tutte
le macchine possibili e immaginabili. Penso a Pollo e alla prima
volta
che mi ci ha portato, penso agli scherzi che facevamo, penso a
mio fratello preoccupato per la sua macchina rubata, penso alla
serata,
penso alla mia idea, penso al mio passato. Un qualche pensiero
veloce, più forte degli altri. Passo davanti all'Assunzione. Mi
voglio distrarre. Mi giro verso Gin. Ha acceso la radio,
canticchia
una canzone e si è accesa una sigaretta. Poi mi guarda e sorride.
"Allora dove andiamo?"
"Be', è una sorpresa."
"Era quello che speravo che dicessi."
Mi sorride e piega di lato la testa, si scioglie i capelli. E in
quel
momento capisco che la vera sorpresa è lei.
Capitolo 41.
"Allora? Qual è la sorpresa? È una bella sorpresa?"
"Sono più sorprese."
"E dimmene una."
"E no. Non è più una sorpresa."
Posteggio e scendo giù dalla macchina. Un marocchino o qualcosa
giù di lì mi corre incontro con la mano già aperta. Gliela prendo
al volo e gliela stringo. "Ciao capo..." ride divertito e sguaina
una
specie di dentatura alla "ecco perché i dentisti sono così cari!
".
sono 2 euro.
"Senz'altro. Ma pago quando torno." Gli stringo un po' più
forte la mano. "Così sono sicuro che la ritrovo perfetta, vero? Si
paga a servizio fatto."
Mi guarda preoccupato. "Quindi tienila bene d'occhio, non voglio
graffi. Chiaro?"
"Ma io dopo mezzanotte sono..."
"Torniamo prima." E mi allontano.
"Allora aspetto, eh?"
Non rispondo e guardo Gin.
"Ci tiene proprio a questa macchina tuo fratello, eh?"
"Maniacale. In questo momento sta disperato perché pensa che
gliel'abbiano rubata."
"Non è che ci ferma la polizia e finiamo in galera?"
"Mi ha dato una notte per ritrovargliela."
"E poi?"
"Poi parte la denuncia. Ma non ti preoccupare, gliel'ho già
ritrovata,
no?"
Gin ride e scuote la testa.
"Poveraccio tuo fratello, mi immagino cosa gli hai fatto passare."
"Veramente lui non lo sa, ma l'ho sempre salvato da molte
situazioni.
"
Penso a mia madre per un attimo. Mi viene voglia di raccontarle...
Ma questa è la nostra serata, io e lei. E basta.
"A che pensi?"
"Che ho fame... vieni! "
E la trascino via, prendendola per mano. Da Angel, un aperitivo,
un Martini ghiacciato per tutti e due, shakerato, ghiaccio e
limone
alla James Bond o giù di lì e a stomaco vuoto è un sogno. Gin
ride e mi racconta. Storie del passato, amiche sue ed Ele e come
si
sono conosciute e le litigate e le gelosie dell'amica. E io la
prendo
poi per mano e saluto un tipo con l'orecchino che sembra
conoscermi
e poi me la porto in bagno.
"Ehi, ma che vuoi fare? Non mi sembra proprio il caso, eh?"
"No guarda..." Le passo 20 centesimi o forse 50 o forse 1 euro,
magari 2, non li vedo nemmeno. Glieli metto in mano. Penso
al tipo del parcheggio. A quando torno e gli dirò che non ho più
monete.
"Questo è il pozzo dei desideri, vedi quanti soldi ci sono sul
fondo?" Gin guarda dentro una specie di pozzo in quel bagno pieno
di piante e tappeti colorati, rosso, viola, arancione e una luce
blu e gialla e muri bianchi e color mattone. "Dai... Hai
espresso?"
Lei sorride, si gira e butta via la mia moneta con un desiderio
tutto
suo che finisce sul fondo nella speranza di avverarsi. La seguo a
ruota e faccio volar via la mia sopra la mia spalla. E vola giù
che è
una meraviglia e sparisce ondeggiando in mezzo all'acqua con uno
strano zigzag per poi posarsi sul fondo tra mille altri sogni e
qualche
desiderio, forse, più o meno realizzato.
Usciamo in silenzio, mentre un tipo entra veloce quasi urtandoci
mentre già si sbottona i pantaloni, ma poi ci ripensa e si tuffa
sul lavandino vomitando. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere,
schifati
e imbrividiti... Bleah... Chiudendoci la porta alle spalle e via.
Lascio 15 euro sul tavolo e in un attimo siamo fuori. Incontro
Angel che mi saluta.
"Ciao Step, quanto tempo..."
"Sì, sì. Dopo, caso mai, ripasso."
