"C'è qualcosa lì!"

Spaventata, determinata, forse un po' seccata. Guardo meglio

nell'ombra ancora intontito dalla leggera sbronza d'amore.

"Non è niente. È un barbone..."

"E dici niente? Ma tu sei pazzo."

Si tira su decisa. E io che non ho sentito niente, e soprattutto

non ho voglia di litigare, la prendo per mano. L'aiuto. Scappiamo

così, lasciando quella mezza colonna antica e quella figura più o

meno presente, dimenticati nell'ombra. Come in un labirinto

procediamo

tra il verde nascosto e le luci più o meno soffuse dei Fori

romani. Sotto di noi, in lontananza, antiche colonne e travi e

monumenti.

Un viottolo si inerpica su dalla piazza del Campidoglio.

Terrazze sbalzate con piccoli parapetti, della ghiaia per terra,

del

verde curato, dei cespugli selvaggi. Tutt'intorno più sotto,

un'altezza.

"Tarpea."

Così, sospesi nel vuoto di quelle rovine, sotto un muretto, in

un cono d'ombra perfettamente protetta, una panchina nascosta.

Gin ora più tranquilla si guarda in giro.

"Qui non ci può vedere nessuno."

"Mi vedi tu."

"Ma se vuoi chiudo gli occhi."

Non dice no, non dice sì. Non dice. Ma respira vicino al mio

orecchio mentre si lascia spogliare. Via il giubbotto, via la

maglietta,

scomposti cadono dalla panchina, in un'ombra ancora più

scura. Via le scarpe, via i pantaloni. Ognuno toglie qualcosa

all'altro.

Poi ci fermiamo. È davanti a me, si copre il seno abbracciandosi

da sola con le mani incrociate sulle spalle, orlata tra i capelli

dalla luce della luna, coperta più giù solo dalle sue mutandine.

Non ci posso credere. Lei, Gin. Quella Gin che mi voleva

fregare 20 euro.

"Ehi, che fai, mi guardi?"

"Non mi hai detto di no. E poi ti sbagli, ho gli occhi chiusi."

Da qualche parte, da un locale o da una finestra lasciata aperta,

note di uno stereo in lontananza. "Won't you stop me, stop me,

stop me..." No. Non vuoi, Gin. Lo sanno anche i Planet Funk.

"Come sei bugiardo."

E allarga le braccia lasciandosi guardare, sorridendo. Poi mi si

avvicina, ha le gambe semiaperte. Rimane così a fissarmi.

"Senti..."

"Shh... non diciamo nulla."

La bacio e piano piano le sfilo le mutandine.

"No, ho voglia di parlare. Primo hai... sì, insomma... quello che

serve?"

"Ce l'ho..." rido. "Ce l'ho."

"Ecco, lo sapevo, lo porti in tasca o nel portafoglio? O l'hai

comprato prima di venirmi a prendere? Perché magari tu eri già

sicuro

che andava così! Be', se vuoi non lo mettiamo..."

"Di' la verità, vorresti avere subito un bel bambino, bello come

me, intelligente come me, forte come me?"

"Ma scusa di me non ha niente?"

"Va bene... E con qualche difetto come te."

"Quanto sei scemo. No, a parte gli scherzi ce l'hai o no... il

coso!?"

"Calma, calma, veramente prima non ce l'avevo..."

"Sì, e ora invece ce l'hai, e chi te l'ha dato? Il barbone?"

"No, il Ballerino, il mio amico del Follia. Si è avvicinato e me

l'ha infilato in tasca e mi ha detto..."

"Che ti ha detto?"

"In bocca al lupo... E veramente carina, ma non credo ce la farai.

"

"Quanto sei bugiardo..."

"Ma è vero! Be', non ha usato proprio queste parole, ma il

significato

voleva essere un po' questo, più o meno."

"E poi un'altra cosa..."

"No, ora basta parlare..."

La tiro a me. Le bacio il collo, lancia i capelli indietro e io

piccolo

vampiro continuo a succhiarla assaporando lei, il suo profumo,

il suo respiro. La mia mano sembra andare da sola, sui suoi

fianchi, sulla sua vita, tra le sue gambe, nella vita che sarà. La

sento

sospirare piano, poi leggermente più veloce, mentre si agita tra

le mie braccia quasi ballando, dolcemente, su e giù, senza

pensieri,

senza falsi pudori, sorridendo, aprendo gli occhi, guardandomi,

con una tranquillità e una serenità che mi mettono in imbarazzo.

E come se non bastasse mentre muovo la mano per prendere la nostra

sicurezza...

"Lascia, voglio farlo io."

"Ma guarda che sono io che devo indossarlo."

"Lo so... cretino. Vuoi sapere quanti ne ho infilati? Aspetta,

fammi pensare..."

"Non lo voglio sapere."

"Questo è il sedicesimo che infilo."

"Ah... Meno male."

"Perché?"

