la testa a destra e sinistra.

"Eccola qua la mia principessina." Poi mi molla lasciandomi

un po' di dolore. Mi devo per forza passare la mano sotto il mento

per allisciarmelo e lo zio si becca uno sguardo di odio leggero.

Ma è un attimo. Poi sorrido al suo sorriso. Mio zio è fatto così.

"Allora?" Cominciano sempre così i nostri incontri. "Chi ha

scelto questo posto?"

Alzo timidamente la mano. "Io, zio..." E resto in attesa. Zio mi

guarda con il sopracciglio leggermente alzato, un'espressione un

po' dubbiosa e il labbro che trema. Passa qualche attimo di

troppo,

comincio a preoccuparmi.

"Brava, è bello, brava figlia mia, è bello. Sul serio. Un tempo si

mangiava in mezzo all'arte..."

Sospiro, fiuu... È andata, anche se non sono "figlia sua", voglio

bene a mio zio. Speravo gli piacesse mangiare qui con tutti noi al

Caffè dell'arte vicino a viale Bruno Buozzi.

Zio Ardisio comincia uno dei suoi racconti.

"Mi ricordo quando volavo sull'accampamento, quello con i

miei soldati..." La sua voce si fa più roca quasi modulata dalla

pressione

dei ricordi, spezzata a tratti dalla forza della nostalgia. "E io


gli gridavo e gridavo 'studiate, leggete'. Ma loro erano troppo

preoccupati

dalla morte. E poi facevo un giro con il mio aereo bimotore

e poi tornavo indietro per dare notizie e atterravo sull'erba lì

vicino.

Burubu, burubam, sballottato arrivavo, con quell'aereo che

era un miracolo dell'avazione..."

Luke che naturalmente fa il preciso nei pochi momenti quando

non dovrebbe esserlo. "Aviazione zio, aviazione con la i."

"E io c'ho detto? Avazione, eh?"

Luke scuote la testa e sorride. Meno male che Luke stavolta

rinuncia.


Al tavolo arriva un cameriere giovane e composto con i capelli

corti ma non troppo, con uno sguardo ingenuo ma lucido. Quasi

perfetto oserei dire, se non fosse che spinge un carrello con dei

flûte lucidi, tirati a nuovo e una bottiglia già infilata in un

secchiello

pieno di ghiaccio. È un Möet, ottimo champagne e certo, ci

mancherebbe,

tanto paghiamo noi.

"Mi scusi, eh? Ma non ci siamo proprio. Nessuno ha ordinato...


Vedo già mamma che mi guarda preoccupata. Il giovane cameriere

interviene sorridendo.

"No, signora, questa bottiglia la offr..."

"Grazie per la signora, ma non esiste proprio."

"Se gentilmente mi fa finire, la offre quel signore laggiù."

Il cameriere, ora più serio, indica alcuni tavoli lontani, quasi

sul

fondo del ristorante. Incorniciato dagli alberi nella vetrata alle

sue

spalle c'è lui, Step. Si alza dal tavolino e sorridendo muove la

testa accennando

a un inchino. Non ci posso credere, mi ha seguito fin qui.

E certo, voleva vedere dove andavo, ha voluto scoprire se ero

veramente

con la mia famiglia. E questo è il pensiero di Gin la vendicativa.

Gin-Selvaggia. Ma Gin non è così! Una parte di me si ribella.

Magari

voleva solo scusarsi per l'aperitivo, in fondo hai fatto una

figuraccia

anche tu. E questo è il pensiero di Gin la saggia. E qualcosa,

non so bene perché, mi rende più simpatica Gin-Serena.

"Questo biglietto è per lei, signora."

Il cameriere mi porge un biglietto e questo ancora di più mi fa

pensare che la mia scelta sia giusta. Lo apro leggermente

imbarazzata,

con gli occhi addosso di tutti, papà, mamma, Luke, zio Ardisio.

Prima di leggere arrossisco. Che palle. Ma perché proprio adesso.

Leggo. "È bellissimo guardarti da lontano... ma da vicino è

meglio...

Ci vediamo stasera? P.S. Non ti preoccupare, ho trovato un

Bancomat e ho già pagato il cameriere del nostro aperitivo."

Chiudo il biglietto e sorrido e quasi mi dimentico che ho tutti

gli occhi addosso. Zio Ardisio, papà, mamma, Luke. Tutti vogliono

sapere che c'è scritto, a cosa è dovuta quella bottiglia e

naturalmente

il più irrequieto, quello che resiste meno di tutti è proprio

zio Ardisio.

"Allora, principessa... A che cosa la dobbiamo questa bottiglia?"


"Be'. Quel ragazzo l'ho aiutato... non era capace, non sapeva,

insomma si sta preparando per un esame."

"Ardisio, ma che ti importa?" Mamma mi salva in calcio d'angolo.

"C'è qua una bella bottiglia, brindiamo e pace! No?"

"Ecco appunto..."

