sfigato,
l'hai detto tu. Lui o te. Questione di attimi. E lui è partito
dopo.
L'hai preso alla sprovvista. In un incontro normale non so come
sarebbe
finita."
"Io non so come finisci tu se non la smetti. Monta in macchina,
va .
"E ora dove mi porti? Abbiamo preso anche il dolce, e pure a
sbafo. "
"Manca la ciliegina."
"Cioè?"
"Cioè tu."
Alzo la musica in maniera che Gin non possa rispondere, la
metto al massimo e ho culo. "Un'altra come te ma neanche se
l'invento
c'è... Mi sembra chiaro che..." Gin sorride scuotendo la testa.
Riesco a prenderle la mano e portarmela alla bocca. La bacio
dolcemente. E morbida, è fresca, è profumata. Vive di una vita
tutta
sua, malgrado tutto quello che ha toccato. E la bacio ancora. Solo
labbra. Tra le sue dita. Frugando, strusciando, slittando, senza
frenare, lasciandomi andare, cadendo. Le vedo chiudere gli occhi,
lasciare andare la testa all'indietro sullo schienale. Ora,
perfino i
capelli sono ormai abbandonati. Le giro la mano e le bacio il
palmo.
Mi stringe il viso dolcemente, mentre respiro tra le sue linee...
La vita, la fortuna, l'amore. Respiro piano piano senza far
rumore.
Lei d'improvviso apre gli occhi e mi guarda. Sembrano diversi,
come
cristallini, appena appannati da un velo leggero. Felicità? Non
so. Mi sbirciano nella penombra. Sembrano sorridere anche loro.
"Guarda la strada..."
Mi rimprovera. Io ubbidisco e poco dopo giro a destra, giù,
lungo il fiume, Lungotevere, tra le macchine, fra gli altri,
veloce,
con la musica e la sua mano nella mia, che si muove ogni tanto,
ballerina, invitata a chissà quale danza. Cosa starà pensando? E
se
ha indovinato, quale sarà la sua risposta? Sì, no... E come una
partita
di poker. E lei è lì davanti a me, la guardo un attimo. I suoi
occhi,
leggermente abbassati, mi sorridono da sotto, dolci e divertiti.
Non c'è che andare al piatto, perché tiri giù le carte. Sarà un
sì... sarà un no... è troppo presto? Non è mai troppo presto. Non
c'è tempo per queste cose e poi non è una partita a poker, non c'è
piatto. Ma... Magari sono servito? Che bello essere una
"davanzalina" come lei. Una piccola donna al davanzale, è lì che
mi guarda,
pensa, ragiona, si diverte. Ride di quel giovane uomo che cammina
sotto il suo terrazzo, che non sa che fare, se far finta di
niente,
semplicemente sorridere o chiedere l'aiuto di una treccia... Per
salire... Beata te che puoi aspettare le mie mosse.
"Mi gira un po'la testa."
Mi sorride mentre lo dice. È una piccola giustificazione se per
caso accadesse qualcosa? O è una grande giustificazione se già sa
che accade qualcosa. Oppure le gira semplicemente la testa e me
lo voleva dire. Semplicemente. Ma cosa c'è di semplice? Nulla che
valga... Chi l'aveva detta questa? Non mi ricordo. Mi sto
intortando,
giri complessi e complicati, ragionamenti estremi per vedere le
effettive possibilità. Che percentuali ho di riuscita? Basta,
cazzo...
Non mi piace ragionare su tutto questo.
"Gira anche a me."
È la mia semplice risposta. Semplicemente. Gin mi stringe un
po' più forte la mano e io, stupidamente, ci vedo un segno. O
forse
no. Che palle. Ho bevuto troppo.
Aventino.
Una curva e su per la salita. Questa macchina va che è una
meraviglia.
Mio fratello sarà felice che gliel'ho ritrovata. Mi viene da
ridere. Lei mi guarda, mi giro e me n'accorgo.
"Che c'è? A che pensi?"
Gin, dalle sopracciglia un po' abbassate, Gin dallo sguardo un
po' aggrottato, Gin preoccupata.
"Niente, questioni familiari."
Gianicolo. Orto botanico. Mi fermo al volo, tiro il freno a mano
e scendo.
"Ehi, ma dove vai?"
"Niente... non ti preoccupare, torno subito."
Chiude la portiera stendendosi dalla parte mia e si chiude dentro.
Gin serena. Gin sicura. Gin previdente. Mi guardo in giro.
Niente. Perfetto, non c'è nessuno. Uno, due e... tre. Scavalco il
cancello
e sono dentro. Cammino in silenzio. Profumi leggeri, profumi
più forti, un poco pungenti. Future colonie non ancora esistenti.
Distillati in boccetta, essenze costose. Ecco. Ecco la mia preda.
La
scelgo d'istinto, la prendo con cura, la stacco con forza ma senza
maltrattarla. Un desiderio che ho sempre avuto e ora... Ora sei
mia.
