quando avrà la notizia, eh, no, non ci pensi?"
"No, non ci penso."
"E certo, non te ne frega niente a te, quello secondo me
s'ammazza!"
"Non credo che sia lui il padre."
"Cosa? E chi è? Ho capito. Ti prego, no, dimmi di no. Andrea
Palombi. Ma è diventato un mostro, è terribile, uno sfigato, pensa
come diventa questo povero bambino."
"Il mio bambino sarà bellissimo, prenderà tutto da me..."
"Guarda che non lo sai, non lo puoi sapere, magari invece viene
identico a Palombi. Mamma, se è così, io non faccio la madrina,
te lo dico fin da adesso, io non la faccio ! "
"Oh, non ti stare a preoccupare. Non viene uguale a lui."
"E perché?"
"Perché non è lui il padre."
"Non è neanche lui il padre? E allora chi è? Cavolo, sei sparita
dalla festa a un certo punto ma pensavo fossi andata via con
Chicco."
" No, mi ricordo solo che ho preso un 'ecstasy bianca dalla
gangsta
dove mi hai mandato tu e poi..."
"Un'ecstasy bianca? Ma tu hai preso uno scoop!"
"Uno scoop, e che è?"
"E ti credo che non ti ricordi niente. Meno male che non sei
rimasta
sott'acqua. Quello ti sfonda, ti leva tutti i freni inibitori, fai
di tutto, diventi la porca più porca del mondo e poi puff, a
momenti
non ti ricordi neanche come ti chiami! "
"Be' sì, è andata proprio così... credo..."
"Non ci posso credere, hai preso uno scoop."
"Quella è stata Madda che ha voluto punire in qualche modo
mia sorella."
"Sì, facendo godere te!"
"Ma lei mica lo sapeva che poi sarei stata così bene."
"Cavoli, riesci sempre a stupirmi."
"Sono forte, eh?"
"Insomma... ma possibile che non ti ricordi nulla, niente, non
un indizio?"
"Niente, ti giuro, buio totale. E stato bello, sì, questo me lo
ricordo!"
Giuli rimane per un attimo in silenzio sul divano. Poi beve un
sorso d'acqua, guarda Daniela e ritrova la forza di parlare.
"Be', una cosa però riesco a immaginarla..."
"Che cosa?"
"La faccia dei tuoi."
"Io no."
"E secondo me ti gonfiano così tanto che alla fine tu non
assomigli
neanche più a loro. "
"No. Secondo me invece la prenderanno bene. Scusa, ma è in
queste situazioni che si vede il vero amore di una famiglia, no?
Se
va sempre tutto benissimo, che bravura c'è? Sarebbe fin troppo
facile
in quel caso, giusto?"
"Sì, sì, certo. A me m'hai convinto, vediamo se riesci a
convincere
anche loro! "
"Be'..." Daniela si alza dal divano. "Io vado. Voglio dirglielo
stasera stessa, non ne posso più di tenermi questo segreto. Sarà
una
liberazione. Ciao, Giuli..."
Si danno un bacio sulla guancia. Poi Giuli la saluta e mentre
esce le dice:
"Fammi sapere, eh? Chiamami se hai bisogno".
"Ok, grazie."
Giuli sente sbattere la porta di casa. Alza il volume della tv e
si
rimette a guardare il film. Dopo poco spegne la televisione.
Decide
di andare a letto. Una cosa è sicura: dopo la storia di Daniela,
qualunque altro film è noioso.
Capitolo 44.
Mario arriva preoccupato al nostro tavolo.
"Ma che fate? Già ve ne andate? Avete preso solo un secondo.
Ho un dolce buonissimo fatto in casa, con le mie mani. Anzi, per
essere sincero, con quelle di mia moglie."
E quest'ultima confessione mi prende alla sprovvista. Vorrei
raccontargli tutto, spiegargli che non è che si è mangiato male,
ma
che ho avuto questa grande idea, grande... Un'idea. Un piatto
particolare
da ogni parte, in ogni posto famoso per quel piatto. Anche
il cabernet ha fatto il suo effetto e partecipa alla festa. Così
preferisco
una semplice bugia.
"No, è che abbiamo un appuntamento con i nostri amici, sennò
quelli scappano."
Mario sembra accettare con tranquillità questa spiegazione.
"Arrivederci allora... ma tornate presto."
"Certo, certo."
Anche Gin partecipa. "La tagliata era buonissima."
Ma mentre usciamo succede qualcosa d'imprevisto.
"Aspettate, aspettate!"
Un ragazzo dall'aria buffa con i capelli gonfiati a mo' di
cappello
da cuoco ci corre incontro.
"Step, tu sei Step, vero?"
Annuisco.
Sorride soddisfatto di aver fatto centro.
"Tieni, questo è per te."
Prendo un foglietto ma non faccio in tempo a leggerlo perché
Gin più veloce me lo strappa di mano mentre il ragazzo continua.
