Non è per il lento mancato. E nemmeno per il passaggio perso

a casa che il suo stomaco si chiude e il cuore inizia a battere

più

veloce del normale. È perché Daniela cerca risposte. E invece

arrivano

solo domande.

"Sì, infatti, scusa, volevo dirtelo, Giuli ha chiamato suo

fratello

che ci ha riaccompagnate perché non ti trovavamo più e non

rispondevi

al cellulare! Forse avevi la batteria scarica. Scusa se sono

sparita... ho fatto mille giri, ho ballato, ho riso e così ho

perso la

cognizione del tempo! Va be', dai, ci sentiamo dopo, così

decidiamo

se prenderci quel caffè. "

"D'accordo, piccolina, a dopo allora!"

Piccolina. Magari... Essere ancora come allora, quando giocavo

qui in camera con Babi. Quando non mi dovevo preoccupare

di nulla. Quando trovavo tutte le risposte, perché le domande

erano

più semplici. Mica come questa. Questa è difficile. E pure

assurda.

Così tanto che nemmeno Giuli o Chicco hanno risolto il dubbio.

E loro erano lì. Sì. Lì. Ma non con me, non in quella stanza.

Solo il tempo, ora, mi può aiutare. Dovrò solo aspettare qualche

giorno... solo... pare facile.

Daniela apre l'armadio e si guarda allo specchio. Prova a scorgere

sul suo viso un cenno, un cambiamento, qualcosa che l'aiuti a

capire, che le dia almeno una piccola certezza cui aggrapparsi.

Nulla.

Solo un piccolo brufolo nascosto dalla frangetta, apparso chissà

quando, forse di notte. Troppo poco per essere il segnale di una

verità profonda che viene a galla. Sarà la cioccolata che ho

mangiato

ieri. E poi una sensazione diffusa, che non sa definire, qualcosa

che l'avvolge dal basso.

Ultima traccia del ed. "How do you see the world?" Un'altra

domanda. E neppure a questa è facile rispondere.

Capitolo 18.

"Com'è andato l'incontro?"

Non faccio in tempo a entrare che Paolo mi assale con la sua

curiosità.

"Credo bene."

"Che vuol dire, credo bene?"

"Vuol dire che penso che sia andato bene, che forse ho fatto

una buona impressione."

"Cioè?"

"Comincio la settimana prossima! "

"Perfetto, e vai! Dobbiamo festeggiare. Ti preparo una cena

favolosa.

Sono diventato un drago in cucina. Sai che mentre non c'eri

ho fatto un corso da Costantini..."

"Stasera non posso."

"Come mai?"

"Esco con amici."

"O esci con Eva?"

Mi guarda malizioso come se io potessi avere qualche ragione

per mentirgli. Mi fa ridere. "Ho detto con degli amici. Fai

proprio

come mamma."

"A proposito è passata, ti voleva salutare."

Sono in camera e non ho voglia di ascoltarlo. Almeno non su

questo. Ma Paolo naturalmente non ne vuol sapere e mi urla da

lontano."Ma mi senti? Sto parlando con te."

"E certo, con chi sennò? Siamo noi due in casa."

Che tipo. Compare sulla porta.

"Guarda qui." Ha un sacchetto trasparente in mano. Mi guarda

sorpreso: "Ma come, non li riconosci? I morselletti! Te li

ricordi?

Sono quei biscotti che ha sempre fatto mamma con il miele e

le nocciole. Dai, come fai a non ricordarteli? ! Ce li metteva

sempre

sul termosifone per ammorbidirli e noi lì a mangiarli come pazzi

quando ci dava il permesso di vedere il film del lunedì sera". Ne

tira fuori uno: "E dai, non ci credo che non te li ricordi".

Gli passo davanti urtandolo.

"Sì, me li ricordo, ma ora non mi vanno. Sto andando a cena."

Paolo è dispiaciuto. Rimane lì con il morselletto in mano a

guardarmi

mentre mi infilo il giubbotto e prendo le chiavi.

"Dai, me ne mangio qualcuno domani mentre faccio colazione,

va bene?"

"Ok, come vuoi."

Paolo mi guarda uscire, poi sposta la sua attenzione sul

morselletto

e prova a morderlo: "Ahia, è duro...".

"Mettili un po' in forno."

Sono in ascensore e mi chiudo il giubbotto. Che palle. Mi passo

la mano nei capelli corti e li muovo un po', per quel poco che si

può fare. I morselletti sono i biscotti più buoni del mondo, non

troppo dolci, difficili da masticare all'inizio ma poi... Sembrano

come

una gomma, leggermente più duri, prendono sapore e ogni tanto

incontri qualche nocciola.

Mamma. Mi ritorna in mente lì in cucina. "Mischiare il miele

dentro la pentola, girare, rigirare e ogni tanto assaggiare..."