In realtà si chiama Pier Angelo, ancora me lo ricordo, vendeva
strani quadri a piazza Navona agli stranieri, croste improbabili
per
delle cifre ancora più improbabili. Un tedesco, un giapponese, un
americano, una sua strana spiegazione in inglese non proprio
perfetto,
maccheronico e inventato, e via un altro "pacco" per potersi
comprare un giorno, come poi ha fatto, il suo Angel's.
"Allora? Tutto qui?"
"Stai tranquilla... ho capito, non vuoi faticare."
La prendo al volo e me la carico sulle spalle. "No dai, che fai?"
Ride divertita e prova a picchiarmi, ma lo fa senza cattiveria.
"Ti porto io... Basta che non fai più domande."
"Dai, mettimi a terra!"
Passiamo davanti a un gruppetto di ragazzi e ragazze che ci
guardano più o meno divertiti, sognanti le prime, imbarazzati i
secondi.
Questo è quello che mi sembra di leggere sulle loro espressioni.
E voliamo via. Cul de sac.
"Ecco ora puoi scendere. Qui un aperitivo di formaggi e vini."
Gin si sistema giù il giubbotto che le si era alzato e anche la
maglietta
che le ha scoperto la pancia, morbida ma compatta senza
strani piercing all'ombelico, naturale e rotonda.
"Che fai guardi? La mia pancetta non è il massimo."
Bella e insicura. "Vuoi dire che c'è dell'altro?"
Gin sbuffa.
"Sono calamitato, attratto, inevitabilmente risucchiato e..."
"Sì, sì, ok. Ho capito il concetto."
Ci sediamo al primo tavolo e ordino a uno di colore vagamente
francese con tanto di grembiule bianco.
"Allora un formaggio di capra agro e stagionato e due bicchieri
di Traminer. "
Il tipo annuisce e io nella sua incertezza spero tanto che abbia
capito sul serio.
"Dove l'hai letta questa storia del Traminer e formaggio di capra?
Te l'ha suggerita tuo fratello?"
"Perfida..."
Faccio con la mano il segno di vittoria rivolto in basso verso di
lei.
"Viperetta acida. No, mi dispiace, ho fatto un corso personale
con un sommelier francese. Una sommelier per essere precisi. Da
Epernay, nello Champagne. Calze velate grigie. Leggerissime e
sempre
rigorosamente autoreggenti. Vuoi altri dettagli? "
Sbuffa scocciata.
"No grazie, sennò ricominci, sai io sono naturalmente attratto...
eccetera eccetera e quelle altre cavolate lì..."
Il tipo vagamente francese le poggia un piatto in legno sul
tavolino
e "voilà". Ci ha preso: formaggio di capra e Traminer freddo.
Incredibile e non si ferma lì.
"Vi ho portato anche del miele naturale..."
"Grazie."
Che bello quando uno ama il suo lavoro. E non c'è niente di più
bello invece di una ragazza che mangia con gusto. Come lei.
Sorride
e spalma il miele su del pane ancora caldo, appena tostato,
perfettamente
abbronzato, non bruciato. Ci poggia sopra un pezzo di
formaggio e dà un grosso morso, deciso ma lento, mentre con
l'altra
mano si protegge dalla caduta libera di briciole impazzite. Poi si
tocca con la punta delle dita il palmo e come suonando uno strano
motivetto le lascia cadere giù nel piccolo piatto, vicino al pane
rimasto,
mentre con l'altra mano prende il Traminer e con un piccolo
sorso accompagna il tutto.
È perfetta, cazzo, è perfetta, lo so. Piccoli spunti... Che senso
hanno non lo so... Ma in realtà... Lo so. Il Traminer scende giù
veloce,
freddo con il suo retrogusto. Gelato. Un bicchiere dopo l'altro.
Sì. Lo so, è perfetta. E da quello che penso, da come mi intorto,
su
quel "lo so, non lo so", capisco già di essere mezzo ubriaco.
Aspetto
che finisca l'ultimo morso, metto dei soldi sul tavolo e la
rapisco.
"Vieni andiamo."
"Ma dove?"
"Un posto per ogni sua specialità."
E corriamo via, così, un po' di vino, un po' di risate. Tra
sguardi
indiscreti, persone agli altri tavoli, teste che fanno capolino
per
guardare, spiare, osservare, quei due sconosciuti... Noi due,
meteore
di una qualsiasi notte, in un locale qualsiasi, un momento più
che qualsiasi, ma solamente nostro. Come questo cibo-tour.
"Ehi Step?"
"Sì?"
"Quanti punti base toccheremo?"
"Che vuol dire?"
"Visto che mangiamo una cosa in ogni posto, per capire quanti
saranno, sennò ho paura che scoppio. Sì, insomma, in quanti locali
ci fermiamo?"
"Ventuno!"
Rispondo deciso, leggermente scocciato, cazzo. Ma scusa, neanche
un accenno, che ne so: carina l'idea, originale, divertente. Gin
improvvisamente si stoppa. Si ferma in mezzo alla strada e punta i
piedi.
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