suo

scherzo preferito, lo fa da quando ci conosciamo. Ma io non dico

nulla. Ele finge di asciugarsi il naso con la mano mentre le

altre,

schifate, continuano a fissarla.

"Grazie, sei proprio un'amica..."

E così dicendo, mi lancia la felpa, sorride e scappa via. Un po'

più tardi. Ho fatto pure la doccia. È un mito questo teatro. Tutte

le comodità respirando quello che è stato il debutto della Carrà,

di

Corrado, di Pippo Baudo, di Celentano e di chissà quanti altri.

Esco

con la sacca sulle spalle e mi guardo in giro. Niente, non lo

vedo.

"Signori'... Le sue amiche sono già andate via..."

La guardia giurata mi sembra sinceramente dispiaciuta. Ingenuo.

Come se io cercassi sul serio loro.

"Vuole che le do un passaggio, fra poco stacco che tanto arriva

il mio collega." E ride mostrando dei denti gialli, storti

lottatori

di qualche sigaretta a basso prezzo. Poi si perde giustamente

inciampando

in una risata cafona.

"Per me sarebbe un piacere..."

Non più ingenuo, anzi anche un po' viscido.

"No, grazie. Molto gentile."

E come mamma mi ha insegnato, mi allontano senza dare troppa

confidenza.

Capitolo 53.

Ho trovato la mia Cenerentola. Step, che cazzo pensi? Ti sei

bevuto il cervello... la tua Cenerentola. Mamma, sei a pezzi. Va

be', mi piace. È forte, è simpatica, è divertente, è bella! È in

ritardo...

Sono sotto casa sua, le ho fatto lo squillo con il telefonino

e me ne ha fatto uno di risposta. Quindi ha capito che sono qui

sotto. Basta! Ora le citofono, che poi che me ne frega a me che i

suoi non devono sapere nulla della sua vita privata! Gianluca il

fratello ci ha già visto che ci baciavamo. Due volte. Capirai. E

se i

suoi ci vedono che usciamo... Che problema c'è? Ci avessero

beccato

che scopiamo, capirei! Be', lì il problema ci sarebbe. Basta,

io citofono.

Mi avvicino al portone, cerco sul citofono Biro, il suo cognome.

"Fermo che fai?"

"Come che faccio? Citofono a una ritardataria."

"E invece sono puntualissima! Mi hai fatto lo squillo e sono

scesa. Solo che pensavo che ripassavi con la Audi 4 e invece tu

sei

in moto e io in gonna."

"Al massimo saranno felici quelli delle altre macchine... Ma ce

le hai le mutandine sotto?"

"Cretino! " Mi dà un pugno sempre sulla stessa spalla. Ormai

avrò il livido.

"Mi dispiace, ma ho discusso a lungo con il ladro, ho trattato il

prezzo e poi l'ho riconsegnata a mio fratello che è stato

felicissimo."

"Poveraccio."

"Ma come poveraccio. A parte che economicamente sta benissimo

e poi scusa voleva spendere fino a 4300 euro per la sua macchina,

sì insomma, l'ho fatto risparmiare."

"Cioè?"

"Poco più della metà."

"Quindi, secondo te, gli è andata pure bene?"

"Moltissimo, sali va'."

"Be', ha fatto proprio un affare ad avere un fratello come te."

"Lo puoi dire forte."

Gin alza la voce. "Ha fatto un affarone con un fratello come te! "

"Ma dicevo per dire, ti ho sentito."

Mi dà un bacio sulle labbra e monta dietro incastrandosi per

bene la gonna sotto le gambe.

"Tu a spirito niente, eh? Era per scherzare."

Le passo il casco. "Ah senti, mi è venuta un'idea... Ma tuo

fratello

come è messo a soldi?"

"Caschi male. E comunque chi tocca la mia famiglia è fuori,

out, compreso? Anzi solo il fatto che l'hai potuto pensare cambia

già le cose."

Gin scende dalla moto e mi si para davanti.

"Anzi, cambiamo subito!"

"Cioè? Mi dai meglio il bacio di prima che era un po' sfuggente

e per niente lungo?"

"Macché! Cambio programma, smonta dai!"

"No, non mi dire che facciamo di nuovo a botte. Per quello

vediamoci

in palestra."

"Ma che hai capito. Per stavolta la passi liscia. Cambio

programma.

Vuol dire smonta dalla moto che guido io."

"Cosa?" Penso dentro di me, lei, Gin, vuole guidare la moto. La

mia moto. Guidare la mia moto. E chi poi? Una donna. Sì d'accordo,


è Gin. Ma è sempre la mia moto e lei, anche se è Gin, è sempre

una donna. Poi mi rendo conto dell'assurdo. Non credo alle mie

orecchie. "Sì d'accordo, mi diverte vedere come te la cavi."

Ma questo invece sono io. Step! Ma che, ti sei impazzito? Niente.

