Scendo dalla macchina.

"Ciao, buonanotte... Che fai tu, ci passi al Gilda?"

"No, no, tanto se non ci vieni tu non mi va di andare. E poi sono

stanco anch'io."

Non mi accompagna al portone, non l'aveva mai fatto del resto.

Strano, eppure quella sera mi aveva dato fastidio. Non che io

sia una di quelle donne che hanno paura o che amano farsi

accompagnare

dappertutto. Eppure quella perdita di tempo, quei pochi

passi fino al portone erano un qualcosa che mi era sempre piaciuto

e non avevo mai provato. Forse perché ti fa sentire più importante

del tempo e della fretta, forse perché ci può scappare un

ultimo bacio. Invece Francesco aveva appena aspettato il girare

della

mia chiave nel portone, il mio saluto da lontano per partire a

razzo

con la sua ultima Mercedes 200 SLK. Veloce. Troppo veloce. Sono

sensazioni. Sciocche sensazioni. A volte però sagge sensazioni.

Più tardi. Ho studiato e ristudiato il capitolo e alla fine

qualcosa

mi era entrato in testa. Guardo l'orologio. Le due e mezzo.

Uno squillo glielo faccio a Fra'. Ho voglia di sentire le sue

parole,

di distrarmi un attimo con la sua voce. Non posso andare a letto

con ancora il capitolo di storia in testa. Niente, il telefono

squilla a

vuoto. Che strano. Abita nell'appartamentino sotto i suoi, quello

che gli ha lasciato la nonna che si è trasferita a Rieti. Il

telefono

squilla ancora. Non sente, o dorme profondo oppure... Non può

essere che non sente. Cavoli, stando a casa deve sentire per

forza.

Sono due camere più la cucina e un bagno. La conosco bene quella

casa, ci ho passato diversi weekend. L'idea del tempo passato

con lui mi innervosisce ancora di più. Weekend così intimi e lui

non risponde. Niente, tanto non ho sonno. Sai che faccio? Esco e

vado a citofonargli sotto casa. Camuffo alla meglio il letto, un

cuscino

sotto le lenzuola al posto del mio corpo e il vestito per domani

mattina a scuola già preparato sulla sedia. Poi piano piano supero

la camera dei miei in punta di piedi, prendo le chiavi della Polo

(allora non avevo la mia splendida Micra) e via nella notte. Ma

vuoi vedere che quello stronzo è andato al Gilda? Tre e dieci.

Meglio

passare prima di lì. Posteggio al volo in doppia fila a via Mario

dei Fiori e vado alla porta. C'è Massimo, il buttafuori, che mi

saluta. "Ehi, ciao Gin, che fai qui a quest'ora?"

"Secondo te?"

"Hai voglia di ballare, giusto?"

Idiota.

"In realtà volevo fare per una notte il buttafuori."

Ride di gusto: "Forte, sei forte".

"Senti, non vedo la Mercedes di Francesco."

"Bella macchina, eh?"

"Sì, bellissima. Ma sai se è dentro?"

"No, stasera non è proprio passato. Lo so perché non mi sono

mai mosso dalla porta. E poi l'ha cercato anche Antonello che è

entrato mezz'ora fa. L'ha cercato dentro e se ne è andato. Non

c'era,

gli ha dato buca perché mi ha detto che avevano un appuntamento.

Prego." Fa entrare un uomo grasso con una signora vestita

più di oro che di tessuto, con un trucco così pesante da

spaventare

perfino le sue prime rughe.

"Va bene, se lo vedi digli che lo sto cercando."

"Ok, ciao Gin. Buonanotte."

Sì, buonanotte... magari! Questa storia di non trovarlo mi sta

innervosendo. Passo sotto casa di Francesco. Niente, la Mercedes

non c'è. Di solito posteggia fuori perché tanto lì vicino c'è la

camionetta

dei carabinieri che controllano qualche politico non ancora

indagato o un pentito, boh, non l'ho mai capito. Un carabiniere

è vicino alla camionetta. Saluto mentre passo con la Polo. Cerco

in qualche modo di allietare la sua serata. Mi guarda mentre vado

via. Lo vedo nello specchietto che continua a fissare la mia Polo

che si allontana domandandosi sinceramente il perché di quel

saluto. Se non altro l'ho incuriosito. Abbandono il carabiniere e

ripenso

a Francesco. Ma dove cavolo sarà finito? Che palle sono le

tre e mezzo. Domani ho l'interrogazione. Mi restano appena quattro

ore per dormire. Sempre che riesca a trovarlo in tempo. Prendo

il posto del carabiniere nella mia storia d'amore e decido di

andare

fino in fondo. Peccato che Eleonora non c'è. Ele, come la

chiamiamo

noi, è la mia migliore amica. È dovuta partire, è andata in

Toscana a trovare alcuni suoi parenti. Ele è fiorentina di

nascita,

poi si è trasferita a Roma. La Toscanaccia, la chiamiamo noi.

