"Ok, allora riprendiamo il combattimento, come vuoi tu. Io ti

avevo dato una chance."

Ci rialziamo insieme. Questa volta però, divertito, attacco io. La

stringo nell'angolo e comincio a colpirla. Senza andarci troppo

pesante

però. Gin è veloce e cerca di uscirne. Con una spinta la rimetto

all'angolo. Lei si abbassa, schiva, fa per uscirne, ma io la

riblocco

e la ributto lì. Poi finge un sinistro, in realtà allarga. Io tiro

al corpo

lentamente. Lei velocissima richiude il braccio bloccandomi il

destro.

Subito dopo, quasi al volo fa la stessa cosa con il mio sinistro.

"Ta ta... Ti ho bloccato io. E adesso?"

In realtà con una capocciata me ne libererei subito, ma non mi

sembra proprio il caso. Gin sospira.

"Al solito... sei mio prigioniero, non ti azzardare a mordere,

però. Giuro che se lo fai ti stendo."

Prende e mi bacia. La lascio fare, divertito, saliva e sudore,

baci

lisci e morbidi, desiderosi e sfuggenti. La lascio fare, sì. Gioca

con le mie labbra, la stringo tra i guantoni, lei si strofina a

me, pantaloncini

e maglietta, sudata al punto giusto. I suoi capelli mi si

attaccano

al viso nascondendomi da sguardi indiscreti.

Ma Nicola, che ci seguiva tenendo il tempo, non può certo perdersi

questo strano incontro.

"Prima si vogliono sfondare e poi buttano tutto in cagnara. Che

gioventù assurda."

E si allontana scuotendo la testa. In cagnara quello che stiamo

facendo? Questa è arte, uomo. Arte fantastica, sopraffina,

mistica,

selvaggia, elegante, primordiale. Continuiamo a baciarci

nell'angolo

del ring, fregandocene, ora più liberi nella stretta ed eccitati,

almeno io. Fuori tempo... massimo. Lascio scivolare il guantone

che finisce guarda caso fra le sue gambe, ma Gin si sposta. Poi,

come

se non bastasse salgono sul ring due tipi sui quarant'anni con

un paio di capezze al collo, i capelli grigi e un'aria consumata.

"Scusate, eh, non vorremmo disturbare questo match. Ma noi

vorremmo boxare sul serio, se ve potete leva' di qua."

"Sì, portate 'st'idillio da un'altra parte, va'."

Ridono. Prendo Gin per un braccio stringendola con il dito del

guantone e l'aiuto a uscire dal ring. Quello più grosso, che sa

ancora

di fumo, non se la lascia scappare.

"Aho, ma che ce troverai poi a combattere con una donna..."

Gin mi sfugge dalle mani e si rinfila veloce sotto la corda

rientrando

nel ring.

"Ci trova, ci trova... vuoi vedere?" E si mette in posa. Mi metto

in mezzo prima che vada tutto a scatafascio.

"Ok, ok. Come non detto, vi lasciamo combattere. Scusateci.

La ragazza è nervosa."

"Io non sono nervosa."

"Ehm, quindi è meglio che ci andiamo a prendere un gelato."

Piano a Gin, sussurrandole all'orecchio: "Offro io, ma ti prego

piantala".

Gin allarga le braccia. "Ok, ok."

"Ecco bravi, andate a prendervi il gelato, va'."

"Sì, un gelato al bacio."

Ridono tutti e due. Uno poi con una tosse catarrosa. Ci mancava

pure la battuta. Gin prova a girarsi di nuovo, ma la spingo via

con forza.

"A cambiarsi, doccia, e poi gelato. Forza e senza discutere."

"Ehi, mi fai più paura del mio papi. Guarda, tremo tutta." E

simula una specie di balletto di sedere imitando le donne

africane.

Però. Le do una pacca forte sul culo.

"Forza, ho detto. A cambiarsi."

E con un'ultima spinta riesco, a viva forza, a spedirla dentro gli

spogliatoi. Fiuu, che fatica. Se tanto mi dà tanto. Mission

impossible.

Non ci credo. Gin sbuca di nuovo fuori dalla porta degli

spogliatoi.


"Guarda che mi cambio solo perché sono le undici e ho finito

la mia ora di allenamento."

"Sì, certo."

Mi guarda un attimo perplessa, con il sopracciglio tirato su, poi

lo lascia andare e sorride.

"Ok." Capisce che gliel'ho data vinta.

"Ci metto un attimo, ci vediamo al bar della palestra, lì in

fondo."

Vado anch'io a cambiarmi. Che lotta. Non so se è meglio dentro

il ring o fuori. Tiro fuori le chiavi dell'armadietto e comincio a

cambiarmi. Ma che c'avrà poi di speciale? Mi butto sotto la

doccia.

Sì, ok, un bel culo, un bel sorriso... Trovo uno shampoo lasciato

da qualcun altro e me lo rovescio in testa. Sì, è anche una tipa

divertente,

le palestre a vela. La battuta pronta. Però è uno sfinimento.

