La ragazza prova a dire qualcosa, ma non fa in tempo. Un'altra

spinta spezza al volo le sue parole e si ritrova sul cofano di una

macchina posteggiata. Il tipo sudato con i capelli unti le mette

la

mano sulla faccia.

"Allora? T'ho visto che guardavi quello biondo."

Gin non riesce a parlare, guarda incredula la vicenda.

Il toro scatenato chiude la mano trasformandola in un pugno pieno

di rabbia e di violenza, digrigna i denti, ha la faccia da pazzo.

"Te l'ho detto mille volte, porca troia!"

E senza pietà la colpisce in pieno petto.

La ragazza si piega in due e si porta le braccia al volto

coprendosi

impaurita. Gin non si trattiene ed esplode, sembra fuori di sé.

"Oh, ma basta... Falla finita."

Il tipo si gira verso di noi, stringe gli occhi e mette a fuoco

Gin

che lo guarda spavalda.

"E te, che cazzo vuoi?"

"Che la lasci perdere. Vigliacco schifoso! "

Fa un passo verso di lei, ma non gliene lascio il tempo, la tiro

per un braccio portandola dietro di me.

"Ehi, calma. Le dà fastidio la tua scena. È chiaro?"

"E'sticazzi!"

Rimango per un attimo in silenzio, provo a contare, non voglio

partire. La prima vera uscita con Gin... Non mi sembra proprio il

caso.

Il tipo: "Allora?". v

Allarga le gambe. È pronto a litigare. Che palle... I due

buttafuori

si mettono in mezzo.

"Calma, è tutto sotto controllo."

Sembrano preoccupati. Strano. Non mi conoscono. Forse conoscono

il tipo. È bello grosso, piazzato, tosto. Devono temere lui.

Ma è nervoso, rabbioso, cattivo. Non sembra lucido. La rabbia a

volte offusca e fa perdere la calma, la freddezza. La cosa più

importante.

Grosso è grosso comunque.

"Calma, Giorgio. Non t'ha detto niente di male. Stai litigando

con la tua ragazza qui davanti a tutti e può capitare che

qualcuno..."


Lo conoscono. Questo non va bene.

"Non è che può capitare, deve capitare! Sta massacrando quella

poveraccia."

Gin non riesce proprio a star zitta. E questo è ancora peggio.

Non solo. Continua.

"Bravo, ti credi figo? Pensa che invece sei solo un coglione."

I due buttafuori impallidiscono. Mi guardano con una faccia

come a dire "E mo', come cazzo la mettiamo?". Il toro sembra non

aver sentito. E attonito, privo di parole, scuote la testa

rintronato,

come se quelle parole fossero state un tir in pieno viso, un

mantello

rosso aperto all'improvviso in piena arena. La ragazza alle sue

spalle si massaggia il petto, piange e tira su con il naso. Sembra

non

riuscire a respirare bene, il suo petto fa su e giù con uno strano

asincronismo in quel grande silenzio che si è creato.

"Ehi, cazzo Step, che succede? Forza, vieni dentro. Eri sparito

eh? Raccontami..."

Mi giro, è il Ballerino. Lui sta da sempre qui al Follia, non si è

mai allontanato, lui.

"Ma da quanto sei tornato?"

"Be', sarà un mesetto..."

"E non ti sei neanche fatto sentire! Che stronzo! Dai, vieni

dentro

dai che c'è una festa, stiamo tagliando una torta buonissima, alla

mimosa. Dai. Te ne freghi un bel pezzo per te e la tua signora. È

bona, dolce e in più non paghi, no?"

"Ma che la mia signora?"

"No, la torta."

Ride e comincia a tossire. Che le mille sigarette spente e

assopite

giù nei suoi polmoni si siano divertite anche loro come pazze

a quella battuta così scema?

Faccio per girarmi ed entrare, seguito da Gin, dai due buttafuori.

Ma in realtà è come se guardassi ancora indietro. È come se

i miei occhi non lo perdessero mai di vista. Ho le orecchie tese,

i

sensi svegli, in guardia. Infatti. Non mi ero sbagliato. Tre passi

veloci

alle mie spalle, uno scalpiccio strano e d'istinto mi piego in

avanti girandomi su me stesso. Ecco che arriva come una furia. Il

toro scatenato batte via di spalla i due buttafuori e fa per

avventarsi

su di me, ma io mi porto di lato. Lo colpisco di striscio, di

sinistro

e il tipo finisce contro il muro. Poi urla e velocissimo si

rigira.