Non ragiono più, non ci credo. Porca troia. Sono fuori. Scorro

sul sellino tenendo alte le gambe. Mi faccio scivolare la moto

sotto

e finisco sul posto di dietro, lasciando spazio a Gin che monta

davanti.

E io, colmo dei colmi, l'aiuto! Ah... Sono proprio impazzito.

"Allora, sai come si guida?"

"Certo! Per chi mi hai preso? Guarda che ne ho fatte di cose

anche se non ti conoscevo."

"Sì certo..." Mi viene da sorridere ma mi trattengo. Penso alla

panchina, al buio dell'altra notte, alla "nostra storia"... Vorrei

dirle

"Sì infatti, come l'altra sera" ma non lo faccio. Sarebbe una

battutaccia.

Puf. "Ahia!" Mi ha dato una gomitata in piena pancia.

"Lo so a cosa hai pensato."

"Cosa?"

"Hai pensato 'Sì come l'altra sera' ne hai fatte di cose... Si è

visto,

eh? Come no!? Non eri mai stata con nessuno e se non c'ero

io...' Vero? Di' la verità, hai pensato questo."

Oh, non c'è niente da fare, le becca tutte. Mento spudoratamente.


"Ma guarda che tu stai proprio male. Hai la coda di paglia.

Assolutamente

no, non ci pensavo proprio! Ora tu stai in fissa che io

penso sempre a quello. Ma ti sbagli! "

"Sì... e a cosa pensavi allora che ti vedevo sorridere dallo

specchietto?"


"Ma niente... Alla benzina... che ti faccio guidare la moto."

"Sì va be'... ci credo. Andiamo va', che è meglio! Come si accende

'sto coso?"

"'Sto coso è una 750 Custom dell'Honda con la ruota lenticolare...

Tocca i duecento come niente e si accende così." Mi spingo

in avanti, prendo il manubrio e tengo Gin tra le braccia, come se

la stessi abbracciando da dietro. Poi con il pollice destro

accendo

la moto. Do un po' di gas e faccio un respiro lungo tra i suoi

capelli.

Morbidi e profumati, leggeri, quasi mi accarezzano. Chiudo

gli occhi. Mi perdo.

"Ehi!" Li riapro.

"Sì? Che c'è?"

"Se stai così, non riesco a guidare." Sorride.

"Ah, certo." Levo le braccia e mi sposto indietro. Gin si infila

il casco e se lo chiude. La seguo facendo la stessa cosa.

"Allora Step, sei pronto?"

"Sì. Sai come si mette la mare..." Non faccio in tempo a finire

la frase che Gin ha già messo la marcia, è scattata in avanti

dando

gas. Quasi cado dalla moto per il contraccolpo all'indietro. Mi ha

preso alla sprovvista. Non capiterà più. Spero. La stringo forte,

mi

abbraccio al suo giubbotto e le passo le braccia intorno alla

vita.

Ehi però. Non guida male. Incredibile. Cambia le marce tranquilla,

giocando di frizione. L'ha già portata sul serio la moto. E pure

spesso. Rosso, frena al semaforo con la marcia troppo alta. Come

non detto. La moto si spegne di botto e quasi inchioda. Cadiamo

a destra se non fosse che tiro giù veloce la gamba. Reggo tutti e

due.

Compresa la moto. La mia moto...

"Ehi, come va? Sicura che vuoi portarla tu?"

"Non ho visto che era rosso. Non capiterà più." Scala la marcia

in su per riportarla in folle.

"Sicura che..."

"Te l'ho già detto, non capiterà più. Hai deciso dove andiamo? "

"Alla Warner. Ci sono un sacco di sale e fanno..." Non mi lascia

finire.

"Ok, bellissimo. Così posso tirare lungo il raccordo." E parte

velocissima in prima, fregandomi di nuovo.

Warner Village. Quattordici e più sale, film diversi che partono

a orari diversi. Due ristoranti, un pub e tanta gente.

"Ehi Gin, non credevo ce l'avremmo fatta."

"Che cosa? Nel senso se finivamo benzina o se trovavamo la

Warner? "

"Diciamo che la mia preoccupazione era proprio alla base... se

restavamo vivi!"

"Ah ah! Ma non sei soddisfatto di come ti ho portato fino a

qui? E con la tua moto poi? Non ti ho dato emozione e

tranquillità?

Acceleravo, prendevo una curva troppo stretta... Quando superavo

tra due macchine e ti sentivo stringere il mio giubbotto levavo

gas, frenavo un pochino e ti sentivo abbandonare la presa. Era

bellissimo per me guidare così. Tu e le tue emozioni. Era come se

io ti sentissi appeso al filo del mio gas."

Rimango in silenzio mentre andiamo verso la cassa per fare i

biglietti.

"Ehi Step, ma l'hai capita?"

"Che cosa?"

"La storia del filo del gas."

"Be', non è che ci vuole poi tutta questa applicazione."

"Che ne so? Mi rimani perplesso, lì, in silenzio. Come se avessi

perso il controllo della situazione. Animo, animo! Fai i biglietti