bocca ancora piena di neve, tu negata, tu divertita, tu alla prima
caduta,
alla tua scivolata... Su quella neve, soffice e pulita, così come
mi sento io in questo momento. Finalmente. È dentro di me, lo
sento,
nella mia pancia, aiuto, mi aiuto... Ma che bello. E sorrido,
allontano
il dolore, ritorno a sentire, a provare, e assaggio il piacere,
un piccolo morso... Sto bene, mi piace, lo voglio. Come le sue
lettere,
a pelle, da oggi, incise per sempre dentro di me.
"Step, ho voglia di te."
"Cosa hai detto?"
"Non mi prendere in giro."
"No, ti giuro non ho capito."
Step continua a muoversi sopra di me. Dentro di me. E gli guardo
gli occhi e mi perdo rapita, dal suo sguardo, da quegli occhi che
contengono amore o forse no, ma non me lo chiedo, adesso no...
E mi parla e non si capisce, e sospira nelle mie orecchie, e il
vento,
e il piacere, che ruba, che porta le sue parole, e sorride, e
ride, e
continua a muoversi, e mi piace, e mi piace un sacco, e non
capisco,
e mi bacio le mani, e sono affamata, e glielo ripeto... "Step, ho
voglia di te..."
Più tardi, non so quanto più tardi, Gin mi abbraccia seduta sulle
mie gambe mentre cerco di levarmi la nostra sicurezza. Me lo
sfilo.
Una traccia di leggero inchiostro rosso tra le mie dita. Firma
indelebile.
Mia... Per sempre mia. Per sempre mia. Non ci posso credere.
"Ma..."
"Era quello che ti stavo per dire..."
"Cioè, tu non avevi mai...?"
"No, non avevo mai... ! "
"Perché non lo dici?"
"Sì, non avevo mai fatto l'amore, e allora che problema c'è? C'è
sempre una prima volta per tutto, no? Be', questa era la mia prima
volta. "
Rimango senza parole, non so che dire. Forse perché non c'è
nulla da dire.
Gin che si riveste. Mia... Mi guarda e sorride alzando le spalle.
"Hai visto che strano? Fra tanti è toccato proprio a te. Non te
ne farai una colpa, vero? E neanche un vanto spero."
Si infila la maglietta e il giubbotto senza rimettersi il
reggiseno.
Ancora non riesco a dire nulla. Si infila il reggiseno in una
delle tasche
del giubbotto.
"E poi che ne so... Sarà stata la serata... da domani però non ti
fare strane idee, devo recuperare il tempo perduto. Anche perché
statisticamente sono indietro di quattro anni. La maggior parte
delle
ragazze l'ha già fatto a quindici. "
Ormai completamente rivestita è già sulla scala sotto il lampione
mentre io finisco di chiudermi il giubbotto. Poi si mette a
ridere.
Sicura, serena, perfettamente a suo agio.
"Ma è anche vero che oggi c'è un po' il ritorno a certi valori del
passato. Insomma diciamo che io mi colloco tranquillamente nel
mezzo."
Poco dopo le sono vicino e cominciamo a camminare. Questa
volta finalmente in silenzio, anche perché io non sono riuscito a
dire
più nulla. Poi, a un certo punto, mi passa il braccio dietro la
schiena. Io l'abbraccio stringendola a me. Continuiamo così,
mentre
la respiro. Lei, Gin, ancora profumata del suo primo amore.
Mia. Mia. Mia.
"Sai Step, stavo pensando una cosa..."
Eccola lì, lo sapevo. Era troppo bello! Le donne e le loro
riflessioni.
Finiscono per rovinare anche i momenti più belli, gli unici
che meritano di essere vissuti in silenzio. Fingo di non essere
preoccupato.
"Cosa?"
Poggia la sua testa sulla mia spalla.
"Mi è venuto un pensiero strano, cioè in realtà è una curiosità...
Ma ci pensi? Chissà se dai tempi dell'antica Roma a oggi in quel
posto l'aveva già fatto qualcuno."
"Nessuno."
"Ma come fai a esserne così sicuro!"
"Non c'è niente da fare, certe cose le senti, le senti e basta."
Si ferma. Mi guarda. Ha degli occhi così intensi. E sorride in
un modo...
"Ne sono sicuro... nessuno. Fidati."
Allora poggia di nuovo la sua testa sulla mia spalla. L'ho
convinta
sul serio. Forse per come l'ho detto. Cavoli, mi piacerebbe
sul serio sapere se c'è mai stato qualcuno in quel posto. Ma non
c'è
modo. Eppure non so com'è ma sul serio ne sono convinto anch'io.
Gin riprende a parlare.
"Allora abbiamo scritto un pezzo di storia... la nostra." Mi
sorride
e mi dà un bacio sulle labbra. Morbida. Calda. Amorevole. La
nostra storia... Altro che 20 euro. Mi sa che alla fine mi ha
fregato
sul serio.
