paolo ha

abbandonato l'idea di fare l'agente. Il mio agente. È tornato a

fare

il commercialista. Fa prendere tutte le decisioni a Fabiola, la

sua

donna, così i conti tornano facilmente. Perché se a lui i conti

non

tornassero sia in ufficio che fuori, potrebbe impazzire. Da quanto

sento dai racconti di Paolo, mio padre e la sua donna, della quale

non ricordo assolutamente il nome né voglio fare il minimo sforzo

per ricordarlo, vanno d'amore e d'accordo. D'amore. Anche su

questo

non voglio fare il minimo sforzo. Della vita sentimentale di mamma

invece Paolo non sa nulla. O almeno non mi dice nulla. E

preoccupato

però della sua salute. Le ha visto fare diverse ricerche in

ospedale.

Ma anche di questo Paolo non sa nulla. O anche in questo caso

non mi vuole dire nulla di più. E anche su questo non riesco a

fare

uno sforzo. Non ce la faccio. Già mi è sembrato difficile leggere

il libro che mamma mi ha regalato. Una storia simile alla nostra

ma

con un lieto fine. Un lieto fine, sì. Ma quello è un libro.

"Ciao, che stai facendo?"

"Sto preparando la borsa e me ne vado un po' in palestra..."

Tutto è tornato alla più grande normalità. Anche Gin.

"Ma dai, anch'io più tardi ci vado. Oggi mi tocca." Fa una pausa

cercando nel suo calendario delle palestre a vela. "La Gregory

Gym a via Gregorio VII ! Meno male che non è troppo lontana. Ci

vediamo più tardi?"

"Certo."

"Allora un bacio e a dopo."

Non sapevo cosa sarebbe successo, che di quel "certo" non sarei

stato poi più così certo.

In palestra saluto un po' di gente. Poi comincio ad allenarmi.

Senza spingere troppo, senza forzare con il peso. Ho paura di

stirarmi.

È troppo tempo che non mi alleno. "Ehi, bentornato."

È Guido Balestri, magro e sorridente come sempre. Con la sua

tuta bordeaux sbrindellata come sempre, con una felpa radicai-