devo cambiare la ruota. "

"Vai avanti. Non ti perdere nei dettagli neanche tu." Gin sorride.


"Si fermano in tre, uno ci prova con me, tu gli meni e adesso

per chiudere andiamo a cena con un gruppo di amici tuoi. Sembriamo

già una di quelle tipiche coppie... La classica serata con

qualche imprevisto in più."

"Già, solo che non stiamo insieme."

"Ah, certo."

Continuo a guidare, ma la sua affermazione mi suona strana.

"Che vuol dire: 'Ah, certo?'."

"Vuol dire 'Ah, certo', nulla di più." Si mette a ridere.

"Be', quel 'Ah, certo' non vuole dire solo 'Ah, certo'. Dietro c'è

molto di più, giusto?"

La guardo in attesa di risposta.

"Ma tu devi essere un po' fissato con il 'dietro', eh? Il mio

'dietro'

è un attentato alla tranquillità, il tuo 'dietro' è un

retropensiero

che non finisce più. Scusa, eh, ma che stiamo insieme, io e te?"

"Per adesso, no."

"No, la risposta in questo caso, visto che stiamo discutendo,

deve essere solo 'no', non 'per adesso no'. È chiaro?"

Si scalda la piccolina.

"Ah, certo."

"Allora non stiamo insieme."

"No."

"Oh, bene."

Aspetto qualche secondo: "Per adesso".

Gin mi guarda infastidita: "La vuoi sempre vinta tu, eh?".

"Sempre."

"Be', allora mettiamola così. Noi non stiamo insieme, per adesso

e di sicuro per il resto della serata. E se continui a discutere

aggiungo

altre date più lontane, posso arrivare perfino a limiti di mesi,

è chiaro?"

"Chiarissimo."

Sorrido.

"Ho imparato però che la sicurezza quando viene messa troppo

in vista è un sinonimo di insicurezza. Vuoi che sia più chiaro?"

"Sì."

"Era meglio se dicevi solo 'per adesso'." Sorrido. Gin scuote la

testa.

"Per adesso la smetto perché mi sono scocciata. E poi ti pare

che io e te discutiamo sul fatto che non stiamo insieme? "

"Già, di solito si discute solo quando si sta già insieme. Vuol

dire che abbiamo cominciato al contrario."

"Non abbiamo proprio cominciato."

Freno piano piano e accosto.

Gin mi guarda preoccupata: "E ora che fai? Ci provi?".

"No, per adesso. L'appuntamento era qui, ma non vedo nessuno.

Se ne devono essere già andati, abbiamo fatto tardi."

"Hai fatto tardi."

"Ok. Ho fatto tardi."

"E come mai mi dai ragione?"

"Se cominciamo a discutere per ogni cosa in questo modo, ci

lasciamo prima di metterci insieme. "

Gin stavolta scoppia a ridere. Rido anch'io. Ci guardiamo ridendo

all'ombra di un appuntamento mai esistito. La musica è alta.

Passano una sequenza mista tra vecchi e nuovi successi.

"Che bella! Questa è il massimo! "

E ti credo: stanno dando la mitica Love me two times dei Doors.

"Love me two times, girl, one for tomorrow one just for today...

Love me two times, I'm goin'away... ma questa non te la traduco."

"Credo d'aver capito cosa dice."

Tutt'intorno è buio. Ma "per adesso", forse ha ragione lei, è

meglio andare.

"Dove mi porti?"

"Andiamo a cena, io e te. Vorrà dire che i miei amici li

conoscerai

un'altra volta."

"Quale altra volta?"

Lo guardo aspettando una reazione. Decido di accettare la

tregua.

"Be', se mai capiterà."

"Ecco, se mai capiterà."

Tutta soddisfatta alzo il volume della radio e cambio stazione

cercando freneticamente chissà quale altra canzone. Poi senza

farmi

accorgere, nella penombra della macchina, con la coda dell'occhio

guardo Step.

Non ci posso credere... Io, Gin, in macchina con lui. Se lo

sapessero

i miei. Non so perché, ma è sempre il primo pensiero che

mi viene in mente. Cioè, se i miei sapessero che ora sono in

macchina

con uno sconosciuto, cioè con quello che loro credono uno

sconosciuto, cosa potrebbero dire? Già me la immagino mia madre:

"Ma che, sei pazza? Ginevra, non devi mai dare confidenza a

nessuno. Te l'avrò detto mille volte...". Oh, non c'è niente da

fare,

qualunque cosa, non si sa perché, ma mia madre dice sempre di

avermela già detta mille volte. Boh. Una cosa è sicura: questo non

se lo aspetterebbe mai. E poi cosa potrei dirle? Ma sai, era per

fare

benzina... Come potrei spiegarle come stanno veramente le cose?

No, non ci voglio pensare. Non ci posso credere neanche io.