Capitolo 49.
"Fermati qui, frena." Non ci penso due volte e lo faccio. Di
botto, al volo, così come è lei. Meno male che non arrivava
nessuno
da dietro. Mio fratello... E chi lo sentiva poi. Va be' che se la
poteva
prendere sempre con il ladro. Gin scende veloce dalla macchina.
"Vieni."
"Ma dove?"
"E seguimi, quante domande che fai."
Siamo di fronte a Ponte Milvio, in una piccola piazza sul
Lungotevere
da dove parte via Flaminia che arriva fino a piazza del Popolo.
Gin corre sul ponte e si ferma a metà, davanti al terzo lampione.
"Ecco, è questo qui."
"Ma che cosa?
"Il terzo lampione. C'è una leggenda su questo ponte, Ponte
Milvio o Mollo come lo chiamava il Belli..."
"Ma che, ora mi fai la colta?"
"Sono colta! Su pochissime cose, ma lo sono. Come questa per
esempio, la vuoi ascoltare o no?"
"Prima voglio un bacio."
"E dai ascolta... È una storia bellissima."
Gin si gira e sbuffa. L'abbraccio da dietro. Ci appoggiamo al
parapetto. Guardiamo lontano. Poco più in là un altro ponte.
Quello
di corso Francia. Mi perdo con lo sguardo. E nessun ricordo
disturba
questo momento. Perfino i fantasmi del passato sanno avere
rispetto di alcuni momenti? Sembra di sì. Gin si lascia baciare.
Sotto di noi il Tevere, buio e scuro, scorre silenzioso. La luce
fioca
del lampione ci illumina leggera. Si sente lo scrosciare lento del
fiume
lungo gli argini. Il suo corso si spezza all'improvviso intorno
alle
colonne del ponte. L'acqua gorgheggia, si innalza, ribolle,
borbotta.
Poi, subito dopo, si unisce di nuovo e continua in silenzio la
sua corsa verso il mare.
"Allora, mi racconti?"
"Questo è il terzo lampione di fronte all'altro ponte... La vedi
questa qui intorno?"
"Sì... Mi sa che qualcuno si è sbagliato a legare il motorino..."
"Macché, scemo. Si chiama 'la catena degli innamorati'. Si mette
un lucchetto intorno a questa catena, lo si chiude e si butta la
chiave nel Tevere."
"E poi?"
"Non ci si lascia più."
"Ma come nascono queste storie?"
"Non lo so, questa esiste da sempre, la racconta perfino
Trilussa."
"Te ne approfitti perché non lo so."
"È vera... È che tu hai paura di mettere un lucchetto."
"Io non ho paura."
"Quello è il libro di Ammaniti."
"O il film di Salvatores, dipende dai punti di vista."
"Comunque tu hai paura."
"Ti ho detto di no."
"E certo, te ne approfitti perché non abbiamo un lucchetto."
"Stai qua e non ti muovere."
Torno dopo un minuto. Con un lucchetto in mano.
"E questo dove lo hai trovato?"
"Mio fratello. Si porta il lucchetto con tanto di catena per
bloccare
il volante. "
"Già, non può mica immaginare che è suo fratello poi che gliela
frega."
"Guarda che sei responsabile quanto me. E fra l'altro mi devi
ancora 20 euro."
"Che rabbino."
"Che ladra!"
"Ma di che? Oh, ma che vuoi, pure i soldi del lucchetto? Facciamo
tutto un conto finale..."
"Troppi me ne dovrai allora."
"Va be', stop, finiamola qui. Allora te la senti o no?"
"Certo che sì."
Metto il lucchetto alla catena, lo chiudo e sfilo la chiave. La
tengo
un po' tra le dita mentre fisso Gin. Lei mi guarda. Mi sfida, mi
sorride, alza un sopracciglio. "Allora?"
Prendo la chiave tra l'indice e il pollice. La faccio penzolare
ancora
un po', sospesa nel vuoto, indecisa. Poi all'improvviso la lascio.
E lei vola giù, a capofitto, rotea nell'aria e si perde tra le
acque
del Tevere.
"L'hai fatto veramente..."
Gin mi guarda con aria strana, sognante, anche un po' emozionata.
"Te l'ho detto. Non ho paura."
Mi salta addosso, a cavalcioni, mi abbraccia, mi bacia, urla di
gioia, è folle, è pazza, è... È bella.
"Ehi, sei troppo felice. Ma non è che funziona sul serio questa
leggenda?"
"Scemo!"
E corre via, gridando sul ponte. Incontra dei signori che
camminano
in gruppo. Tira il cappotto del più serio, lo fa girare su se
stesso, lo costringe quasi a ballare con lei. E scappa via di
nuovo.
Mentre gli altri ridono. Spingono scherzosamente il signore che si
è arrabbiato e vorrebbe sgridarla. Passo vicino al gruppo e
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