Con le braccia incrociate, appoggiate sul davanzale, con la
bottiglia
vicino ormai vuota. "Porca troia." Ho una rabbia dentro e non
so con chi prendermela. Cazzo e vaffanculo. Perché? Perché?
Perché?
Merda. Non posso fare niente. Neanche bestemmiare. No,
non servirebbe a niente. Ma non ci voglio pensare. Sto male,
cazzo.
Guardo giù. Eccola. Grazie. Sono più felice ora. Prendo la
bottiglia
per il collo, raccolgo tutta la mia forza e la lancio giù come
un boomerang, perfetto, veloce, speriamo solo che non ritorni. La
bottiglia rotea a duemila e pum, centra il parabrezza della Twingo
in pieno, disintegrandolo. Era una Twingo nuova, perfetta. Nera
credo o comunque scura. L'insieme di tutto ciò che odio. Un colpo
solo. Come Il cacciatore.
Capitolo 31.
Un vento leggero si perde tra piccole case ordinate, tra marmi
bianchi e grigi, tra fiori appena appassiti e altri appena messi.
Foto
e date ricordano qualcuno. Amori passati, vite spezzate o
naturalmente
recise. Comunque, andate. Strappate. Come quella del
mio amico. E a volte tutto questo accade senza un perché e il
dolore
è ancora più grande. Cammino tra le tombe. Ho un mazzo di
fiori in mano, i girasoli più belli che ho potuto trovare. In
amicizia,
come nell'amore, non si bada a spese. Ecco. Sono arrivato.
"Ciao, Pollo."
Guardo quella foto, quel sorriso che tante volte mi ha fatto
compagnia.
Quell'immagine piccola, così come grande e generoso era
il suo cuore.
"Ti ho portato questi."
Come se non mi vedesse, come se non sapesse. Mi piego, tolgo
dei fiori appassiti da dentro un piccolo vaso. Mi chiedo chi
glieli
ha portati e quando. Forse proprio Pallina. Ma poi abbandono
questo pensiero, lo butto via lontano proprio come coi fiori
appena
tolti. Sistemo alla meglio quei grandi girasoli. Sembrano ancora
forti di quei campi, sani di quei soli. Li dispongo con cura,
facendo
spazio tra loro. Sembrano quasi accomodarsi naturalmente.
E subito si rivolgono verso il sole, come un sospiro lungo, di
soddisfazione,
come se da sempre avessero cercato quel vaso.
"Ecco, ecco fatto."
Rimango per un po' in silenzio, quasi preoccupato di poter esser
stato interpretato male, di poter aver avuto qualche pensiero
sbagliato, non puro come invece è la nostra amicizia.
"Ma così non è, Pollo, e tu lo sai. Così non è stato neppure per
un attimo. "
E poi quasi prendo le difese di Pallina.
"La devi capire, è una ragazzina e le manchi. E tu sai, o forse
non sai, quanto cavolo le davi, cos'eri per lei, quanto la facevi
ridere,
quanto la facevi felice. E noi possiamo dircelo. Quanto
l'amavi..."
Mi guardo in giro, quasi preoccupato che qualcuno possa sentire
quella confidenza.
Lontano, più lontano, c'è una donna anziana vestita di nero.
Prega. Un po' più in là un giardiniere e il suo rastrello cercano
di
raccogliere alcune foglie ormai ingiallite. Torno dal mio amico. E
a lei.
"Devi capirla, Pollo. È una bella ragazza. È diventata una donna.
È incredibile come si trasformano. Tu le vedi, le rincontri, ed è
bastato un po' di tempo, un attimo, per trovare al posto loro
qualcun'altra.
Ieri non ho avuto dubbi, non so, non potrei mai. Lo so
che mille volte abbiamo riso e scherzato su 'mai dire mai', ma è
bello
poter avere qualcosa nella vita che rappresenti una certezza, no?
Cazzo, la verità è che solo noi possiamo essere una nostra
certezza.
E mi piace un sacco dire 'no', hai capito? Mi piace un sacco dire
di 'no'. E mi piace un casino dire 'mai'! Cazzo, mi piace dirlo
per te, per quello che è stata ed è la nostra amicizia. Perché è
una
certezza. È la mia certezza. Già t'immagino, starai ridendo. Mi
prendi
per il culo, eh? Anzi no, lo so. Se ti avessi fatto tutto questo
discorso
mentre stavamo da qualche parte insieme alla fine mi facevi
uno scherzo. Ma siccome non mi puoi rispondere... be', te la devi
prendere così com'è tutta 'sta storia, ok? E comunque già la so
la domanda che mi avresti fatto. No. Non l'ho vista e non ho
intenzione
di farlo, va bene? Almeno non ora. Non sono pronto. Sai,
a volte penso se le cose fossero andate diversamente. Se se ne
fosse
andata lei al posto tuo. Io e te come amici non ci saremmo mai
lasciati, mentre lei, forse, così non avrei mai potuto
dimenticarla.