"Sai cosa mi hai ricordato prima?"

"Quando?"

"Quando stavo cambiando la ruota e sono arrivati quei tre

deficienti.

"

"Cosa ti ho ricordato?"

"Richard Gere."

"Richard Gere?"

"Sì, nella scena di Ufficiale e gentiluomo, quando lui e il suo

amico escono insieme a quelle due ragazze e vanno in un bar. Poi

all'uscita c'è quello che va a dare fastidio alle ragazze con

altri amici

e Richard Gere cerca in tutti i modi di non litigare, ma alla fine

non ce la fa più e gli spacca la faccia. "

"Anche Richard Gere era un terzo dan?"

"No, scemo. Quelli erano dei colpi da full contact."

"Però, te ne intendi."

"Te l'ho già detto. Ho fatto anche kick boxing e qualche lezione

di full contact. Non ci credi? Prima o poi avrò modo di

provartelo.

"

"Ah, quello è sicuro... e comunque più che Ufficiale e gentiluomo

mi sembra più adatta un'altra citazione. Ezechiele 25 17: 'E

la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e


furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e in

fine a distruggere i miei fratelli e tu saprai che il mio nome è

quello

del Signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te.' "

"Ah, modestino, eh?! Comunque, ti piace Pulp Fiction."

"Sì."

"Anche molto, a giudicare da come li hai sistemati! "

Step sorride e continua a guidare. Chissà cosa avrà voluto dire

con quella storia: ah, quello è sicuro... Meglio non indagare. Lo

guardo mentre guida. Ha il braccio destro teso e tiene il volante

deciso, ma nello stesso tempo con grande tranquillità. Il gomito

sinistro

è poggiato sul bordo del finestrino, e si tiene il mento con la

mano sinistra. La mano destra è in alto, al centro del volante, lo

stringe forte e accompagna le curve, dolcemente. Ha un tatuaggio

sul polso vicino a un bracciale rigido in oro. Il tatuaggio mi

sembra...

A/Li avvicino senza che se ne accorga e lo guardo meglio.

"È un gabbiano."

(^osa?

"È un gabbiano, il tatuaggio che ho sul polso."

Mi sorride perdendo per un attimo di vista la strada.

Mi sento arrossire, ma sono sicura che non si nota: "Guarda la

strada".

"E tu guarda i tatuaggi tuoi."

"Non ho tatuaggi."

"Non ti hanno permesso di fartene neanche uno?"

Step sorride in maniera antipatica, mi sfotte.

"I miei non c'entrano niente, è una scelta mia."

"Ah certo, capisco..."

Mi guarda comprensivo e alza il sopracciglio prendendomi per

il culo.

"Una tua scelta..."

il, mia.

Rimaniamo in silenzio. Poi dopo un po' mi scoccio.

"E poi ti ho mentito. Ho un tatuaggio, bellissimo, ma dubito

che tu potrai mai vederlo."

"È nascosto bene?"

"Dipende dai punti di vista."

"Cioè?"

"Oh, hai capito benissimo."

"Sì, ma non so 'quanto bene' ho capito, o meglio 'dove' ho capito.


"È una piccola rosa alla fine della mia schiena, va bene?"

"Va benissimo. Adoro cogliere i fiori! "

"È l'unico tatuaggio in rilievo."

"Cioè."

"Pieno di spine."

"Hai sempre la risposta pronta, eh? Ma le mie mani sono piene

di calli." Sorride anche lui. Ha un bel sorriso. Questo non posso

negarlo. Non posso neanche dirglielo. Ha una strana fossetta

sulla guancia sinistra. Vaffanculo, mi piace un sacco. E poi è

completamente

diverso da Francesco. Non so perché mi viene in mente

lui proprio in questo momento. Forse perché mi brucia ancora

tutta quella storia. Francesco è l'ultimo ragazzo che ho avuto.

Cioè,

praticamente l'unico. E il più stronzo, per essere precisi.

Capitolo 20.

Francesco. Eppure mi sembrava così carino. È anche vero che

la verità sull'amore te la dirà solo il tempo. All'inizio tutto ti

sembra

carino. Poi, dopo la partenza, quello che sembrava carino può

diventare bello. Perfino eternamente bello... Ma il più delle

volte,

però, diventa semplicemente brutto. Ecco. Francesco era stato

l'eccezione.

Era riuscito a farlo diventare ancora peggio. Tremendamente

brutto. Uno scontato errore di percorso aveva rovinato tutto.

Non posso dimenticare quella sera.

"Allora, che dici, facciamo un salto al Gilda, ti va?"

"No grazie France, domani ho l'interrogazione di storia e ancora

non ho neanche finito il capitolo."

"Ok, come vuoi... ti porto a casa." Aveva guidato più veloce del

solito quella sera ma io, soprappensiero, non ci avevo fatto caso.