Sì, ma quant'è che non ho una storia come si deve? Due anni.

Però come si sta bene. Libero e bello. Rido come un coglione

mentre lo shampoo dolciastro mi si infila negli occhi, cazzo.

Brucia.

Niente rotture: che fai stasera, che facciamo domani, che si fa

per il weekend, ti richiamo dopo, dimmi che mi ami, tu non mi

ami più, ma come non ti amo, chi era quella, perché c'hai parlato,

con chi stavi al telefono? No, non esiste. Mi sono ripreso da

poco,

sempre che mi sia ripreso. Voglio le "calendarine". Il primo di

ogni

mese quella, il due l'altra, il tre un'altra ancora, il quattro

chissà,

anche niente magari, il cinque quella figa straniera incontrata

per

caso, il sei... Il sei... Sei solo, lo sai. Sì certo, ma che mi

frega, non

voglio impaludarmi. Mi asciugo e mi infilo i pantaloni. Non voglio

dare spiegazioni. Mi chiudo la camicia e prendo la borsa. Vado

verso

l'uscita. Non la saluto neanche, tanto la becco più tardi al

Teatro

delle Vittorie. Ah, no. Oggi non c'è convocazione per loro. Va

be', glielo dico domani quando la vedo. Capirai, quella è capace

di

ripiombare a casa mia e farmi la piazzata. Se non ci sono io,

becca

Paolo. Con Paolo ha gioco facile, lo sfonda. Capirai, la

prenderebbe

per una belva umana, una furia, una tigre. Che palle! La devo

pure aspettare. Chissà quanto ci metterà a prepararsi. Che tipo

di donna sarà? Sofisticata, menefreghista, spendacciona, attenta

al

soldo, folle, cocainomane, mignotta, impossibile? Arrivo al bar e

ordino un Gatorade non troppo freddo.

"A cosa mi scusi?"

"All'arancia."

Poi le risposte arrivano quasi da sole. Gin è naturale, selvaggia,

elegante, pura, appassionata, antidroga, altruista, divertente.

Poi

rido. Ma che palle! Magari è ritardataria e la dovrò aspettare.

Sborso 2 euro, levo il tappo e bevo il Gatorade. Mi guardo

intorno.

Un tipo agghindato da post allenamento legge "il Tempo".

Mangia a ripetizione piegato su un riso scondito, colorato qua e

da qualche chicco di mais e da un peperone capitato lì per caso.

Al

tavolo vicino un altro pseudomuscoloso chiacchiera con una ragazza

con tono falso. Si mostra eccessivamente allegro a qualunque

cosa lei gli risponda. Due amiche progettano chissà cosa per

un'ipotetica vacanza. Un'altra racconta alla sua amica del cuore

quanto si sia comportato malissimo un lui. Un ragazzo al bancone

ancora sudato per la serie appena fatta, uno già cambiato. Una

ragazza

che beve un frullato e va via, un'altra che aspetta chissà che

cosa. Cerco il viso di quest'ultima nello specchio di fronte al

bancone.

Ma è coperta dal ragazzo addetto al bar. Poi lui serve qualcosa

e se ne va scoprendola. Come la carta che ti arriva per un poker

sperato, come l'ultimo rimbalzo della pallina di una roulette che

forse si ferma su quel numero che tu hai puntato... esce lei.

Eccola.

Mi guarda e sorride. Ha i capelli davanti agli occhi appena

truccati,

sfumati di un grigio leggero. Le labbra rosa e un poco

imbronciate.

Si gira verso di me.

"Be', che fai, non mi riconosci?" Poker. En plein. È Gin. Ha

un tailleur azzurro. Su un risvolto si leggono due piccole cifre.

D&G. Sorrido. Yoox. Poi scarpe alte dello stesso colore.

Elegantissime.

René Caovilla. Dei legacci leggeri liberano a tratti le sue

caviglie.

Alle dita dei piedi, unghie velate di un pallido azzurro più

chiaro, come piccoli sorrisi divertiti, si affacciano da

un'abbronzatura

leggera. Occhiali Chanel sempre azzurri appoggiati sulla testa.

È come se un velo di miele fosse stato lasciato colare,

perfettamente

modellato sulle sue braccia, sulle sue gambe scoperte, sul


suo viso che sorride.

"Allora?"

Allora... Allora tutti i miei propositi vanno a farsi fottere.

Cerco

qualche parola. Mi viene da ridere e insieme in mente quella scena

di Pretty Woman. Richard Gere che cerca Vivien al bar

dell'albergo.

Poi la trova. Pronta per andare all'opera. Gin è perfetta come

lei, di più. Sono messo proprio male. Prende la borsa e viene

verso di me.

"Stai pensando a qualcosa?"

"Sì." Mento. "Che il Gatorade era troppo freddo."

Gin sorride e mi supera.