male

possiamo sempre mettere su una compagnia e dare spettacolo.

Malesia. Perentian. Tioman.

Dorati, sani, leggermente abbrustoliti da un sole che non ci ha

mai abbandonato. Camminiamo. Un pomeriggio di un giorno qualsiasi.

Come sono tutti i giorni quando sei in vacanza. Ci fermiamo da

un pittore disteso all'ombra di una palma e scegliamo senza

fretta.

"Ecco, quello!"

Uno dei tanti quadri infilati nella sabbia come grandi conchiglie

colorate lasciate essiccare all'aria. Lo scegliamo insieme,

divertiti

che proprio lo stesso ci abbia colpito.

"Come siamo simbiotici, eh Step?"

"Già."

Lo pago 5 dollari, ce lo avvoltola e ce lo portiamo via camminando

lenti verso il nostro bungalow.

"Sono preoccupata."

"Perché? Per la tua pancia? È presto."

"Cretino! Mi sembra strano. Dieci giorni e non abbiamo mai

litigato! Neanche una volta. Tutto il giorno insieme e mai una

discussione."

'

"Be', allora scusa meglio dire: 'tutte le notti insieme e abbiamo

sempre...'."

Gin si gira al volo. Fa la faccia da dura.

"Fatto l'amore! Non t'arrabbiare. È inutile che mi guardi male!

Stavo per dire proprio questo. Tutte le notti insieme e abbiamo

sempre fatto l'amore."

Si... si... certo.

"Anche se..." Continuiamo a camminare. "Scusa eh, Gin. Ma

abbiamo sempre scopato rende molto meglio l'idea."

Comincio a correre. "Cretino. Allora dillo che vuoi litigare! "

Comincia a correre anche lei cercando di raggiungermi. Apro

veloce la porta del bungalow e mi ci infilo dentro. Poco dopo

arriva

anche lei.

"Allora... vuoi proprio litigare."

"No vedi..." le indico la finestra, "è quasi buio. Ormai è tardi,

se si litiga, si litiga di giorno! " La tiro a me. "Perché di

notte..."

"Di notte?" Mi riprende Gin.

"Si fa l'amore, va bene? Si dice come preferisci tu."

"Ok."

Sorride. La bacio. È bellissima. L'allontano un po' dal mio viso.

E sorrido anch'io. "Però adesso scopiamo!" Mi picchia ancora.

Ma è un attimo. Ci perdiamo tra fresche lenzuola che profumano

di mare. E facciamo l'amore, scopando.

Capitolo 63.

Abbiamo passato diversi giorni sull'isola. Ed è vero, non abbiamo

mai litigato. Anzi. Ci siamo anche divertiti. Non avrei mai

immaginato che fosse possibile così, con una lei poi... L'altra

sera

mi sono ritrovato disperso tra le onde del mare. Sembravano dolci

per come erano morbide e calde, in quell'acqua bassa, senza

corrente. O forse è stato tutto per la bellezza e la semplicità di

quel

bacio che ci siamo dati. Così, in silenzio, guardandoci negli

occhi,

abbracciati sotto la luna, senza andare oltre. Abbiamo riso,

abbiamo

chiacchierato, siamo rimasti abbracciati. La cosa bella di

un'isola come questa è che non hai appuntamenti. Tutto quello

che fai, lo fai solo perché ti va, non perché lo devi fare.

Mangiamo

ogni sera in un piccolo ristorante. È tutto in legno, ed è proprio

sul mare, roba che se fai tre scalini, sei già in acqua. Leggiamo

il menù senza capire bene cosa c'è scritto veramente. Alla fine

chiediamo sempre spiegazioni. Quelli che ci lavorano sono tutti

molto gentili e sorridono. E dopo aver ascoltato le loro

spiegazioni

più o meno comprensibili, fatte di gesti e di risate, ci

accordiamo

ogni volta su un piatto diverso. Forse perché vogliamo provarli

un po' tutti, perché speriamo che almeno uno prima o poi ci

piaccia. Ma soprattutto perché stiamo bene.

"E mi raccomando senza sughi strani, senza niente sopra.

Nothing, nothing..."

I tipi sentendoci parlare così, fanno cenno di sì con la testa.

Sempre. Anche quando diciamo delle cose assurde. Alla fine non

sappiamo mai cosa ci porteranno veramente. A volte ci dice bene,

a volte male. Cerco di consigliare Gin.

"Comunque sei vai sul 'pescado' arrosto vai sempre sul sicuro."

Ride.

"Madonna, ma sei già vecchio. Il bello è proprio provare tutto."

Mi guardo in giro. Non c'è quasi nessuno su quest'isola. A un

tavolino lontano da noi mangia un'altra coppia. Sono più grandi

e più silenziosi di noi. È normale che crescendo si abbiano meno

cose da dire? Non lo so e non lo voglio sapere. Non ho fretta. Lo

scoprirò quando sarà il momento. Gin invece parla un sacco, del

più e del meno, di cose divertenti e interessanti. Mi rende

partecipe

di pezzi della sua vita che io non avrei mai potuto conoscere,

neanche immaginare, se non attraverso lei. E io l'ascolto,

guardandola

negli occhi, senza mai perderci di vista. E poi ha sempre

mille proposte.