Ha la faccia segnata dalla polvere di muro giallo misto alle

escoriazioni

della strusciata. Un po' di sangue comincia a colargli dall'occhio

sinistro, da sopra il sopracciglio. Sta per ripartire. Ma questo

non se l'aspetta. Scatto in avanti colpendolo di destro,

velocissimo

anche perché è enorme, non potrei fare altro. Lo centro in

pieno viso, naso e bocca. Si porta le mani in faccia. Non perdo

tempo,

gli assesto un calcio nei coglioni meglio di tutti i lanci che io

abbia mai fatto in una partita di football. Bum. Si accascia come

se

niente fosse e d'istinto lo colpisco appena tocca terra. In

faccia. Un

calcio dritto, sordo, definitivo. Ma il tipo è duro. Potrebbe

riprendersi.

Allora faccio per caricare di nuovo...

"E basta Step, che cazzo te ne frega?" Il Ballerino mi tira per

la giacca. "Vieni a mangiarti la torta prima che se la finiscano."

Mi riaggiusto il giubbotto e faccio due respiri lunghi. Sì, è

meglio

basta. Ma che cazzo m'ha preso? Ma che me ne frega poi di

questo boro.

Eccola, la ritrovo dopo un attimo. È lì che mi guarda in silenzio.

Gin. Ha uno sguardo... Non so definirlo. Forse non sa che pensare.

Le sorrido cercando di rompere quel ghiaccio.

"Ti va un po' di torta?"

Annuisce senza rispondere. Le sorrido. Vorrei dimenticasse che

c'è gente così... Ma Gin crede ancora in tante cose. E capisco che

è difficile. Allora la scuoto, l'abbraccio, la spingo. "E dai..."

E finalmente sorride. Poi la faccio passare avanti. Le tengo la

mano, in maniera elegante, forse un po' stonata dopo tutto quello

che è successo, e l'aiuto a scavalcare il tipo rimasto a terra.

Capitolo 47.

Raffaella posteggia la macchina nel cortile del palazzo. Il loro

garage

è aperto. Claudio non è ancora tornato. Guarda l'orologio. È

mezzanotte. Vuol dire che la partita di biliardo è andata per le

lunghe...

be', se questo porta lavoro, allora è un bene. Chiude la macchina

e guarda in alto. La luce della stanza di Babi è ancora accesa.

Raffaella va verso il portone. Non sa com'è, ma in questo periodo

non riesce mai a essere del tutto serena. Forse ha troppi

pensieri. Alfredo

è ancora nascosto in giardino, dietro una pianta. Vedendola,

fa un passo indietro, si infratta nel verde, nel buio del parco.

Raffaella

sente il crack di un pezzetto di legno. Si gira di botto.

"C'è qualcuno?"

Alfredo smette quasi di respirare. Sta come immobile, paralizzato.

Raffaella cerca frenetica le chiavi nella borsa, le trova, apre il

portone e lo chiude veloce alle sue spalle. Alfredo si rilassa. Fa

un

sospiro e comincia a respirare di nuovo. No, così non può andare

avanti. Ma se quella notizia è vera, niente può più andare avanti.

"Babi, ci sei?" Raffaella vede la porta socchiusa con un po' di

luce che esce dalla camera. "Posso?"

Babi è sul letto. Sta sfogliando delle riviste.

"Ciao mamma. Scusa, non ti avevo sentito. Guarda, sto scegliendo

questi, ti piacciono?" Le fa vedere alcune foto.

"Molto. Mi sono presa uno spavento. Ho sentito un rumore nel

boschetto vicino al portone e m'è preso un colpo."

"Ah, non ti preoccupare. È Alfredo."

"Alfredo?!"

"Sì, sono due giorni che si nasconde di notte là dietro."

"Ma non può fare così, terrorizza la gente. E poi la settimana

prossima io ho una cena qui a casa. Molti lo conoscono, se lo

vedono

così, cosa penseranno?"

"Ma che t'importa." Ma vedendo che Raffaella resta della sua

idea, Babi continua. "Va bene. Se fa così anche la prossima

settimana,

vuol dire che ci parlo. Ok, mamma?" Le mette davanti un

altro giornale. "Allora guarda, ho deciso e mi ha aiutato anche

Smeralda.

Prendiamo questi: spiga e grano che portano pure bene, ok? "

"Sì, ma..."

"No, mamma. Sei uscita e te ne sei andata a giocare, lo so. Basta,

abbiamo deciso, no? Sennò qui non si va mai avanti. Ti giuro,

io sto troppo male, mi sembra ancora tutto per aria, per

favore..."


Raffaella la guarda e sorride.

"Va bene Babi, mi sembrano perfetti." La vede rilassarsi, più

tranquilla.

"Sul serio?"

"Sì, sul serio."

"Non è che me lo stai dicendo solo per farmi contenta?"

"No, davvero, questi sono i più belli."

Babi torna raggiante. Raffaella decide di farsi un regalo anche

lei.

"Senti Babi, ti volevo chiedere una cosa."

"Sì, dimmi."

"Ti ricordi quella volta che papà si doveva vedere con Step, che

doveva dirgli di lasciarti perdere?"

"Mamma, ma ancora stai pensando a quella storia? Sono passati

più di due anni, stiamo decidendo una cosa importantissima e