"Me l'ha dato una ragazza bionda, una ballerina." Sorride felice.
"È una di quelle del Bagaglino. Mi ha detto di darlo a te o a
tua cugina."
Mario lo guarda preoccupato e poi, quasi a scusarsi con noi "È
mio figlio. Vieni andiamo di là che c'è ancora gente da servire".
"Ma se hanno finito tutti."
Mario lo strattona.
"Ma non capisci un cavolo!" E lo spinge in avanti. "E forza!
Muoviti."
E il ragazzo, mortificato, piega la testa in giù già pronto a
sentire
la solita ramanzina del padre chiedendosi perché sempre e solo
a lui.
"Tieni." Gin mi passa il foglio.
"Mastrocchia Simona... Già una che mette prima il cognome e
poi il nome..."
Poi mi guarda con una certa aria di sufficienza.
"Telefonino, fisso ed e-mail sul biglietto. Vuole essere
rintracciata.
Visto, sa anche usare il computer. È tecnologica. Come la
gonna Uragan. Meno male che hai svoltato la serata."
"Veramente non l'ho ancora svoltata. Comunque in tempo di
guerra non si butta via niente! "
Piego il biglietto e me lo metto in tasca.
"Ah, ah, molto divertente, sul serio."
Rimaniamo un po' in silenzio, camminando. Vento di primi
d'ottobre, qualche foglia qua e là tra i marciapiedi. Quel
silenzio
mi infastidisce.
"Ma guarda che sei forte, hai fatto il casino, le hai chiesto il
numero,
fai la mia cugina preoccupata, quella sorride e poi infine ce
lo dà, e tu t'arrabbi. Guarda che sei insuperabile."
"Insuperabile, hai detto bene. Allora? È finito questo cibo-tour,
o come cavolo si chiama? Non hai messo neanche un titolo a questa
tua grande idea! "
Fa risuonare il tutto con eccessiva enfasi e continua a guardarmi
per un po'. Poi apre la bocca, fa la smorfia come se imitasse un
"boccalone", uno stupido pesce, o un semplice umano qualsiasi
che comunque non trova le parole per rispondere. Insomma mammifero
o anfibio, sta parlando di me. Mi brucia pure sui tempi. E
dire che avevo pensato di chiamarlo proprio cibo-tour... Be', tiro
fuori il foglietto con il numero di Mastrocchia Simona, il
telefonino
che mi ha regalato Paolo e comincio a digitare sui tasti. In
realtà
lo faccio a caso, senza guardare. Con gli occhi, ma senza farmene
accorgere, la sto controllando. E la piccola tigre parte in
quarta.
"Ma guarda che stronzo!"
Mi si avventa contro. Chiudo al volo il telefonino e lo metto in
tasca mentre con la destra paro un suo colpo, forte a calare,
dritto
sulla faccia, mentre Mastrocchia Simona con il suo numero scritto
in maniera incerta cade a terra. Le prendo il polso e veloce
glielo
giro portandole il braccio dietro la schiena. Una mezza giravolta
ed è attaccata a me. "Ahi." Quasi sorpresa da quella velocità e da
quel dolore. Allento un po' la presa. La tiro a me. Con la
sinistra
le prendo i capelli, infilo le dita tra le ciocche. E come un
pettine
selvaggio, un po' grezzo, un po' naturale, le fisso i capelli
indietro.
Le libero la fronte. I suoi occhi sono grandi, intensi, spaziosi.
Mi
guardano. Come mi piace. Poi li chiude. Li riapre e si ribella.
Prova
a divincolarsi. Ma registro un po' la presa.
"Buona... Shh." Sussurro. "Sei troppo gelosa..."
A quella parola sembra quasi impazzire, scalpita, si agita, tenta
di colpirmi con i piedi, con le ginocchia.
"Io non sono gelosa! Mai stata e mai lo sarò. Sono famosa per
non esserlo!"
Rido parando più o meno i suoi colpi. Si getta con la bocca
aperta sul mio viso, prova a mordermi. Comincia una guerra di
guance, un alternarsi di strusciate, i suoi denti si aprono e si
chiudono,
cercandomi, non trovandomi, mi avvicino e mi allontano, la
sua bocca mi insegue, io mi spingo giù, spostandole la testa,
liberandomi,
nascosto tra i capelli, fino al collo. Apro la bocca, tanto,
più che posso. Vorrei quasi inghiottirla tutta e insieme respiro
catturandole
la pelle, il collo, la giugulare e con un morbido morso gigantesco
la blocco, la prendo, la posseggo.
"Ahia. Ahia. Ok, basta!" Scoppia a ridere. "Mi fai il solletico,
ti prego, il collo no."
Si piega verso di me con la testa cercando di liberarsi. Fa uno
strano balletto, piccoli passi che si spostano verso sinistra
mentre
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