Uno, due, tre passi e sono di nuovo fuori. Mi guardo in giro.
Niente.
Perfetto, non c'è nessuno. Torno alla macchina. Gin mi vede
all'improvviso.
Si spaventa. Poi mi apre.
"Ma dove sei andato? Mi hai fatto paura."
Allora apro il giubbotto, scoprendola. Come uno spinnaker che
prende vento all'improvviso in mare aperto. E in un attimo tutto
il
suo profumo inonda la macchina. Un'orchidea selvaggia. Compare
così, tra le mie mani, con un semplice gesto, più di un
prestigiatore
che di un ladro imbranato.
"Per te. Da fiore a fiore, direttamente dall'Orto botanico."
Gin la annusa, si tuffa al centro dell'orchidea selvaggia per
respirarne
il profumo più intenso. Lei, giovane donna in apnea, appare
di nuovo tra quei grandi petali. Mi ricorda un cartone. Bambi,
ecco sì, Bambi. Quegli occhi grandi, lucidi, emozionati che
compaiono
dietro quei petali delicati di un fiore. Quegli occhi spaventati
e incerti su un futuro prossimo. Non uno qualunque, il suo.
Prima, seconda, terza, siamo di nuovo in viaggio. Piccole curve
e su per una salita. Schivo una transenna che ci obbligherebbe
a fermarci e posteggio poco più su. Campidoglio.
"Vieni!"
La faccio scendere dalla macchina e lei come rapita mi segue.
"Ma guarda che..."
"Shh! Parla a bassa voce, qui ci vivono."
"Sì, va bene. Ma volevo dirti... Guarda che di sera qui non
sposano.
E poi non ne abbiamo ancora parlato. Ma io voglio la favola,
te l'ho detto."
"Cioè?"
"Abito bianco, un po' scollato, fiori misti al grano e una bella
chiesa nel verde anzi no, in riva al mare."
Ride.
"Lo vedi che sei ancora indecisa?"
"Perché?"
"Nel verde o al mare?"
"Ah, pensavo che dicevi che ero indecisa se sposarti o meno."
"No, per quello sei decisissima. Faresti carte false."
La tiro a me e provo a baciarla.
"Presuntuoso e poco romantico."
"Perché poco romantico?"
"Non si fanno richieste indirette. Ah ah! " Finge di ridere e mi
scappa dalle braccia, come un pesce salta fuori dalla mia rete e
corre
via veloce, svoltando dietro l'angolo. Le sono dietro. È un
attimo.
Siamo nella piazza grande del Campidoglio. Luce più alta. Una
statua centrale con attaccato un cartello. Naturalmente stanno
facendo
dei lavori. Ci fermiamo vicini ma divisi. Sembra tutto bellissimo,
soprattutto lei. Fa capolino da dietro la statua.
"Allora che fai? Non ce la fai già più?"
Fingo di partire, e lei scappa dietro la statua. Corro dall'altra
parte e pum, la prendo al volo. Lei strilla.
"No... no dai!"
La sollevo e me la porto via. Tipo ratto delle Sabine o giù di lì.
Via dalla luce, via dal centro. Finiamo sotto il colonnato, nella
penombra.
Le faccio ritoccare terra e lei si sistema il giubbotto coprendosi
la pancia, morbida e compatta, appena scoperta. Le prendo
i capelli e le scopro il viso leggermente arrossato, per la corsa
appena fatta, per qualche imbarazzo segreto o chissà che. Il suo
petto va su e giù veloce, poi piano piano rallenta.
"Ti batte forte il cuore, eh?"
La mia mano sul suo fianco. Sotto il giubbotto, sotto la
maglietta,
leggera, quasi come un semplice brivido, sulla sua stessa
pelle. Lei chiude gli occhi e io piano piano salgo, sul bordo, sui
suoi
fianchi, su, dietro la schiena. Apro la mano e la tiro a me,
stringendola,
spingendola verso il mio corpo, baciandola. Alle nostre
spalle una colonna più bassa delle altre, dal diametro più largo.
Lì,
dolcemente, la spingo, lasciandola scendere giù, piano piano. E
lei
si lascia andare. I suoi capelli, la sua schiena persi su quella
base
così antica, corrosa dal tempo, dalle venature sbiadite, dal marmo
poroso ormai quasi stanco, e sì che ne avrà viste di cose... Si
tiene
stretta ai miei fianchi con le sue gambe, stringendomi in una
morsa
leggera, facendole dondolare a destra e sinistra. E io mi lascio
portare. Mentre le mie mani naufragano tranquille lungo la sua
cintura,
i pantaloni, i suoi bottoni. Senza fretta, senza... Senza liberare
niente. Senza troppa voglia. Per adesso. Poi all'improvviso Gin
si gira verso sinistra e apre gli occhi, sgranandoli.
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