"Be', se era il diciassettesimo mi preoccupavo, porta sfiga! "

Non mi dà soddisfazione però mi fa divertire. Lo sbuccia come

se fosse una caramella, prova con le unghie ma non ci riesce, se

lo porta in bocca e questa volta lo fa con malizia.

"Stai tranquillo... non lo mangio."

Uno strappo deciso ed è lì tra le sue mani. Lo gira e lo rigira

sorridendo.

"È buffo..." È tutto ciò che dice. Poi muove la testa verso di

me.

"E allora?"

Nudo allargo le gambe e lì mi accarezza piano piano, su e giù...

poi me lo infila tranquilla.

"Sono brava?"

"Troppo!"

Ma non dico altro. Ora astronauta perfetto di questo viaggio

tra congiunzioni astrali sotto un cielo stellato, sopra una donna

incantata,

tra rovine del passato, nel piacere del presente.

Galassia. Interspazio. Natura. Profumi. Niente di selvaggio...

Un po' di resistenza, forse troppa... È strano. Vado avanti mentre

lei chiude gli occhi.

"È fredda la panchina."

Ma si lascia andare stendendo del tutto la schiena. Alza un po'

le gambe aiutandomi.

"Ahi..."

"Ti faccio male?"

"No, non ti preoccupare..."

Non ti preoccupare... Non ci posso credere, non ci posso credere,

io, Gin, lo sto facendo... Rimango in silenzio, sospesa, quasi

ascoltando la mia vita che scorre su di me, sotto di me, dentro

di me. In questo momento decisivo, così importante per la mia

vita,

unico, per sempre. Non lo potrò più cancellare. La mia prima

volta. Ed ho scelto te. Ed ho scelto te. Sembra quasi quella

canzone...

Ma non lo è. È realtà. Sono qui, io, in questo momento. E

Step. Lo vedo, lo sento. È sopra di me. Lo abbraccio, lo stringo,

lo stringo forte, più forte. Ho paura, come tutte le volte che si

fa

qualcosa che non si conosce. Ma è una paura normale, più che

normale... O no? Porca trota Gin, non ti far prendere adesso da

tutte le tue fisse, dai film che ti fai, da tutto insomma... Porca

miseria,

Gin, ma che mi combini? Gin la saggia e Gin la ribelle... Dove

siete? Niente, sono andate a farsi fottere... Ma come? Pure loro!

Che battuta... la odio, oddio, no, era per sfatare... Ho paura,

aiuto. Chiudo gli occhi, respiro, sospiro, comunque mi piace. Sono

appoggiata al suo collo, alla sua spalla, non più tesa, non più

preoccupata... In silenzio, così, portata, abbandonata,

naufragata...

E mi piace. Lo sento. Sento le sue mani, sento che mi tocca

tutta, che mi sfila via anche l'ultima cosa di dosso, dolcemente,

sì,

quasi non me ne accorgo... E ora che fa? No, aiuto... Si sta

infilando.

Oddio, che parola, non ci voglio pensare. Non voglio essere

qui a ragionare, a vedermi da fuori, a controllarmi, a sdoppiarmi,

ad avere questa mente che continua a parlare, a dirne... Oh,

ma che vuoi... E basta, e mollami... No! Voglio lasciarmi andare.

Nella culla del suo amore, in questo mare, nel desiderio,

lentamente

lasciarmi portare, dalle sue correnti. Persa. Sì, senza più

pensieri. Perdermi così tra le sue braccia... Ora. Ecco.

La sento ancora tesa, no, ecco, si sta lasciando andare... Un

ultimo

movimento seguendo a tempo una musica che non c'è, ma ancora

più bella forse per questo. Cuori e sospiri...

Un improvviso silenzio. Oddio penso, Gin stai per farlo... Sento

il profumo del suo respiro, del suo desiderio. E cerco la bocca

di Step, il suo sorriso, le sue labbra. Le trovo, e quasi mi ci

tuffo,

per nascondermi, per trovarmi, in un bacio più lungo, più

profondo,

più avvolgente, più... Più tutto.

Un gemito più forte e ora è mia. È strano pensarlo. È mia, mia.

Mia adesso, mia ora... Mia in questo momento, solo mia. Mi viene

da pensarlo. Mia. Mia per sempre... Forse. Ma ora, certo. Ora è

amore... Dentro di lei. E ancora e di nuovo e ancora, senza

fermarmi...

Ora sorride, dolcemente, senza strappi al motore.

E proprio in quel momento lo sento, è lui, è dentro di me... E un

attimo. Un salto, un tuffo al contrario... Un dolore acuto, un

buco

all'orecchio, un piccolo tatuaggio, un dente caduto, un fiore

sbocciato,

un frutto strappato, un passaggio rimediato, una caduta sugli

sci... Sì, ecco, una caduta sugli sci, nella neve fresca, fredda,

bianca,

appena arrivata, direttamente dal cielo, e tu sei lì, con la

faccia in

avanti, che scivoli ancora, che ridi, che ti vergogni, che

spalanchi la