Portava

appena la punta di un lungo cucchiaio di legno alla bocca, poi

alzava gli occhi verso l'alto socchiudendoli per concentrarsi

meglio

sul sapore. "Qui ci vuole un altro po' di zucchero. Tu che ne

dici?"

E mi invitava così a far parte del gioco, assaggiare con il

cucchiaio

di legno. Io annuivo. Sempre d'accordo con lei, con mamma. La

mia mamma. Allora lei canticchiava: "E la pillola va giù, la

pillola

va giù". Apriva il coperchio rosso del barattolo dello zucchero e

giocando con il polso ne faceva scivolare un po' nella pentola.

Quanto

bastava, almeno secondo lei. Poi richiudeva il coperchio del

barattolo,

lo posava, si strusciava le mani sul grembiule a fiori e veniva

lì vicino a me a vedere come andava: "Se finisci presto di

studiare

ti do un morselletto in più di Paolo... tanto lui non lo sa". E

ridevamo insieme e lei mi baciava dietro il collo mentre io tiravo

su le spalle, stringendole per il brivido...


Che palle! Com'è difficile dimenticare le cose belle.

Corro via veloce con la moto. Il vento è piacevole e caldo in

questa serata di settembre. Ci sono poche macchine. Imbocco corso

Francia giù da Vigna Stelluti e arrivo fino al semaforo, poi giro

e prendo la Flaminia. Accelero dando gas. Il semaforo in fondo è

verde, accelero ancora di più prima che cambi colore. Fa più

freddo

qui, ho un brivido. È il verde ai bordi della strada. Tra le

colline

più alte, con qualche grotta nascosta e alti alberi che nascondono

ogni tanto la luna. La moto rallenta da sola. Sto entrando in

riserva.

Strano. Avevo fatto il pieno. Sarà sporco il carburatore. Per

questo consuma più del solito. Do più gas e senza scalare scendo

giù con la mano sulla sinistra del serbatoio fino a trovare la

levetta.

La sposto in basso verso la riserva. Devo fare benzina. Supero

il grande Centro Euclide sulla destra e poco più in là mi appaiono

le luci di un self-service. Mi fermo di fianco al distributore. È

acceso.

Spengo la moto e infilo le chiavi nel tappo del serbatoio. Poi

mi alzo e mi sfilo il portafoglio dalla tasca dei jeans. Sempre

tenendo

la moto tra le gambe, prendo due fogli da 10 euro e li infilo

nella macchinetta. I secondi 10 euro vengono risputati fuori. Li

rinfilo e mentre entrano do un cazzotto sopra il distributore.

Qualche

secondo e una pernacchia meccanica mi avvisa che ha preso

anche quelli. Indietreggio un po' con la moto e faccio per

staccare

la pompa. Cazzo, non è possibile. Non è possibile. C'è un

lucchetto

sul distributore della super. È bloccata. Non è il solito

lucchetto

dei distributori. È più grande. E ha bloccato anche il pulsante

per prendere la ricevuta. È un trucco! Un trucco di qualche

piottaro del cazzo che vuole fare il pieno alla faccia mia. M'ha

fregato

20 euro 'sto piottaro... Cazzo. Cazzo. Cazzo. Non ho tempo.

Devo andare all'appuntamento. Questa non ci voleva proprio. Chiudo

il serbatoio, rinfilo le chiavi nella moto e parto incazzato a

tutto

gas. La pompa di benzina rimane sola nel silenzio della notte.

Qualche macchina sfreccia veloce verso chissà quale magico weekend

o più semplicemente una cena a poco dalle parti di Prima Porta.

Un gatto attraversa la piazza del benzinaio. Improvvisamente si

ferma come se avesse sentito qualche strano rumore. Rimane

immobile

così nella penombra con la testa girata, il collo un po' piegato

e gli occhi socchiusi. È come se cercasse qualcosa. Ma non c'è

niente. Il gatto si rilassa e riprende a camminare per la sua

strada,

diretto chissà dove. Alcune nuvole passano veloci. Un vento

leggero

scopre ogni tanto la luna. Da dietro la casupola del benzinaio

una macchina si mette in moto. Sbuca da lì dietro una Micra blu

scuro con solo i fari di posizione. Avanza lentamente verso la

pompa

di benzina. Posteggia, spegne il motore e scende un tipo non

troppo alto, con un cappello nero in testa un po' da donna e un

giubbotto Levi's scuro. Si guarda intorno. Poi non vedendo

nessuno,

tira fuori dalla tasca la chiave del lucchetto e lo apre. Non fa

in tempo a prendere in mano la pompa che gli sono addosso, lo

scaravento sul cofano della macchina e gli monto sopra. "Col cazzo

che fai benzina coi soldi miei ! " Gli blocco il collo ma si