Guardo Step e gli sorrido, lui mi vede da lontano, si è seduto

di nuovo. Ma che fa ora? Perché non se ne va? È stato carino, ma

basta. E vattene Step, che aspetti?

"Mi scusi?"

Il cameriere mi guarda sorridendo, non ha ancora aperto la

bottiglia.


"Sì?"

"Mi ha detto il signore che mi dovrebbe rispondere."

"Cosa?"

"Non lo so, credo al biglietto."

Tutti mi guardano di nuovo, ancora più attenti di prima.

"Gli dica di sì. " Poi guardo loro. " Sì, voleva sapere se l'ho

iscritto

all'esame."

Tutti tirano un sospiro di sollievo. Tranne mamma naturalmente

che mi fissa, ma evito il suo sguardo. Finisco di nuovo a guardare

il cameriere che tira fuori un altro biglietto. "Allora le devo

dare

questo."

"Un altro?"

Crollano un po' tutti.

"Ma stavolta ce lo dici che c'è scritto?"

"Ma che è, una caccia al tesoro?"

Arrossisco di nuovo naturalmente e lo apro. "Allora, alle otto

io sono sotto casa tua. Ti aspetto, non fare tardi, non combinare

casini... P.S. Porta i soldi, non si sa mai."

Sorrido fra me e me.

Il cameriere ha finalmente stappato la bottiglia, finisce veloce

di versare lo champagne nei flûte e fa per andarsene.

"Senta, scusi..."

"Sì?"

Fa un piccolo giro su se stesso e mi guarda.

"Ma se le rispondevo di no aveva un altro biglietto?"

Il cameriere sorride e scuote la testa. "No, in quel caso mi ha

detto che dovevo semplicemente portarmi via la bottiglia. "

Capitolo 39.

Raffaella ha raggiunto Babi in salotto.

"Ciao Babi, dimmi... allora che c'è?"

"No, è che ti volevo far vedere questi, mamma, ma che hai? Sei

tutta arrossata..." Babi la guarda preoccupata. "Ma che avete

litigato?"


"No,tutt'altro..."

Raffaella la guarda sorridendo. Ma Babi non le dà soddisfazione

e le mostra un giornale.

"Ecco, ti dicevo, ti piacciono questi sui tavoli? Non sono carini?

O preferisci questi altri che sono più naturali? Spiga e grano,

bello no? Meglio questo, vero?"

"Mi ci fai pensare stasera?"

"Devi uscire, vero?"

"Sì, vado dai Flavi."

"Mamma, guarda che dobbiamo decidere, la stai prendendo

troppo sottogamba! "

"Domani decidiamo tutto, Babi, ora sono in ritardo."

Raffaella va in bagno e comincia a truccarsi velocemente. Proprio

in quel momento arriva anche Daniela.

"Mamma, ti devo parlare."

"Sono in ritardooo..."

"Ma è importante! "

"Domani! Non c'è niente che non possa essere risolto domani! "

In quell'istante passa Claudio. Va di corsa anche lui. Daniela

cerca in qualche modo di fermarlo.

"Ciao papà, ti puoi fermare un secondo? Ti devo raccontare

una cosa, è molto importante ! "

"Ho una cena con Farini. Ho già detto tutto alla mamma. Scusami,

ma è un affare di lavoro importantissimo e poi c'è di mezzo

anche una partita..."

Claudio bacia frettolosamente Daniela. Raffaella lo raggiunge

sulla porta.

"Claudio, aspettami, scendiamo insieme."

Daniela rimane così, in mezzo al corridoio a guardare i suoi

genitori

che vanno via. Poi si avvicina alla camera di Babi. Ma la porta

è chiusa. Daniela bussa.

"Avanti, chi è?"

"Ciao... scusa, ti devo raccontare una cosa. Possiamo parlare?"

"No, guarda. Sto uscendo. Mamma se n'è andata e dovevamo

decidere una marea di cose importanti. Scusami, ma non è proprio

il momento. Vado da Smeralda, almeno mi dice qualcosa lei. Se hai

bisogno cercami sul telefonino."

Ed esce così anche lei di scena. Daniela, rimasta sola, si

avvicina

al telefono di casa e compone un numero.

"Pronto Giuli... ciao... che stai facendo? Ah, bene... senti,

scusami,

ma non è che posso passare? Ti devo dire una cosa, sì, una

cosa importante. Sì, ti giuro, ti rubo solo due minuti. Sì, scusa

eh,

ma non so proprio che fare. Ti giuro, sì, ne parliamo tra una

pubblicità

e l'altra. Ok, grazie."

Daniela attacca, chiude veloce la porta di casa e scende a razzo

le scale. Apre il portone ed esce.

Proprio in quel momento, da dietro una siepe: "Dani! ".

È Alfredo.

"Oddio, m'hai fatto prendere un colpo... mamma mia, ho il

cuore a duemila. Ma che, ti nascondi così!"

"Scusami, ho visto uscire ora Babi."

Daniela si accorge che è pallido, dimagrito, nervoso.

"Ecco, no... volevo parlare un po' con te che sei sua sorella."