"Oh grulla, oh Ele... O turchina fata..." Tutta aspirata. "Ti

tocca


d'esse' interrogata."

Ci divertiamo a prenderla in giro ogni volta che siamo in classe

e che potrebbe toccare a lei. Cavoli, se c'era mi avrebbe fatto

compagnia. Qualunque scusa è buona per Ele per stare fuori casa

a fare l'alba. Peccato. Be', visto che abita qui vicino provo a

passare

da Simona. Simona è tutta romana, capello biondo, bel fisico,

un po' strana di carattere. Ma è simpatica. È un anno che ci

frequentiamo

e abbiamo stretto un buon rapporto. Naturalmente mal

visto da Ele. Lei dice che sotto sotto quella è una stronza.

"Fidati di me, fidati della Toscanaccia, stavolta la grulla sei

tu."

Io rido. Ele è gelosa. È naturale, non sopporta che ogni tanto io

e

Simona ci vediamo. Ecco, sono arrivata sotto casa e qui succede

l'inverosimile... O meglio il verosimile visto che mentre citofono

a

casa di Simona si apre il portone ed esce Francesco. Quattro meno

un quarto. Come se non bastasse l'ora, non ha più la cravatta,

la camicia sbottonata e, la cosa più tremenda, ha quel viso che ho

visto tante volte. Troppe. Ora le rimpiango tutte. Dopo aver

amoreggiato

tutti ci addolciamo. I nostri tratti del viso si ammorbidiscono,

gli occhi sono leggermente umidi, le labbra un po' più carnose

e si arriva al sorriso con più facilità, ma più lentamente.

Francesco

non ha tempo di dire niente.

"Gin, io..." Ci prova, ma gli sputo in faccia. Uno scaracchio

perfetto. Lo centro in pieno, non lo guardo neanche. Mentre me

ne vado penso solo che si pulirà.

"Gin, fermati, ti spiego tutto."

"Tutto che? Cosa c'è da spiegare?"

Monto sulla Polo che ho lasciato in doppia fila e lui mi rincorre,

cerca di bloccarmi la portiera, ma non fa in tempo. Mi chiudo

dentro e metto la sicura.

"Gin, non è come pensi tu. È la prima volta che vado con lei.

Dai, non te ne andare, Gin." Aspetta un attimo e poi dice quello

che non gli avrei mai voluto sentir dire. Almeno non in quel

momento.

"Gin, io ti amo."

Apro un pezzo del finestrino: "Ah sì? Per questo ti scopi una

come Simona. Pensa che io di te amo solo la tua macchina! ". Parto

sgasando e faccio qualche metro, cercandola. Eccola lì. L'ha

posteggiata

perfino vicino al portone, senza preoccuparsi neanche di

nasconderla. Eccola lì la sua splendida Mercedes 200 SLK grigio

metallizzata. Sono ferma nella Polo. Mi sento come un toro prima

di affrontare il torero, sbuffo mentre con il piede gioco con

l'acceleratore.

Do gas e lo spingo più giù due o tre volte. Penso a mamma

e alla sua Polo. Be', qualcosa mi inventerò, provo troppo gusto

solo a pensarlo. Vedo dallo specchietto Francesco arrivare di

corsa. |

È troppo tardi, è troppo bello... Che gusto ! Che sogno ! Mi metto

'

la cintura. Nella vita ci sono delle cose alle quali non si può

rinunciare.

Questo è uno di quei momenti. Lascio andare la frizione

e parto a tutto gas. Ecco. La vedo avvicinarsi a velocità

spaventosa.

La sua Mercedes, la sua bella, nuova, fiammante Mercedes.

Freno solo all'ultimo ma d'istinto, tanto per non morire. Boom. Un

botto fantastico, rimbalzo sul sedile. Centrata in pieno; sul

fianco

laterale, sulla portiera. Metto la retromarcia. La Polo si sgancia

con

fatica, ma riparte che è una meraviglia. La Mercedes è lì davanti

a

me, completamente tumefatta, perfino un finestrino si è spaccato.

Non oso immaginare i miei danni, ma la faccia di Francesco sì.

Quella la vedo bene ed è tutto un programma. Che bello... Guarda

la sua macchina distrutta. È allibito, non ci crede, non ci vuole

credere, ma ci deve credere. Eccome se ci deve credere... E sai

che

c'è? Ne faccio un altro. Sì. C'è troppo gusto, è troppo bello.

Parto

a tutta velocità e la punto un po' più avanti. Boom. La prendo in

pieno con ancora più forza, senza paura questa volta, senza

neanche

frenare. Ormai c'ho preso la mano. Ho una voglia pazzesca di

distruggergliela tutta. Il parafango davanti è spaccato e si

accartoccia

perfino il cofano. Francesco è lì, davanti a me, senza parole.

Lo guardo, scoppio a ridere e mi allontano salutandolo. Vaffanculo