"Senti, ho avuto una bellissima idea. Domani andiamo su un'isola

qui davanti, anzi no, prendiamo una barca e usciamo a pescare,

no, no, meglio, facciamo un po' di trekking all'interno... Eh, che

ne dici?"

Io sorrido. Non glielo dico che l'isola ha un diametro di appena

un chilometro.

"Certo, bellissima idea."

"Ma quale è bellissima? Te ne ho proposte tre!"

"Tutte e tre bellissime."

"A volte mi sembra proprio che mi prendi in giro."

"Perché dici così? Sei bellissima."

"Vedi, mi prendi in giro."

Mi alzo, mi siedo vicino a lei e le do un bacio. Lungo.

Lunghissimo.

Con gli occhi chiusi. Un bacio totalmente libero. E il vento

cerca di passare tra le nostre labbra, il nostro sorriso, le

nostre

guance, tra i capelli... Niente, non ce la fa, non passa. Nulla ci

divide.

Sento solo delle piccole onde che si rompono sotto di noi, il

respiro del mare, che fa eco ai nostri che sanno di sale... E di

lei. E

per un attimo ho paura. Che io abbia voglia di perdermi di nuovo?

E poi? Cosa succederà? Boh. Mi lascio andare. Mi perdo in quel

bacio. E abbandono quel pensiero. Perché è una paura che mi piace,

sana. Gin all'improvviso si stacca da me, si allontana e mi fissa.

"Ehi, ma perché mi guardi così? A che pensi?"

Le prendo i capelli portati in avanti dal vento. Li raccolgo

dolcemente

nella mia mano. Poi glieli porto indietro, liberando il suo

viso, ancora più bello.

"Ho voglia di fare l'amore con te."

Gin si alza. Prende la giacca. Per un attimo sembra arrabbiata.

Poi si gira e mi fa un bellissimo sorriso.

"Mi è passata la fame. Andiamo?"

Mi alzo, lascio dei soldi sul tavolo e la raggiungo. Cominciamo

a camminare sul bagnasciuga. L'abbraccio. La notte. La luna. Un

vento ancora più leggero. Barche lontane al largo. Vele bianche

sbattono. Sembrano fazzoletti lì a salutarci. Ma no, non partiamo.

Non ancora. Piccole onde del mare ci accarezzano le caviglie,

senza

fare troppo rumore. Sono calde, lente, silenziose. Hanno rispetto.

Sembrano un preludio di un bacio che vuole spingersi più in là.

Hanno paura quasi di farsi sentire. Un cameriere arriva con dei

piatti al nostro tavolo. Ma non ci trova più. Poi ci vede. Ormai

lontani.

Ci chiama. "Domani, mangiamo domani." Il tipo scuote la testa

e sorride. Sì, quest'isola è bellissima. Qui tutti hanno rispetto

dell'amore.

Capitolo 64.

Quando ero piccolo e tornavo dalle vacanze, Roma mi sembrava

sempre diversa. Più pulita, più ordinata, con meno macchine,

con un senso di marcia improvvisamente cambiato, con un

semaforo in più. Questa volta mi sembra identica a quando

l'abbiamo

lasciata. È Gin che mi sembra diversa. La guardo senza che

se ne accorga. Aspetta ordinata in fila il nostro turno per

prendere

il taxi. Muove ogni tanto i capelli, ravvivandoli, li allontana

dal viso e loro, ancora insaporiti di mare, ubbidiscono. No, non

diversa. Semplicemente più donna. Tiene la sua sacca tra le gambe

e uno zaino non troppo pesante sulla spalla destra. Austera e

dritta ma morbida nei tratti. Si gira, mi guarda e sorride. È

mamma?

Oddio, che aspetti sul serio un bambino? Sono stato un pazzo.

Mi guarda curiosa cercando forse di indovinare i miei pensieri.

Io la guardo invece cercando di indovinare della sua pancia.

Sono già in due? Mi ricordo di uno sceneggiato che ho visto da

piccolo. La storia di Ligabue. Ma non il cantante. Il pittore.

Guardando

una sua modella, dipingendola su una tela, Ligabue, dalla

diversa luce dei suoi occhi, dai morbidi tratti del suo corpo,

capisce

che è incinta. Ma io non sono un pittore. Anche se forse sono

stato più pazzo di Ligabue.

"Si può sapere a che pensi?"

"Ti sembrerà assurdo ma a Ligabue."

"Oh, ma dai, non sai quanto mi piace sia come cantante che

come uomo."

Canticchia allegra perfettamente intonata. Sa tutte le parole di

Certe notti, ma non ha indovinato uno dei miei pensieri. Per

fortuna.

Almeno questa volta. "Ehi! La sai una cosa? Ligabue mi piace

anche come regista... L'hai visto tu Radiofreccia?"