Lo so, sono egoista, ma almeno adesso ho ancora qualche
possibilità
di dimenticarla. Invece ti volevo raccontare qualcosa di questa
Gin. È una boccata di aria nuova. Ti giuro, cazzo, è allegra,
simpatica,
intelligente, è forte. Non ti posso dire di più perché, perché...
non ci sono stato a letto."
In quel momento passa lì vicino l'anziana signora. Ha finito tutte
le sue preghiere. Mi guarda incuriosita. Fa uno strano sorriso.
Non si capisce bene se è un sorriso di solidarietà o di semplice
curiosità.
Fatto sta che sorride e si allontana.
"Be', Pollo, ora vado anch'io. Spero di poterti raccontare presto
qualcosa su Gin, qualcosa di buono."
Poco lontano è appena arrivato un nuovo ospite. Alcune persone
scendono dalle auto in silenzio. Occhi lucidi, fiori freschi,
ultimi
ricordi. Parole dette a mezza voce cercando di capire bene cosa
fare. Il tutto confuso dal dolore. Poi mi piego per un'ultima
volta.
Sistemo meglio quel grosso girasole. Gli concedo un altro po' di
spazio e l'occasione di fare compagnia al mio amico del cuore. Mi
torna in mente una frase di Winchell: "L'amico è colui che entra
quando tutto il mondo è uscito". E tu, Pollo, sei ancora dentro
me.
Capitolo 32.
"E quindi che hai fatto, ci sei uscito?"
Lo guardo sorridendo.
"Macché, sono uscito con una mia vecchia amica."
"E hai intinto il biscotto nel passato..."
Lo guardo. Marcantonio ha una faccia alla Jack Nicholson e cerca
di carpire con simpatia i miei segreti. Ma non sa la storia. Non
sa
chi è Pallina. Non sa nulla di me e Pollo. Gli sarebbe stato
simpatico?
"Io invece mi sono visto con la Fiori."
"E allora?"
"Oh, io non capisco le donne. Un bacio, un altro bacio, una
strusciatina, la cominci a toccare come si deve, ma alla fine,
scusa,
non è meglio scopare direttamente? Eh, no, è troppo presto, è
troppo
presto. Ma di che, oh? ! "
Poco più in là. Stessa città, stessa storia. O meglio, al
femminile.
"E quindi che hai combinato?"
Silenzio. Prendo Ele da dietro intorno al collo e le punto il mio
fermaglio alla gola.
"Se non parli ti sgozzo."
Ele quasi tossisce.
"Va bene, va bene, ma che sei cretina? Quasi mi strozzi. E poi
chi te le racconta queste prudité?"
"Che cosa?"
"Prudité: piccole cose spinte, sei proprio out."
Ele scuote la testa guardandomi.
"Senti Ele, a parte che nel caso è pruderie, ma possibile che
non riesci a mettere in fila tre parole d'italiano che ci devi
subito
sbattere dentro uno stranierismo ! "
"Yes, I do."
Sollevo gli occhi al cielo. Incorreggibile. "Ok, racconti o no?"
"Allora sai che ha fatto? Mi ha invitato a cena a casa sua."
"Ma chi?"
"Marcantonio, il grafico."
"L'amico di Step!"
"Marcantonio è Marcantonio e basta. E non sai che carino, come
si è dato da fare, mi ha preparato una cena splendida."
Marcantonio sorride. Come uno che la sa lunga. O meglio, la
sa a memoria, tante devono essere le volte che la mette in
pratica.
"Allora, per cominciare sono andato giù da Paolo, il giapponese
di via Cavour, e ho preso un po' di roba. Tempura, sushi, sashimi,
passion fruit. Roba che sfizia, alto contenuto erotico. Li ho
portati
su, ho dato una riscaldatina al tempura, et voilà, tutto fatto. Ho
apparecchiato con le classiche bacchette giapponesi più forchetta
se hai poca dimestichezza con l'uso del mangiare orientale..."
"Avevi preso pure dal marocchino al semaforo i classici fiori da
5 sacchi?"
"Be', certo, quelli sono ideali: minima spesa per effimero
centrotavola!"
Ele sembra entusiasta della serata.
"Be', continua. Quindi aveva apparecchiato con amore, tutte
cose scelte con gusto..."
"Con molto gusto."
"Sei pronta? Domanda fondamentale: fiori ce n'erano?"
"Certo! Rose piccole, bellissime, ha giocato pure sul mio
cognome..."
Scoppiamo a ridere, poi torno seria.
"Ele, ora dimmi la verità." Ele alza gli occhi al cielo.
"Ecco lo sapevo. Dadà e arrivederci alla prossima puntata." Le
salto di nuovo al collo: "Questa volta ti sgozzo sul serio".
"No, ok, d'accordo parlo, parlo."
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